Terremoto nel Tribunale di Latina: a distanza di otto anni dallo scandalo Lollo, un altro giudice viene arrestato a Piazza Buozzi
Gli inquirenti perugini sono convinti: il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota, ha svenduto la sua funzione in cambio di regalie e oltreché a questo, cosa ancora più grave, avrebbe macchinato per portare al fallimento le società di un imprenditore, Fabrizio Coscione di Nettuno, destinatario di una inchiesta della Guardia di Finanza.
E non solo le società del predetto Coscione, perché la misura cautelare scatta sia per il pericolo di inquinamento probatorio, sia per quello di reiterare il reato in quanto, secondo la Procura umbra, la stessa giudice aveva brigato, dando suggerimenti al Pm di turno (nel caso specifico il sostituto procuratore Giuseppe Miliano, estraneo all’indagine), per nominare un amministratore giudiziario anche nel procedimento di sequestro della società dei rifiuti aprilia, Loas Italia srl, oppure in sequestri di beni che avrebbero a che fare con una inchiesta sul caporalato e un’azienda di Taranto.
Per quanto riguarda la Loas, dal verbale di assemblea ordinaria redatto in data 6 aprile 2022, l’amministratore giudiziario risulta essere Claudio Miglio e, nella medesima circostanza, interviene la nomina di Stefano Schifone (uomo che nel corso dell’indagine perugina emerge come una figura “protetta” dal Gip Castriota), amministratore unico delle società, a cui viene riconosciuto un compenso di 2.500 euro mensili.
“Così come avvenuto in relazione al medesimo incarico conferito a Schifone nell’ambito della procedura oggetto di indagine – si legge nell’ordinanza perugina – anche in questo caso nel verbale di nomina si dà atto che è pervenuta “…apposita autorizzazione da parte del Giudice Delegato del Tribunale di Latina Sezione Penale Ufficio GIP, Dott.ssa Giorgia Castriota, che con apposito provvedimento ha autorizzato la nomina quale Amministratore Unico della società, nella persona il Dott. Stefano Schifone”.
“Secondo me ci vuole uno tipo Miglio, Miglio è bravo!”, dice il giudice Castriota al Pm titolare dell’indagine, oppure, in alternativa, Evangelista (indagato nell’indagine di Perugia perché altro “protetto” di Castriota): “se ha il nome di qualcuno, oppure se no c’è Evangelista, quello che ha fatto Coscione, che pure quello è bravo”.
A firmare l’ordinanza che ha posto agli arresti in carcere Giorgia Castriota (45 anni) e il commercialista romano Salvatore Ferraro (66 anni), e ai domiciliari l’altra commercialista capitolina Stefania Vitto (60 anni, imprenditrice nel campo del “pet food”) è stato il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, Natalia Giubilei, su richiesta del sostituto procuratore Gennaro Iannarone e del Procuratore Capo Raffaele Cantone.
L’inchiesta, come noto, è stata svolta dal Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Perugia. Un’inchiesta che il Gip Castriota conosceva, o quantomeno sapeva di essere indagata insieme ad altre persone. È così che, in una delle innumerevoli intercettazioni, il magistrato si rivolge a Salvatore Ferraro, destinatario di nomine e, per quanto emerge dalle carte, compagno-amante di Castriota: “Se avessimo dato retta alla nostra paura più grande quella mia e di Paolo a quest’ora qua non ci trovavamo, questa era la paura più grande mia e di Paolo, quella che ci trovavamo tutti quanti indagati a Perugia per corruzione, quando c’è stato… hanno scoperto la storia del nano. Alla fine questo si è verificato, quindi bisogna pensare sempre al male, purtroppo bisogna andare nel peggio perché non è che uno può ammollare no?”.
I reati contestati ai tre (Castriota, Ferraro e Vitto), a vario titolo, sono quelli di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari ed induzione indebita a dare o promettere utilità. Ad essere indagato, ma non destinatario di misura cautelare, il 48enne di Albano Laziale, Stefano Evangelista, anche lui invischiato nelle nomine come amministratore giudiziario.
“C’è una marea di sordi” da spartirsi. È con questa frase, estrapolata dalle captazioni investigative, che il Gip umbro evidenzia l’avidità del gruppo che ruota attorno alla figura di Castriota, dell’amante Ferraro e dell’amica Vitto a cui vengono affidate nomine da amministratrice giudiziaria.
“La personalità che è emersa relativamente alla Castriota – scrive il Gip del Tribunale di Perugia – è quella di una donna che ha bisogno di soldi, ma non perché il suo stipendio sia oggettivamente basso, percependo oltre 3.000 euro mensili, ma perché si ostina a voler vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche, abitando in affitto a Roma – verosimilmente a motivo della relazione col Ferraro – ma lavorando a Latina, con tutto ciò che ne consegue in termini di spese ordinarie; né la stessa sembra voler rinunciare all’acquisto di oggetti di lusso, come gioielli o orologi”.
Un tenore di vita alto che le avrebbe fatto svendere la sua funzione in cambio di regalie: come, ad esempio, il Rolex da parte di Ferraro per il valore di 6300 euro, per il quale non vi sarebbe niente di male se, al contempo, il medesimo Ferraro non fosse stato coadiutore giudiziario in due società – ISP LOGISTICA s.r.l. e successivamente di ISP SERVIZI s.r.l. – sequestrate all’imprenditore di Nettuno, Fabrizio Coscione, da cui è iniziata l’indagine in quanto denunciante la presunta “cricca”.
Peraltro, Coscione, insieme al suo “socio” Antonio Geracitano, a ottobre condannato per bancarotta dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese (intercettato, ma non indagato, anche lui mentre dialogava con la Castriota in merito alle nomine di Ferraro), è stato destinatario lo scorso 17 aprile di un sequestro milionario da oltre 7 milioni di euro, disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguito dalla Guardia di Finanza pontina.
Proprio la paura che il caso di Coscione passasse alla Procura di Velletri per competenza e che i beni di un procedimento, datato 2016, fossero dissequestrati (si trattava per l’appunto di società di logistica) fa sì che Castriota si adoperi – il suo viene definito “attivismo” – a tal punto da interpellare il Procuratore Aggiunto di Latina, Carlo Lasperanza, il giudice monocratico che doveva giudicare Coscione, Clara Trapuzzano (la quale, in effetti, dichiarerà Velletri competente per il caso Coscione), il sostituto procuratore Andrea D’Angeli, la Presidente del Tribunale Caterina Chiaravalloti, il giudice della Corte d’Appello (un tempo a Latina) ed ex membro del Csm, Aldo Morgigni. Quest’ultimo viene interpellato perché il Pm D’Angeli si opponeva al sequestro delle società della galassia Coscione e allora Castriota gli chiede un interlocuzione con il Procuratore Generale della Corte di Appello di Roma, Filippo Salvatore Vitello, perché era necessario bypassare il Procuratore capo di Latina, Giuseppe De Falco.
Castriota inviò effettivamente un sms al Procuratore generale Vitello: “Salve, sono Giorgia Castriota, mi ha dato il suo numero Aldo Morgigni, quando posso disturbarla?”. Tuttavia, annota il Gip umbro, “non vi sono ulteriori evidenze investigative che dimostrano se, successivamente, abbia interloquito effettivamente con il Procuratore Generale”.
In merito all’attivismo di Castriota sul sequestro delle società di Coscione, il magistrato cosentino fu informata del fatto che il Procuratore di Latina De Falco aveva inviato una nota alla Presidente del Tribunale Chiaravalloti. Il Procuratore Capo evidenziava che Castriota fosse incorsa in un vizio di ultrapetizione, così da manifestare perplessità per le tempistiche particolarmente celeri e chiedendo per la medesima Castriota una segnalazione al CSM. Siamo al 30 marzo 2023.
Peraltro, in questa vicenda non mancano veri e propri stipendi mensili ottenuti da Castriota e conferiti dagli amministratori o coauditori giudiziari – vale a dire Ferraro e Vitto – e persino banali e gravi ricariche alla carta Postepay per prelievi di soldi, immessi dalla sunnominata Vitto che doveva mostrarle gratitudine per gli incarichi derivanti dal fascicolo Coscione. E non manca anche l’inopportuno rapporto con un avvocato del Foro di Latina, Paolo Zeppieri, con cui, secondo gli inquirenti perugini, Castriota si adopera per la positiva soluzione del procedimento penale pendente presso la Procura di Latina nei confronti di Evangelista, Ferraro e Stefano Schifone (rappresentante legale delle società sequestrate a Coscione), originato, per l’appunto, dalla denuncia di Coscione, “contribuendo ad elaborare, con il difensore degli indagati, l’avvocato Paolo Zeppieri, la strategia processuale da adottare”.
Coscione, che presenta più denunce a Roma e a Milano, evidenzia che la stipula di un contratto/accordo, per il tramite dell’amministratore giudiziario Stefano Evangelista (indagato) e del legale rappresentante Stefano Schifone, in virtù del quale la ISP Servizi cedeva alla Lodigea S.r.l. (concorrente della ISP Servizi), un contratto di appalto, in essere con la Geodis CL Italia S.p.a., per servizi di magazzino presso due immobili della ISP Servizi; la anomalia consisteva nel fatto che, a favore della cedente ISP, non fosse previsto alcun corrispettivo, nonostante il contratto consentisse alla ISP Servizi di generare un fatturato annuo di circa 700.000 euro, ma che anzi, la ISP rimaneva garante, in favore della società appaltante, per l’adempimento del cessionario.
Tale accordo – rimarca il Gip di Perugia -, quindi, non aveva alcun senso dal punto di vista economico anzi, avrebbe finito con il depauperare le società sequestrate, sviandone la clientela. Il Gip Castriota, tuttavia, autorizzava l’accordo, nonostante l’opposizione di Coscione, e nonostante questo si fosse detto disponibile a versare una cospicua somma di denaro sul conto corrente intestato alla procedura.
Era importante, infatti, per Castriota che le società rimanessero sequestrate così da poter lavorare agli affidamenti dei suoi amici: Evangelista e soprattutto l’amante Ferraro e l’amica Vitto.
C’è di più. Castriota, quando sa di essere indagata da Perugia (glielo riferisce Evangelista che ha ricevuto la proroga delle indagini per i reati di corruzione), a causa delle denunce di Coscione, telefona al Procuratore Aggiunto Lasperanza che la rassicura dicendole che “anche lui in passato era stato denunciato, e che tali denunce erano sempre state archiviate”. Rassicurazioni che, si scusi il bisticcio, non rassicurano, tanto è che contatta Vitto con l’idea di sostituire i propri telefoni cellulari; in seguito tutti gli indagati si accordano per chiamarsi su Whatsapp.
Poi, Castriota chiama Evangelista con la paura di dover rendere conto alla Procura di Perugia dei soldi retrodatati dai nominati nelle procedure di sequestro. “Sì però i compensi non è che li hai dati a me…cioè voglio dire a me non mi ha dato niente nessuno…questa cosa cioè la potrebbero chiedere tranquillamente a te o a Silvano ma anche a chiunque ma insomma penso che non possiate certamente dire che io vi ho chiesto qualcosa o che mi avete dato qualcosa per l’amor di Dio non è avvenuta”.
Infine, anche il tentativo che appare maldestro di distruggere il cellulare, dando la colpa al cane di nome “Riccardo”.
“È quindi emerso – scrive il Gip di Perugia – come la dott.ssa Castriota abbia dapprima manifestato l’intenzione di permutare il telefono poi, evidentemente non sentendosi sicura, lo abbia distrutto – salvo poi dichiarare che è stato il cane – al fine evidente di renderne impossibile la raccolta dei dati e quindi di elementi di riscontro, conoscendo la stessa le procedure ed essendosi verosimilmente rappresentata che, in caso di applicazione di una misura cautelare, potesse conseguire il sequestro degli apparati elettronici – telefoni e computer – di cui gli indagati si stanno disfacendo.