TENTATO OMICIDIO AL NICOLOSI: L’AGGUATO PER UN DEBITO, IL 44ENNE RISPONDE ALL’INTERROGATORIO

La casa di "Cavallo" Di Silvio al quartiere Nicolosi di Latina
La casa di "Cavallo" Di Silvio al quartiere Nicolosi di Latina

Aggressione ai danni di un membro della famiglia Di Silvio: interrogato l’uomo accusato di tentato omicidio

Si è svolto l’interrogatorio di garanzia per il 44enne Angelo Sinisi di Latina, l’uomo arrestato dai Carabinieri di Latina con l’accusa di tentato omicidio ai danni di Angelo Di Silvio detto Cavallo, appartenente alla nota famiglia rom di Latina e figlio di Carmine Di Silvio detto Lallo (uno dei figli dei due capostipiti).

Difeso dall’avvocato Leonardi, Sinisi, che ha precedenti per rapina (arrestato anche con l’accusa di far parte di una banda nel 2008) e altri reati, ha scelto di rispondere al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota che ha convalidato l’arresto. L’uomo ha spiegato di aver commesso il gesto dell’attentato incendiario a causa di un debito che Di Silvio aveva con lui. Secondo il 44enne, “Cavallo” gli doveva circa 3mila euro, soldi che però si rifiutava di restituirgli. Per tale ragione, Sinisi, disperato perché incapace di arrivare a fine mese e sull’orlo dello sfratto, ha spiegato di aver perso la testa e lanciato la molotov contro Di Silvio che si trova ancora ricoverato a Roma.

I FATTI – Il 18 maggio, trovandosi agli arresti domiciliari a causa di una condanna per rapina, Antonio Di Silvio detto “Cavallo”, 56 anni, ha subito l’attentato incendiario, tramite molotov, dentro la sua di Via Grassi nel quartiere di fondazione Nicolosi a Latina. Di Silvio ha aperto la porta di casa, che si trova al pianterreno, e si è visto lanciare addosso la bottiglietta piena di liquido infiammabile che ben presto ha fatto divampare un incendio dentro l’abitazione, provocandogli ustioni al viso e al corpo. L’uomo, che stava scontando ai domiciliari una condanna definitiva per rapina a 4 anni di reclusione (confermata in Cassazione), soccorso dal 118 e trasferito al Santa Maria Goretti non è in pericolo di vita.

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Una ritorsione quasi riuscita se non fosse stato per l’intervento immediato del 118 che hanno soccorso l’uomo e dei Vigili del Fuoco che hanno spento l’incendio. Sul caso indagano il sostituto procuratore Antonio Sgarrella e i Carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Latina.

A marzo 2021, la Polizia aveva sequestrato in casa di “Cavallo” un sistema di video-sorveglianza con cui l’uomo controllava l’esterno dell’abitazione nel mezzo del quartiere di fondazione. Segno che l’uomo temesse qualche attacco. L’uomo aveva creato in cucina una vera e propria sala di controllo, dalla quale con un monitor e un videoregistratore era in grado di controllare quanto accadeva fuori, così facendo sorvegliava le persone in transito nonché le Forze di Polizia. Nella stessa abitazione, sempre durante i controlli avvenuti a marzo 2021, i poliziotti avevano arrestato due familiari dell’uomo per reati concernenti gli stupefacenti: il nipote omonimo Antonio Di Silvio e la moglie di quest’ultimo Stefania De Silvio. “Cavallo” era stato denunciato all’autorità giudiziaria mentre tutto il materiale è stato posto in sequestro.

Già nel 2015, a subire un attentato incendiario fu il figlio di “Cavallo”, Carmine Di Silvio, proprio sul pianerottolo della sua abitazione al Nicolosi. A spiegare l’accaduto è stato collaboratore di giustizia Andrea Pradissitto in uno dei verbali resi all’Antimafia da quando ha scelto di collaborare con lo Stato (ossia dal 2021). Pradissitto, genero di Ferdinando “Furt” Ciarelli, ha parlato di quell’episodio al Nicolosi “de relato”, in quanto a spiegargli la circostanza sarebbe stato l’autore dell’attentato stesso: Davide Tomassini, giovane vicino ai Travali e, al fratello di questi ultimi, Alessandro Anzovino. Secondo Pradissitto, riportando quando gli avrebbe detto Tomassini, “i Travali avevano costituito una piazza di spaccio nell’area di Santa Maria Goretti. Davide Tomassini chiamato Davidone in un periodo era detenuto con me e Pupetto Di Silvio a Latina. Una volta abbiamo letto le lettere che gli mandava Angelo Travali in carcere. Pupetto Di Silvio picchiò selvaggiamente Tomassini per fargli dire che rapporti aveva con i Travali. Tomassini dopo essere stato picchiato per 4 o 5 ore disse che era stato mandato da Angelo Travali detto Palletta a bruciare la casa di Antonio Di Silvio detto Cavallo che aveva un appartamentino nell’area di Santa Maria Goretti. La ragione del viaggio punitiva era dovuta al fatto che Di Silvio Antonio spacciava nella stessa zona dove spacciava la sorella Valentina Travali e loro non volevano poiché stavano prendendo sempre più potere. La casa é stata effettivamente incendiata poiché Antonio Di Silvio e il figlio si salvarono per miracolo. Il lavoro fu fatto bene da Tomassini. Il periodo era la fine del 2015. Valentina Travali lavorava per i fratelli in quel periodo, era intranea al gruppo. Questa informazione l’ho saputa dallo stesso Tomassini”.

La zona del Nicolosi, come noto, è stata da sempre terreno da caccia per i clan che si sono susseguiti nel controllo della più grande piazza di spaccio a Latina, mettendo sotto regime i pusher nordafricani. Prima i Travali e poi i Di Silvio capeggiati da “Lallà” hanno messo le tende e monopolizzato lo smercio di droga nell’area.

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