Il garante nazionale per i diritti dei detenuti interviene sulla scia di suicidi tra agenti della polizia penitenziaria: a Latina due gli episodi nel giro di due settimane ad agosto
Tragedie finite con un suicidio quelle accadute a Latina e Norma il 4 e il 17 agosto. Un uomo e una donna, entrambi 59enni e ed entrambi in servizio presso al Casa Circondariale di Latina: Sante Cavone e Luciana Coluzzi.
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Due morti che hanno sconvolto la vita di famiglie, amici e colleghi e di cui si è parlato fin troppo poco, con un’informazione che quando capitano episodi del genere perde la naturale tendenza all’enfasi: un po’ per rispetto – sacrosanto -, un po’ perché il carcere è un mondo a parte, un po’ perché vige una certa pruderie ipocrita. Ma di queste vite finite è doveroso parlare perché di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria ce ne sono stati e ce ne sono tanti. Un fenomeno che va capito, analizzato e incanalato verso una risoluzione. Ecco perché il Garante dei detenuti, dopo il terzo suicidio del mese di agosto, accaduto a Palermo, ha sentito il bisogno di rilasciare una dichiarazione forte su un problema che non svanisce se non se discute, anzi, forse si acuisce.
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“Tre suicidi in un mese, l’ultimo due giorni fa. A togliersi la vita una donna assistente capo del Corpo di Polizia penitenziaria, in servizio nella Casa circondariale Pagliarelli “Antonio Lo Russo” di Palermo. Pochi giorni prima altri due operatori di polizia penitenziaria in servizio nell’Istituto di Latina” – ha detto il Garante esprimendo “vicinanza alla polizia penitenziaria e ai suoi operatori colpiti da questi drammatici eventi”. C’è “profonda preoccupazione per quanto accaduto, quale segnale di un disagio che non è più possibile non leggere“.
“Certamente, sono molti e diversi i fattori che possono spingere una persona a compiere un gesto estremo come quello di togliersi la vita e volerli ricondurre a un’unica matrice è sempre riduttivo. Tuttavia – ricorda il garante – sono note le difficoltà del lavoro che la polizia penitenziaria svolge in prima linea in carcere, in una situazione segnata da una serie di criticità, strutturali, gestionali e numeriche, rese ancora più evidenti in questi ultimi tempi dall’emergenza sanitaria in atto”.
“L’impegno, più volte dichiarato dall’amministrazione penitenziaria e positivamente ribadito anche recentemente, per il miglioramento delle condizioni di lavoro – conclude – si tramuti a breve in gesti concreti volti a garantire ambienti rispettosi dei diritti e della dignità dei lavoratori, personale in numero rispondente alle esigenze, una formazione professionale iniziale e continua all’altezza dei compiti che Costituzione e Ordinamento assegnano al Corpo di Polizia penitenziaria. E offrendo anche quel supporto necessario a chi svolge un lavoro in prima linea, sottoposto a tensioni e situazioni di forte stress emotivo”.