Operazione Smoking Fields: entra nel vivo il processo che vede sul banco degli imputati 18 persone coinvolte nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Dall’indagine scaturì il sequestro degli impianti di compostaggio di Pontinia, Sep e Sogerit
Vi era stato nell’udienza di gennaio un possibile intoppo rappresentato dalle eccezioni avanzate dall’avvocato di Ugolini e di altri imputati, Domenico Oropallo, che aveva contestato l’eventuale utilizzo delle intercettazioni come prova nel processo. Uno scoglio superato nell’udienza dell’8 marzo scorso, quando il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Clara Trapuzzano, tramite ordinanza, ha rigettate le eccezioni: intercettazioni ammesse.
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Solo che, oggi, 20 marzo, giorno di udienza, prima dell’esame di uno degli investigatori chiamato a testimoniare dal Pubblico Ministero della Procura/DDA di Roma, Rosalia Affinito (che ha firmato l’inchiesta insieme al collega Alberto Galanti), il nodo intercettazioni è venuto fuori comunque. Il giudice monocratico ha nominato sì un perito per le trascrizioni delle intercettazioni – evidentemente copiose, sia telefoniche che ambientali – ma quest’ultimo ha dichiarato che potrà iniziare a lavorarvi da metà aprile. Ergo: le intercettazioni, dirimenti per questo processo, saranno disponibili solo da settembre. I motivi? Carenza di periti, tanto è che quando l’avvocato Oropallo ha proposto di nominare un collegio di periti, così da dividere il lavoro e velocizzarlo, si è sentito rispondere che vi è penuria di queste figure di tecnici.
Il processo che contesta il traffico illecito di rifiuti portò, quasi quattro anni fa, al sequestro dell’impianto di Mazzocchio, Sep, più gli altri impianti che facevano capo alla famiglia romana Ugolini. Insieme a Vittorio e Alessio Ugolini, principali imputati, ci sono nel processo anche le parti civili: i Comuni di Pontinia assistito dall’avvocato Matteo Sperduti, Cori assistito dall’avvocato Antonio Belliazzi e Ardea, oltreché all’associazione Fare Verde onlus, un’altra società, un privato cittadino, l’associazione Accademia Kronos e le aziende appartenute a Ugolini. Si tratta, ovviamente, di quelle aziende che furono oggetto di sequestro a giugno 2019 e che sono al momento sotto amministrazione giudiziaria: Sep e Sogerit di Pontinia, Demetra (società che si occupa di trasporti dei rifiuti) e Adrastea, la società titolare della discarica di inerti in Via Canestrini a Roma. Ecco perché, la difesa ha tutto l’interesse affinché il processo vada avanti spedito, tanto è che già sono state fissate altre udienze che si svolgeranno a cadenza mensile. Un vero record per l’intasato Tribunale pontino.
Ad essere imputati, oltreché agli Ugolini, anche Alessandro D’Innocenti, amministratore della Sogerit e ritenuto dagli inquirenti prestanome degli Ugolini; Sergio Mastroianni, titolare del laboratorio Osi di Isola del Liri (provincia di Frosinone) che ha effettuato i rapporti di prova (ritenuti falsi) sul compost prodotto dalla Sep; Luca Fegatelli, ex dirigente della Regione Lazio nel settore rifiuti e nello stesso tempo consulente delle varie società amministrate dalla famiglia Ugolini. E ancora: Franco D’Innocenti, Stefano Pappa, Nazzareno Toppi, Ugo Pazienti detto Mauro, Mario Reale, Marco Sanna, Stefano Volpi, Iulian Rosca, Ion Cosmin Toader, Giovanni Bonaiuto, Fabrizio Carletti, Gianfilippo Coronella e Alfonso Gaito.
Gli inquirenti hanno registrato sversamenti anomali su 11 terreni privati e ben 55 sversamenti di rifiuti non conformi all’interno della discarica Adrastea gestita dagli stessi Ugolini e non autorizzata a ricevere quel tipo di rifiuto: dal 1 gennaio 2014 al 5 ottobre 2018 57.577.500 tonnellate di rifiuto sarebbero state sparse sui terreni, trasformati in discariche abusive. I reati contestati sono per tutti gli indagati concorso in traffico illecito di rifiuti, nonché, per alcuni di essi, anche il falso ideologico in atto pubblico nella predisposizione di certificati di analisi, abbandono di rifiuti e discarica abusiva, e infine l’intralcio all’attività di vigilanza e controllo ambientale.
E proprio della genesi e dello sviluppo dell’inchiesta ha parlato, come testimone, il Tenente Colonnello del Nucleo Investigativo dei Carabinieri Forestali, Vittorio Iansiti, che ha ripercorso le fasi delle indagini partite da Pontinia, spiegando cosa faceva la Sep con la lavorazione del rifiuto. I rifiuti, secondo quanto testimoniato dal militare dell’Arma, erano superiori a quanto era autorizzato nel 2014 dalla Provincia di Latina. Tra le criticità più rilevanti vi erano la presenza costante di effluvi e cattivo odore nell’area che da Pontinia andava fino a Priverno; i tempi di maturazione del compost che per la l’ente provinciale doveva essere di 90 giorni così da diventare ammendante, mentre in realtà risultavano al massimo di 40, 45 giorni.
A confermarlo ai Carabinieri Forestali, il capo reparto della Sep e un’altra fonte ascoltati a sommarie informazioni. Peraltro, come ribadito dal tenente colonnello, sono stati riscontrati nel compost materiali estranei: “Sin da gennaio 2014, il compost si mostrava già visivamente incompleto“. Una sensazione visiva confermata dalle analisi che puntualmente i Carabinieri facevano fare all’Arpa Lazio. La prima analisi Arpa è del febbraio 2014 e da subito fu rilevato il famigerato compost fuori specifica: vale a dire nel rifiuto lavorato potevano trovarsi anche tracce di plastica, vetro e metallo, così come accertato nell’ammendante utilizzato in una azienda agricola a colle Piuccio, a Sabaudia, nella quale veniva sversato il prodotto Sep.
I controlli, nel corso degli anni, furono realizzati anche a Maenza, Priverno ecc. Fatti e circostanze per cui l’avvocato Oropallo ha esibito due sentenze di proscioglimento (una per prescrizione) che hanno tolto dai guai giudiziari altrettanti imprenditori agricoli che ricevevano il compost Sep. Una contestazione che, però, è stata respinta dal giudice monocratico in quanto, nel procedimento odierno, si contesta un altro tipo di reato, stavolta permanente – quello del traffico illecito di rifiuti.
Da gennaio 2014 a novembre 2015 ci fu la prima serie di controlli, inframmezzati dalla prima informativa recapitata dai Carabinieri Forestali alla Procura di Latina. Successivamente, a novembre 2015, ha spiegato il tenente colonnello Iansiti, “quando siamo tornati alla Sep, non era cambiato nulla“. I rifiuti, per il militare dell’Arma, erano lavorati male e caoticamente: non era indicata la categoria merceologica del rifiuto, nel senso che dentro l’azienda sarebbe dovuta essere indicata l’area di stoccaggio. Tuttavia tutto sarebbe stato confuso. Inoltre, sul lotto del rifiuto da lavorare c’era percolato che, spesso, risultava, essere anche sul compost finito dove, in teoria, mai avrebbe potuto esserci.
E i laboratori di analisi privati che dovevano certificare la qualità del compost? Per loro andava tutto bene, solo che poi Arpa, interpellata dai Carabinieri, diceva il contrario: quello era compost fuori specifica. L’ammendante che andava sui campi e poi, indirettamente, finiva sulle tavole dei consumatori finali, aveva valori superiori al consentito sia per umidità che per il materiale plastico. Evidenze riscontrate anche nel 2016, 2017, 2018.
I controlli furono fatti anche dalla Polizia Stradale di Aprilia che stava indagando con diverso sostituto procuratore e si muoveva verso l’area romana dove arrivavano, anche lì, i prodotti della Sep: era sempre compost inquinante, secondo l’accusa.
Quanto ai campi agricoli gestiti da Coronella (altro imputato) a Pontinia, a giugno 2018 il militare ha ricordato che c’era stato un grande quantitativo di compost conferito nella sua azienda. I documenti della Sep prevedevano, inoltre, la cessione gratuita del compost alle aziende e addirittura la stessa Sep, secondo le risultanze degli investigatori, pagava per risarcire i danni provocati dal proprio prodotto sui terreni dell’azienda: come certificato dai Carabinieri, in un caso, furono dati 5mila euro all’azienda di Pontinia dalla Sep di Ugolini. Al che uno degli avvocati del collegio difensivo ha esibito il contratto tra Sep e Coronella, sostenendo che quanto detto dal militare sono “cose che non stanno né in cielo né in terra”.
Ad ogni modo, Iansiti è arrivato al 2017 quando il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, ha proceduto al primo sequestro preventivo dell’impianto di Pontinia, nominando come amministratore giudiziario un tecnico che, però, si occupava solo di aspetti contabili: i primi 20 giorni fu chiusa la Sep; poi, per evitare danni ancora peggiori dati dal tenere i rifiuti dentro l’azienda, l’impresa fu riaperta. La guida della Sep, come noto, rimase di fatto e di diritto nelle mani di Ugolini e nonostante Arpa avesse dato alcuni prescrizioni da seguire, la “gestione non era cambiata minimamente”.
Proseguirono i sopralluoghi. Da novembre 2017 ad aprile 2018 ci furono solo parziali miglioramenti, sebbene i cattivi odori fossero comunque sprigionati a detrimento degli abitanti della zona. L’ultimo controllo, prima della informativa definitiva risalente al giugno 2018, fu effettuato su un camion fermato a qualche centinaio di metri dall’azienda: anche in quel caso, Arpa rilevò che il compost era fuori norma secondo tabella. E anche in questo caso un laboratorio d’analisi privato di di Pomezia aveva fornito il suo lasciapassare.
È così che si arrivò al sequestro 2019 da parte della Direzione Distrettuale Antimafia, con la nomina dell’amministratore giudiziario attuale, Carmen Silvestri.
Non di poco conto altri particolari evidenziati dal miliare: la Sep non respingeva mai i rifiuti in ingresso, anche se si trattava di rifiuti non lavorabili. Vi erano solo avvertimenti: in un solo caso vi fu un respingimento per rifiuti provenienti dall’allora Latina Ambiente, successivamente fallita.
L’impianto gemello, Sogerit, autorizzato autonomamente dalla Provincia, nacque, invece, nel 2017 e serviva per la spremitura del rifiuto (la cosiddetta spremuta d’arancia, come ebbe a definirla Vittorio Ugolini in un ormai noto incontro pubblico). Un tentativo di miglioramento, ha ammesso il Carabiniere Forestale: “Spremevano il rifiuto per limitare il percolato”. Ad ogni modo, a destare preoccupazione, era anche il risvolto sociale: “La gente – ha ricordato Iansiti – non poteva uscire, non poteva invitare nessuno a pranzo, erano nati problemi di natura sociale“.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 17 aprile quando sarà ascoltato come testimone il consulente della Procura.