SCUOLA. ALL’IPAA SAN BENEDETTO DI LATINA UN CONVEGNO ANTIDROGA CON L’AVVOCATO CHE HA DIFESO IL NARCOTRAFFICANTE

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Ipaa San Benedetto convegno Fidapa

Che cosa direste se una scuola superiore ospitasse un convegno sulla prevenzione delle droghe? Niente, anzi è probabile che tutti sarebbero soddisfatti. E se a presiedere questo convegno ci fosse qualcuno che di mestiere fa l’avvocato e, per lavoro, ha difeso almeno un notissimo narcotrafficante del territorio?

È successo all’Ipaa San Benedetto di Latina, lo storico Istituto di Istruzione Superiore in Via Siciliano alle porte del capoluogo pontino. Nel convegno antidroga spiccava la presenza di un avvocato che ha nel suo curriculum professionale l’aver difeso un mafioso trafficante di cocaina come Venanzio Tripodo.
Tripodo è un boss molto noto in provincia, condannato per associazione mafiosa al 416bis nel processo Damasco II, figlio dell’inchiesta Damasco I che portò alla commissione d’accesso da parte della Prefettura di Latina e, in seguito, a un passo dallo scioglimento per mafia del Comune di Fondi nel 2009 (sventato dalle interessate logiche politiche dell’allora governo di centrodestra e sopratutto dall’influenza del senatore forzista Claudio Fazzone).

Circolare del Preside Lifranchi
La circolare del Preside Lifranchi

Circa un mese fa, lo scorso 20 novembre, il massimo dirigente dell’Istituto San Benedetto, Vincenzo Lifranchi, con apposita circolare, invitava docenti e studenti delle quinte a un convegno dal tema: “Assenza di normativa legislativa su accertamento e trattamento sanitario obbligatorio per minori tossicodipendenti e alcolisti al fine del recupero preventivo”. All’oggetto della circolare inviata dal preside Lifranchi c’era scritto CONVEGNO F.I.D.A.P.A. e, infine, si comunicava che a presentare e moderare l’incontro ci sarebbe stata la Presidente della summenzionata associazione, la FIDAPA, l’avvocata Maria Antonietta Cestra.

A parte la farraginosità chilometrica del titolo dell’appuntamento e una prospettiva piuttosto aggressiva (la proposta per una legge che istituisca il Trattamento Sanitario Obbligatorio per tutti i tossicodipendenti e gli alcolisti minorenni), l’evento ha avuto luogo effettivamente nell’auditorium del San Benedetto vedendo la partecipazione di numerosi alunni dell’ultimo anno.

Già monitorati dall’operazione Scuole Sicure, con il dispiego di unità cinofile e agenti per scovare “i pischelli con le canne”, i giovani hanno dovuto ammortizzare quattro ore, tanto è durato il convegno dalle 9 alle 13, che siamo certi avrà destato la loro attenzione, anche alla luce del fatto che la povera Desiree, uccisa barbaramente da alcuni balordi in un covo di droga e disperazione a Roma, era stata iscritta proprio all’Istituto pontino che un tempo fu diretto da Mario Siciliano e poche settimane prima di morire era stata identificata dalle Forze dell’Ordine alle Autolinee di Latina per presunto spaccio.

Così, all’insegna dell’alto proposito di “Interveniamo prima che finiscano in balia degli spacciatori” (testuale), gli astanti del convegno hanno dispensato le loro prolusioni. A partecipare, oltre che all’avvocato Cestra, il deputato leghista Francesco Zicchieri (coordinatore regionale del partito di Salvini e attuale vice-presidente del gruppo della Lega alla Camera), la presidente del Tribunale di Latina Caterina Chiaravallotti, il comandante della polizia municipale di Cori, Mariella Di Prospero, la responsabile territoriale dello sportello istituzionale di ascolto minori e famiglia del garante della Regione Lazio, Monica Sansoni, la specialista in psicologia clinica e giudiziaria Antonella Spacca.

Avvocato Cestra alla festa della Fidapa
L’avvocato Cestra (al centro), in un’immagine del 2017, alla Cena di gala a Pontinia per festeggiare il quindicesimo anno di fondazione della FIDAPA sezione Latina – Sermoneta.

Non è in discussione il fatto che l’avvocata Cestra, per via del suo lavoro (ad ogni modo, ogni avvocato può liberamente scegliere se rappresentare o meno un cliente), possa difendere o aver difeso un mafioso o un narcotrafficante né tantomeno che possa avere un ruolo di impegno nella Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari, la Fidapa, di cui è stata fondatrice della sezione Latina-Sermoneta. Che, poi, la Federazione Donne Arti Professioni e Affari ha per scopo e finalità nello Statuto la valorizzazione delle donne, e non ha nulla a che vedere con il TSO per minori in difficoltà o la divulgazione antidroga, è un particolare che rimane afferrabile solo a chi ha organizzato il convegno. Facezie, si dirà, sperando che si ragioni, invece, sull’opportunità, in un quadro molto ipocrita, di far parlare di prevenzione delle droghe, in una scuola, chi ha difeso in Tribunale alcuni di quelli che per diversi anni, in collaborazione con le bande pontine, hanno inondato il territorio di stupefacenti.

CHI SONO GLI ‘NDRANGHETISTI TRIPODO?

Per fare luce su cosa abbiano rappresentato i Tripodo, dei quali l’avvocato Cestra ha difeso Venanzio uno dei due rampolli della cosca, sono d’aiuto le parole con cui li descrisse il maxi-pentito dei Casalesi, il defunto ex capo “amministrativo” del sodalizio che ha insanguinato le strade e fatto affari per un trentennio anche in casa nostra (vedasi Borgo Montello): Carmine Schiavone.

Così parlava il cugino del boss Francesco Sandokan Schiavone, in videoconferenza al processo Damasco II sulle infiltrazioni mafiose a Fondi: “Noi acquistavamo la cocaina a 3 milioni al chilo, un nostro uomo aveva sposato la sorella del ministro degli Interni del Perù che ci copriva. Poi la vendevamo in Italia, anche ai Tripodo che la acquistavano a circa 15 milioni al chilo.

La famiglia Tripodo versava complessivamente circa 200 milioni di lire al mese per acquistare la droga dal clan dei Casalesi e immetterla nelle piazze di spaccio nella piana di Fondi e nell’Agro Pontino. Schiavone collocò lo smercio della coca, proveniente dall’America Latina, nel periodo compreso “tra i primi anni Ottanta e il 1991”.

Così descrive la cosca del sud pontino la Direzione investigativa Antimafia (Dia) nell’ultima relazione disponibile: “Stabilitasi in Fondi la famiglia Tripodo ivi mette radici e il dato è significativo sol che si consideri che Fondi è un piccolo centro, i cui abitanti fino a quel momento (anni ‘70/’80), non erano in alcun modo abituati alla presenza di soggetti come i Tripodo, che non solo si portavano dietro un’eccezionale fama criminale, ma operavano in modo tale da intimidire in modo naturale chiunque avesse dovuto confrontarsi con loro utilizzando per primi un metodo ancora ignoto ed incontrastato in quel contesto territoriale. Si costituiva, così, un sodalizio di tipo mafioso che si sviluppava in Fondi a partire dagli anni ’90 e che mantenendo inalterato, anche grazie a legami di carattere familiare, il suo nucleo essenziale, si rendeva riconoscibile e temibile all’esterno”.

Nel 2014 La Cassazione confermò le sentenze di merito di Damasco II e le condanne per mafia dei fratelli Venanzio e Carmelo Giovanni Tripodo, con una pena a 10 anni e 8 mesi di reclusione.

Nella sentenza i giudici di Cassazione ribadirono che il Comune di Fondi e il Mercato ortofrutticolo della città erano condizionati dalla mafia. L’associazione mafiosa era costituita da fondani e trafficava in droga, aveva armi che servivano per intimidire o compiere atti criminali, faceva prestiti usurai ed estorsioni. In sostanza Fondi era roba loro, e delle altre due maggiori cosche dei Bellocco e dei La Rosa-Garruzzo.
Il clan Tripodo, come chiarisce la Direzione Investigativa Antimafia, è il risultato di un’evoluzione storica del gruppo fisicamente riferibile a Tripodo Venanzio e Tripodo Carmelo figli di Domenico Tripodo e a Trani Aldo. L’attività investigativa messa in atto dal personale del centro Dia di Roma ha consentito di inquadrare il contesto criminale in cui si muoveva Venanzio Tripodo ed i suoi collegamenti con altre famiglie mafiose. L’imponente attività di Venanzio Tripodo, lo status criminale della sua famigghia sono significativi per quanto riportato dai giudici di Latina nella sentenza di condanna: “La conoscenza qualificata delle origini dei Tripodo e del contesto criminale ‘ndranghetista in cui si collocava Don Mico Tripodo, padre degli odierni imputati, riferita in maniera univoca dai collaboratori di giustizia Schiavone Carmine e De Simone Dario e dai verbalizzanti Maresciallo Di Antonio e Capitano D’Angelantonio (Carabinieri appartenenti al Ros), ha contribuito a svelare uno dei dati salienti per l’individuazione del metodo mafioso che, come sopra detto, poggia anche sulla fama criminale passata ed è tale da porre gli abitanti del luogo (ndr: Fondi) in una condizione di assoggettamento e di omertà”.

OPPORTUNITÀ E CREDIBILITÀ

In una nota riportata dal professore del San Benedetto, Gino Stravato, si legge che, in riferimento al Convegno antidroga del 23 novembre: “Nel suo intervento l’avvocato Cestra ha sottolineato come i minori che si trovano in condizione di tossicodipendenza finiscano spesso in balia degli spacciatori, senza che si possa fare nulla per dare loro aiuto. Non possiamo continuare a voltarci dall’altra parte davanti a casi come quelli della ragazza di Cisterna uccisa a Roma, non per reprimere ma per salvarli”.

Hanno ragione il professore e l’avvocato, “non bisogna voltarci” dall’altra parte e, sopratutto, si devono tutelare quei giovani che, per scarsa informazione, finiscono “in balia degli spacciatori”.

Francesco Zicchieri
Francesco Zicchieri

Invitare un deputato in una scuola è già di per sé singolare, e lasciamo stare il fatto che questo stesso deputato, Francesco Zicchieri, è finito, insieme ad altri politici, nelle carte dell’inchiesta Alba Pontina (non indagato), che ha stroncato un pezzo del clan Di Silvio, poiché gli uomini che hanno condotto l’operazione ritrovarono sull’auto su cui viaggiava lo spacciatore Agostino Riccardo e due suoi sodali alcuni manifesti del rampante deputato leghista: un fatto che, insieme ad altri dello stesso tenore, ha attirato le attenzioni della Polizia in merito alla propaganda elettorale e al mercato delle affissioni che i clan di Latina e provincia praticavano a favore di alcuni politici del territorio pontino.
Ma era proprio opportuno che una scuola statale chiamasse un avvocato che, oltre ad aver difeso un narcotrafficante di “fama”, appena sei giorni dopo il convegno antidroga, ha chiesto e ottenuto, il 29 novembre, il patteggiamento dai giudici per un signore di Terracina, Massimo Marzullo, che a parte la sua attività turistica “teneva la retta” (ossia nascondeva la droga) a qualcuno che spacciava? Marzullo è stato condannato a due anni e nove mesi ed ha confessato di aver messo a disposizione il suo garage per tenere in caldo per conto di chissà chi (sono i clan, di frequente, ad utilizzare questi metodi servendosi di persone insospettabili) sette chili di hascisc e 2 chili di marijuana.
A chi credete che sarebbe finita questa droga?

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