Chi l’avrebbe mai detto che un misterioso intrigo internazionale avesse come scenografia una città che fa poco più di 10mila abitanti in provincia di Latina? È quello che è successo e sta succedendo a San Felice Circeo, nello splendido avamposto marino di Quarto Caldo, luogo già teatro di indagini e sequestri della magistratura per alcuni casi di diversa natura come quello della scorsa estate che aveva come oggetto una storia di abusivismo e permessi opachi.
A dispetto delle notizie di cronaca locale pontina che oggi parlano delle ricerche della Digos per trovare gli autori della manifestazione di inizio mese, la rivista ucraina Strana.ua, già il 9 febbraio, riportava la notizia data dal blogger Anton Hozha il quale, invece, scrive che gli attivisti protagonisti dell’incursione a Quarto Caldo sarebbero stati già arrestati e successivamente rilasciati dalla polizia italiana. Allo stesso tempo, uno degli organizzatori di Quarto Caldo rilasciati dalla polizia, Nazariy Kravchenko, sarebbe stato arrestato a Kiev una volta tornato dall’Italia.
Kravchenko è un ingegnere, specializzato in sistemi e reti nel campo delle telecomunicazioni, che è stato nominato, durante il congresso di fondazione nel 2014, come membro del consiglio di un partito di estrema destra: il Corpo Nazionale. Leader dello schieramento, di cui Kravchenko fa parte, è Andriy Biletsky, anche membro del parlamento ucraino.
Il Corpo Nazionale promuove l’espansione dei poteri presidenziali conferendogli l’autorità di essere il Comandante Supremo delle Forze Armate dell’Ucraina, oltreché ad essere favorevole al ripristino dello status di potenza nucleare dell’Ucraina e alla nazionalizzazione delle imprese. È contro l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea e alla NATO .
Una notizia, quella dell’arresto di Kravchenko, smentita da più parti in Ucraina. Anche se lui, il 9 febbraio, ha postato sulla pagina Facebook una foto e un commento che non lascia molto spazio ai dubbi in cui dichiara: “Sono stato detenuto all’aeroporto di Boryspil (ndr: a 29 km da Kiev). Aggiornamento: Sono stato rilasciato, le guardie di frontiera hanno seguito le istruzioni“.
Da tenere presente, in questo ping pong di notizie e smentite, che Strana.ua è una rivista antigovernativa molto accreditata e vittima in passato delle stesse persecuzioni che i manifestanti di Quarto Caldo hanno portato all’attenzione di media e social. Basti pensare che Igor Guzhva, direttore capo di Strana.ua, fu costretto a febbraio 2018 a lasciare l’Ucraina e a chiedere asilo politico in Austria. Guzhva, in rotta col governo attuale, tenne a dichiarare in una lettera aperta di essere, insieme ad altri, sottoposto “a una pressione senza precedenti da parte delle autorità. Contro di me sono stati istruiti già 5 procedimenti penali e questo è solo l’inizio“.
Gli attivisti ucraini che hanno manifestato con striscioni e fotografie raffiguranti politici, giornalisti e cittadini ucraini uccisi o perseguitati in patria, da tempo si muovono insieme al grido, diventato oramai un vero e proprio hashtag di protesta, “Chi ha ucciso Katya Handzyuk?“.
Kateryna Handziuk è l’attivista ucraina morta, il 4 novembre del 2018, dopo essere rimasta vittima di un attacco con acido da parte di ignoti mentre usciva dalla sua casa.
La Handziuk aveva delle posizioni molto critiche nei confronti delle autorità ucraine accusate di corruzione, tanto che alla notizia della sua morte anche il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, Johannes Hahn, scrisse in un tweet: “Gli attacchi contro gli attivisti civili sono inaccettabili. I responsabili di questi crimini insidiosi devono essere riconosciuti colpevoli“.
Le indagini sull’attacco mortale all’attivista non hanno ancora rivelato chi siano stati gli esecutori, nonostante ci siano molti sospetti sui mandanti. La giovane donna riportò bruciature su circa il 35% del suo corpo dopo l’attacco subito il 31 luglio, fu trasportata in aereo in un ospedale di Kiev dove subì 11 operazioni, per poi morire, dopo qualche mese, all’età di soli 33 anni.
La morte della Handzyuk arrivò pochi giorni dopo che il procuratore generale ucraino Yuri Lutsenko ammise di non aver trovato nessuno dei colpevoli che ha ordinato gli attacchi contro gli attivisti civico-politici in Ucraina. Il procuratore parlò di un numero delle vittime, tra giornalisti ed attivisti dissidenti, che superava i 50 casi, sostenendo che la maggior parte degli attacchi erano dovuti a uno o ad altri gruppi finanziari, spesso collegati con gang criminali.
Kateryna Handziuk era nota per le sue inchieste e le sue forti critiche nei confronti di persone che ricoprivano cariche elevate all’interno delle forze di polizia o legate alle autorità.
Il 26 settembre, prima di morire, l’attivista rilasciò delle dichiarazioni molto chiare rispetto alla situazione che denunciava: “Voglio, in primo luogo, ringraziare tutti voi per il fatto che sono ancora viva. Voglio ringraziarvi per le vostre parole gentili, sono molto stimolanti. Voglio dire grazie anche per gli insulti, mi motivano davvero ancora di più per lasciare l’ospedale il prima possibile. Sì, so di sembrare brutta in questo momento, ma almeno sono in cura. Sto ricevendo un buon trattamento da medici ucraini. E so che, in questo momento, il mio aspetto è comunque migliore di quello che ha la giustizia in Ucraina, di cui oggi nessuno si occupa“. E di cui lei, forse, si occupava troppo per qualcuno, denunciando compromissioni, sabotaggi, depistaggi rispetto alle decine di morti sospette di coloro i quali avevano posizioni contro il governo.
Un governo verso il quale lei stessa aveva nutrito qualche speranza. La Handziuk lottava contro la corruzione del suo paese e prima aveva lottato contro l’annessione russa della Crimea, aveva creduto nelle proteste di Euromaidan (ndr: il movimento artefice di numerose manifestazioni in Ucraina, nato nel 2013), sperava che il mandato conferito a un nuovo presidente, Petro Poroshenko, una volta superato il filorusso Yanukovich, avrebbe messo Kiev sulla strada delle riforme.
Niente è andato come auspicato. Nessuna riforma, la Crimea è diventata russa, nel Donbass c’è la guerra e di Euromaidan si contano i morti.
Il procuratore Lutsenko incontrò la Handziuk in ospedale il 3 agosto 2018 e, dopo aver ascoltato le sue idee su chi poteva esserci dietro l’attacco, stava passando l’indagine alla SBU, il Servizio di sicurezza dell’Ucraina. Dopo aver iscritto il caso Handziuk nel registro di inchieste preliminari, Lutsenko svelò qualcosa sul tentato omicidio dell’attivista che poi sarebbe morta di lì a poco: “sull’organizzazione del tentativo di omicidio, condotto con particolare brutalità, contro Kateryna Handziuk, assistente del sindaco di Kherson, e intrapreso per la messa in servizio dalla polizia o dal personale delle agenzie statali, con il sostegno delle organizzazioni separatiste nel sud dell’Ucraina, al fine di destabilizzare la situazione socio-politica in questa regione meridionale del paese“.
L’indagine sembrava molto promettente, ma tutti gli sviluppi successivi non ebbero l’esito di giustizia agognato. L’avvocato Yevhenia Zakrevska ha accusato la polizia ucraina di procrastinare deliberatamente il passaggio del materiale d’indagine alla SBU (il Servizio di sicurezza), ostacolando così seriamente l’indagine di quest’ultima.
Cinque uomini furono poi arrestati, tra cui Mykita Hrabchuk sospettato dell’attacco stesso. Tutti gli arrestati provengono dal cosiddetto “Esercito volontario ucraino“.
Intanto, la sera del 9 febbraio, dopo gli eventi sanfeliciani di Quarto Caldo, alcuni attivisti in Ucraina hanno sparato dei fuochi d’artificio nel complesso speciale chiamato “Fortezza”, dove vive il ministro degli Interni Arsen Avakov. L’azione, nel video sotto, è stata organizzata per protestare contro la detenzione di attivisti che avevano partecipato alla manifestazione “Chi ha ucciso Katya Handzyuk?”. E, a questo punto, non si sa bene se questi attivisti siano ancora ricercati dalla Digos italiana oppure se si trovino già in qualche prigione ucraina.
Solo i prossimi sviluppi della vicenda riusciranno a fare chiarezza su una questione che sta assumendo sempre più i gradi di un giallo italo-ucraino, con venature russe. Sì perché, nella partita ucraina che si gioca tra governativi e anti-governativi sia filo-russi che non, la Madre Russia gioca ancora un ruolo dirimente, alimentando di frequente i gruppi antagonisti.
Non rimane che qualche domanda, ad oggi. È vero che la polizia italiana sta cercando ancora gli ucraini? Se sì, come mai alcuni siti ucraini riportano la notizia che gli attivisti di Quarto Caldo sono stati arrestati e rilasciati dalla polizia italiana?
I detenuti per cui alcuni attivisti ucraini hanno protestato all’indirizzo della “Fortezza” ucraina del Ministro Avakov (vedi video sotto), sono i medesimi attivisti di Quarto Caldo che ufficialmente, per la polizia italiana, sono ancora ricercati?