Ristoro nucleare: il Comune di Latina ci prova. La Giunta Coletta procede a far causa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
È di ieri, 2 novembre, la delibera approvata dalla Giunta (Sindaco assente causa Covid) che promuove l’azione giudiziale nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e
delle Finanza e del CIPE, al fine di ottenere i cosiddetti ristori, in ragione del pluricitato Decreto Legge “Scanzano” n. 314 del 2003 poi convertito nella legge n. 368 dello stesso anno, ossia la legge che che prevede il risarcimento economico per i Comuni che hanno ospitato sul proprio territorio una centrale nucleare (ad oggi in dismissione).
Il contributo è finalizzato alla riduzione del carico ambientale che, per anni, Latina, e non solo, ha sopportato con la Centrale di Borgo Sabotino, gestita ad oggi dalla Sogin Spa. Il Comune ha affidato l’azione giudiziaria all’Avvocato Francesco Cavalcanti dell’avvocatura comunale a tutela degli interessi della collettività.
Già nell’ottobre 2016, come richiamato nel corpo della delibera, per la Centrale nucleare in dismissione o deposito di rifiuti radioattivi, che dir si voglia, – sebbene si sia, a distanza di anni, in attesa dell’ancora fantomatico deposito nazionale – il Sindaco Coletta rivolse formale intimazione, diffida e messa in mora nei confronti di Presidenza del Consiglio, Mef e Cipe affinché fosse assegnata al Comune di Latina la corresponsione compensativa – in concreto: i soldi – a partire dal primo gennaio 2005.
Una diffida che si è rivelata una scelta errata dal momento che a distanza di oltre quattro anni non si è avuto alcun riscontro, mentre gli altri Comuni, gravati di servitù nucleare, come Minturno, Piacenza e gli altri ottenevano giustizia nelle aule di Tribunale.
Un contributo importante che, inizialmente previsto nella misura del 100% a favore degli enti locali, fu ridotto a decorrere dal 2005 al solo 30%. E, infine, tramite ulteriore sentenza del 2016, ripristinato al 100%. Latina, come noto, fu esclusa da quella battaglia perché nel 2007, anno in cui fu avviata la causa tutte le amministrazioni politiche e commissariali non intesero partecipare e, pertanto, la pronuncia di I grado del luglio 2016 non vide il Comune pontino attore.
Lo Stato, infatti, avrebbe dovuto versare al Comune svariati milioni di euro per via della ex centrale nucleare di Borgo Sabotino. Delle somme previste, come noto, dal 2005 in poi è arrivato solo il 30% in ragione del taglio succitato deciso dall’allora Governo di centrodestra.
Il 4 giugno, inoltre, la Corte d’Appello di Roma confermò la sentenza di I grado del 2016, dando ragione agli 8 Comuni che avevano portato in Tribunale la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per il 2017, ultimo anno per il quale il Cipe ha deliberato gli importi, lo stanziamento per la Centrale di Borgo Sabotino è stato di poco più di un milione e 744mila euro. Una cifra che se fosse calcolata così come per gli altri Comuni che hanno vinto le cause sarebbe molto più cospicua: oltre 5 milioni e 815mila da dividere tra Latina, Cisterna e Nettuno, comuni su cui è gravato il carico del nucleare, più la Provincia di Latina.
In un comunicato dello scorso giugno, l’amministrazione Coletta ha ribadito che la scelta di aspettare il secondo grado di giudizio è stata un’attesa calcolata, fatto sta che per ora siamo a secco e la consiliatura volge al termine,
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Ora, con la delibera approvata ieri, il Comune tenta la carta della causa e mette da parte la via stragiudiziale – quella intentata con l’inutile diffida del 2016 – per avere ciò che spetta ai cittadini i quali, oltre a una centrale nucleare, hanno dovuto sopportare per quasi 50 anni un’altra immensa servitù: Borgo Montello, la quarta discarica d’Italia, ma questa, come si dice in questi casi, è un’altra storia.