Operazione Reset: sul banco degli imputati due degli accusati di essere stati parte del Clan Travali, condannati Francesco Viole e Giovanni Ciaravino
Hanno scelto di essere giudicati col rito abbreviato: Viola, accusato di associazione mafiosa finalizzata a reati di estorsione (per lui contestati anche episodi di usura e spaccio), e Ciaravino, imputato anche lui per il reato del 416bis finalizzato allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Davanti al Giudice per l’udienza preliminari di Roma Monica Ciancio, il Pm Luigia Spinelli, ripercorrendo la vicenda criminale, aveva chiesto la condanna a 14 anni per Francesco Viola, cognato dei fratelli Travali, difeso dagli avvocato Vitelli e Cardillo Cupo, e 10 anni e 6 mesi per Giovanni Ciaravino, difeso dagli avvocati Federico e Vasaturo. La difesa, dopo la requisitoria del Pm, aveva chiesto l’assoluzione e i due imputati hanno sempre negato di essere stai mai parte di una clan mafioso. Parti civili l’Associazione Caponnetto e il Comune di Latina.
Il Gup Ciancio ha condannato entrambi aumentando per di più le pene: Viola a 16 anni di reclusione, Ciaravino a 10 anni e 8 mesi. È stata riconosciuta per entrambi l’aggravante mafiosa. A quest’ultimo era contestata lo spaccio di sostanze stupefacenti in seno all’associazione mafiosa capeggiata dai Travali e Costantino Di Silvio detto “Cha Cha”, come partecipe di aver gestito una piazza di spaccio a Latina.
Più corpose le accuse per il co-imputato. A Francesco Viola (già con diverse condanne sul groppone, tra cui quella definitiva per il processo “Don’t Touch”), cognato dei fratelli Travali per aver sposato la sorella Vera, una rilevante quantità di estorsioni ai danni di cittadini, ristoratori, sale scommesse, commercianti, professionisti (anche un avvocato), tra cui un uomo che aveva un credito di centinaia di migliaia di euro con una nota società nel ramo delle energie rinnovabili.
Tra le estorsioni per cui è stato condannato Viola anche quella nei confronti di un tifoso del Latina Calcio, ai tempi di Maietta Presidente, che si era fatto autografare la maglietta da alcuni calciatori senza chiedere il permesso al Clan: “Allo Stadio comandiamo noi. Non puoi fare come ti pare – dissero Viola e l’allora affiliato, oggi collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, al tifoso – Noi abbiamo fatto una scelta di fare la vita da strada e sulla strada ‘ste cose si pagano”. Viola, per il lasciapassare agli autografi, pretendeva la somma di 12mila euro.
Contestata a Viola anche l’estorsione in merito a un cittadino che fu obbligato ad acquistare alcuni grammi di cocaina. Ultimo ma non ultimo l’episodio di aver usufruito anche della benzina estorta a un titolare di una pompa di benzina a Latina. Una vicenda per cui, recentemente, nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri “Status Quo”, è stata arrestata la madre dei Travali, Maria Grazia Di Silvio, per aver minacciato il titolare della pompa di benzina, reo, a detta della Di Silvio stessa, di aver parlato agli organi inquirenti.
A febbraio 2021, furono 19 le misure di custodia cautelare per droga, estorsioni e persino un omicidio, quello del rumeno Giuroiu, reati con l’aggravante mafiosa con cui è stato delineato, anche grazie ai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo (un tempo esponenti di due sodalizi), il Clan dei fratelli Travali e Costantino “Cha Cha” Di Silvio.
A Latina, dove si celebra il processo con rito ordinario, il procedimento è stato “spacchettato” in quanto per l’omicidio Giuroiu sarà la Corte d’Assise a giudicare, mentre per gli altri reati è stato scelto un nuovo collegio che vedrà alla sbarra tutti gli imputati a cui vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, numerose estorsioni aggravate anch’esse dal metodo mafioso ed un omicidio, aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa, oltreché a ipotesi di corruzione.
Le condanne di Viola e Ciaravino, ad ogni modo, con il riconoscimento del 416 bis, costituiscono un’altra pietra miliare alla lotta contro un clan che negli anni ’10 aveva raggiunto l’apice nella città di Latina, scalando le gerarchie del crimine e terrorizzando un’intera comunità.