PROCESSO “OTTOBRE ROSSO”: INZIA IL FOCUS SULLE SOCIETÀ DI GIANLUCA TUMA

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Riprende il processo derivante dall’inchiesta “Ottobre Rosso”: alla sbarra Gianluca Tuma e due ritenuti suoi sodali

Nell’udienza di oggi, 27 settembre, che si è svolta davanti al Collegio presieduto dal Giudice del Tribunale di Latina Francesco Valentini, è proseguita la testimonianza dell’ex Dirigente della Squadra Mobile di Latina, Giuseppe Pontecorvo, che ha condotto le indagini. Il sostituto procuratore di Latina Antonio Sgarrella ha chiesto il giudizio immediato per i tre imputati accusati, a vario titolo, di tentata estorsione e intestazione fittizia di beni. Ad essere arrestati nell’operazione “Ottobre Rosso”, eseguita a novembre 2021 dalla medesima Squadra Mobile di Latina, e oggi giudicati presso il Tribunale di Latina, Gianluca Tuma, Stefano Mantovano e il fratello di Tuma, Gino Grenga.

L’inchiesta nasce da una denuncia di un uomo vessato da due degli odierni indagati: Tuma e Mantovano. Una vicenda lunga, durata dal novembre 2017 fino al gennaio 2020, quando il soggetto sottomesso si decide a denunciare. E proprio questa presunta vittima è stata ascoltata ad aprile in Aula, esaminato dal Pm Sgarrella e contro-esaminato dagli avvocati del collegio difensivo Zeppieri, Palmieri e Melegari. L’uomo ha raccontato di conoscere Tuma da tempo non chiarendo però se sia stato minacciato o meno. L’estorsione sarebbe stata messa in pratica per due assegni di un importo totale da 13.700 euro: secondo l’accusa, l’uomo, d’accordo con Tuma per gli assegni, sarebbe stato contattato da una terza persona, Bruno Cutillo, già noto alle cronache, che gli avrebbe chiesto la restituzione degli assegni. I due si sarebbero incontrati a Latina e Cutillo gli avrebbe consegnato i due assegni intestati all’uomo medesimo. Quest’ultimo, presunta vittima di estorsione, avrebbe versato gli assegni sul suo conto ma, dopo una ventina di giorni, avrebbe scoperto che gli assegni erano protestati. Da qui la serie di minacce di cui si sarebbero resi protagonisti gli imputati odierni (per i dettagli sulla vicenda, leggi approfondimento al link di seguito) al fine di ottenere la cifra per intero.

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Nell’ambito dell’inchiesta da cui è scaturito il processo, sono stati compiuti gli approfondimenti investigativi, anche di natura patrimoniale, che hanno documentato come il principale indagato, Gianluca Tuma – già coinvolto, e successivamente condannato, nell’operazione di polizia “Don’t touch”, per intestazione fittizia di beni – avesse nel tempo attribuito a propri complici la titolarità di società o quote sociali, allo scopo di eludere la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale a cui è sottoposto dal 2019 che prevede, tra l’altro, il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio.

Emerse, infatti, che varie attività commerciali nel campo della ristorazione e pub, aperte tra Latina, Terracina e San Felice Circeo, erano gestite di fatto da Tuma avvalendosi però di intestatari fittizi, ossia degli altri due indagati, i quali avrebbero agito nelle vesti di amministratori e soci. Ulteriori accertamenti investigativi evidenziarono progetti imprenditoriali di espansione del gruppo, soprattutto nella città di Roma.

Oggi, invece, come accennato, si è conclusa la testimonianza del Dirigente di Polizia, Pontecorvo, che, interrogato dal Pm Sgarrella, ripercorso l’aspetto delle indagini sul versante delle società fittiziamente intestate ai due co-imputati Gino Grange e Stefano Mantovano e alla famiglia Youssef, padre e figlio (che gestiva il noto pub latinense “Le Streghe”).

Rigettata l’istanza di rinvio del processo considerato il cambio di uno dei tre giudici, Pontecorvo ha proseguito la sua deposizione spiegando che il giorno delle esecuzioni delle misure cautelari, durante l’attività di perquisizione a casa di Tuma, fu ritrovata della documentazione che rimandava alle società le quali, secondo l’accusa, erano del principale imputato ma intestate agli altri. Furono rinvenuti alcuni timbri riconducibili alla piccola galassia di società che Tuma aveva costituito, pur essendo in sorveglianza speciale.

Una testimonianza, quella del Dirigente di Polizia, durata poco, anche perché quando è stato contro-esaminato dagli avvocati del collegio difensivo, Zeppieri e Palmieri, Pontecorvo ha spiegato che per quanto riguarda gli accertamenti bancari, societari e patrimoniali è stato un atro ispettore della Squadra Mobile ad essersene occupato diffusamente. L’ex capo della Mobile ha però avuto modo di confermare che tra Mantovano e Tuma i rapporti fossero stretti.

La prossima udienza è stata fissata il 15 novembre: verrà ascoltato l’ispettore di Polizia nominato oggi in aula e che si è occupato delle società di Tuma. A margine è stato dato mandato di tradurre alcune conversazioni in arabo intercettate durante l’inchiesta e scambiate tra gli Youssef.

L’avvocato Palmieri, infine, è tornato a chiedere la revoca o la sospensione della misura di arresti domiciliari per il suo assistito, Stefano Matonvano. Il Tribunale si è riservato pur avendo acquisito il parere favorevole del Pm Sgarrella.

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