Porto turistico “Marina di Cicerone” a Formia: la Giunta municipale vota la delibera per transare con la società per azioni
Il Comune di Formia accoglie la proposta conciliativa “suggerita” dal Giudice del Tribunale di Cassino Pierluigi Tonnara e converge, tramite atto della Giunta Taddeo, alla transazione di 500mila euro con la Marina di Cicerone Spa, composta dal gruppo Ranucci Partecipazioni e Finanziaria di Roma al 50 percento (che fa riferimento a Raffaele Ranucci, nato a Formia, senatore dal 2008 al 2013 poi escluso dal Pd alle elezioni del 2018, e che nel 2016 ha donato al Comune di Formia una proprietà prospiciente l’area dove sarebbe dovuto sorgere il porto di grande pregio archeologico), da Impresa Pietro Cidonio di Roma al 40 percento e dalla Sacen srl di Napoli al 10 percento.
Come noto, si tratta dell’annosa questione riferibile alla mancata realizzazione del porto turistico di Formia per cui la magistratura contabile e la Guardia di Finanza hanno comunque presentato un altro conto da circa tre milioni di euro di danno erariale.
Leggi anche:
PORTO TURISTICO A FORMIA: UN DANNO DA OLTRE 3 MILIONI DI EURO
Un suggerimento, quello del Giudice del Tribunale di Cassino, che, in realtà, risulta essere un obbligo laddove se vi fosse un rifiuto sarebbe valutato alla luce dell’articolo 91 del codice di procedura civile: vale a dire la condanna della parte soccombente (Comune di Formia), nell’annosa causa avanzata dalla Marina di Cicerone Spa, al rimborso delle spese. Mezzo milione di euro tondi tondi.
L’opera del porto turistico in project financing, inserita nell’elenco dei lavori dal Comune nel lontano 2002, avrebbe dovuto ospitare circa 620 imbarcazioni, dai 12 ai 70 metri: Formia sarebbe diventata uno dei principali snodi marittimi per la nautica da diporto dell’intero Mediterraneo.
La proposta del Gruppo Ranucci fu dichiarata dall’ente comunale di pubblico interesse nel 2004. Sette anni dopo, nel 2011, il Comune approvò, dopo complessa istruttoria, il cosiddetto progetto di finanza della Marina di Cicerone spa. Da lì ne seguirono altri passaggi come la valutazione ambientale strategica presso la Regione Lazio, fino al 2016 anno nel quale la Marina di Cicerone comunicò che a causa del tempo trascorso “si era concretato uno squilibrio economico-finanziario dell’investimento derivante pure dal mutamento dello scenario economico generale e dall’aumento dei costi dell’opera“. Una notazione del privato respinta dal Comune poco dopo.
Al che, la società privata sostenne che il tempo trascorso aveva fatto lievitare il contributo pubblico: occorrevano infatti 72 milioni di euro. Richiesta irricevibile da parte del Comune che la respinse, continuando a chiedere il rapporto ambientale dell’opera. Un rapporto che arrivò insieme al fatto che la Marina di Cicerone spa continuava a sostenere che non vi erano più le condizioni economiche per la realizzazione del porto.
Leggi anche:
MODELLINI, ELEZIONI E CHAMPAGNE: IL PORTO TURISTICO DI FORMIA È UN FLOP DA 72 MILIONI DI VANTAGGI (CAP. 2)
Si arriva così al 2019 quando la Spa fa causa al Comune per inadempimento chiedendo i 500mila già versati più il risarcimento di più di 3 milioni di euro (3.029.450.46).
Il resto è storia. Comune soccombente e “suggerimento” del Tribunale a restituire alla Marina di Cicerone il mezzo milione. E ieri 27 gennaio, la Giunta Taddeo dà mandato al Sindaco di transare e pagare al privato 500 mila euro e si cautela a tutela dell’Ente nei confronti dei soggetti cui era attribuita la competenza del procedimento. Ecco perché l’Avvocatura comunale trasmetterà alla Procura Regionale della Corte dei Conti, che ha già calcolato in tre milioni di euro il danno erariale, il provvedimento della Giunta insieme all’atto di intimazione e messa in mora per il recupero dei soldi.
A pagare, saranno quei tecnici del Comune indicati dall’amministrazione deputati a alla realizzazione di un porto che non esiste.