PIANO SOCIALE REGIONALE: COHOUSING NUOVO MODELLO DI COMUNITÀ

co-housingcasadgiorgio-santegidio
Cohousing sociale della Comunità di Sant'Egidio nel quartiere di Trastevere (Roma).

Il 16 gennaio è iniziato l’esame alla Pisana della proposta di deliberazione consiliare n.12 del 4 giugno 2018, il Piano sociale della Regione “Prendersi cura, un bene comune” (2019-2021). Il Piano ha come principio guida la centralità della persona nella comunità e una delle cinque parole chiave è linnovazione nei processi partecipativi, intesa come sviluppo di comunità responsabili e mutualistiche, nel coinvolgimento nella co-progettazione delle organizzazioni di terzo settore e nella valutazione di impatto delle attività, dei progetti e delle politiche. La co-progettazione tra enti pubblici e terzo settore nasce dall’esigenza di allargare la governance del welfare ed è un metodo per costruire politiche pubbliche che coinvolgano risorse e punti di vista diversi. Per quanto riguarda le politiche abitative l’innovazione è rappresentata dallo strumento del cohousing che il Piano sociale intende attivare nel prossimo triennio. È necessario in primo luogo analizzare di cosa si tratti e quando e dove nasca.

Alessandra Troncarelli, assessore politiche sociali, welfare ed enti locali della Regione Lazio.

CHE COS’È IL COHOUSING?

Cohousing, o coresidenza, consiste in insediamenti abitativi che coniugano piccoli appartamenti privati, volti a garantire un certo margine di privacy, con spazi comuni (coperti e scoperti) destinati all’uso collettivo e condivisione tra i coresidenti (cohouser). Un piccolo insediamento di case disposte a row  (schiera) o a cluster (satelliti) raggruppate attorno a spazi comuni posti al centro dell’agglomerato, al fine di facilitarne il raggiungimento veloce da parte di tutti i residenti e garantire opportunità superiori di sorveglianza. I collegamenti interni sono percorsi pedonali condivisi che attraversano la comunità, mentre la fascia esterna è talvolta destinata al parcheggio. Francesco Chiodelli, giovane ricercatore presso il Gran Sasso Science Institute di L’Aquila dove insegna Urban Studies, individua cinque caratteristiche nel cohousing: 1) multifunzionalità comunitaria, dal momento che accanto a residenze tradizionali sono presenti servizi comuni quali cucine, sale da pranzo, lavanderia, sala hobby, biblioteca, giardini, spazi all’aperto e/o coperti per i giochi dei bambini ecc.; 2) regole costituzionali operative di diritto privato introdotte dai componenti per garantire il funzionamento della comunità; 3) componente valoriale, vale a dire i membri della comunità si riconoscono in valori comuni quali le relazioni sociali, qualità ambientale, servizi condivisi, senso sicurezza, valore dell’investimento immobiliare; 4) auto-selezione dei residenti, il c.d. “vicinato elettivo”; 5) auto-organizzazione e partecipazione.

QUANDO E DOVE NASCE?

Nel 1964 l’architetto danese Jan Gødman Høyer inizia a costruire la comunità di cohousing (bœfelleskaber) di Skråplanet, a Værløse nella regione nordorientale di Hovedstaden, che verrà ultimata nel 1972. Nel 1967 la scrittrice danese Bodil Graae scrive l’articolo “Children should have one hundred children”, facendosi promotrice del progetto comunitario di Saettedammen, vicino Copenaghen, che verrà realizzato anch’esso nel 1972. Il modello insediativo si sviluppa successivamente negli altri Paesi scandinavi e tra gli anni ’80 e ’90 nel Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia. In Germania risale al periodo 1998-2001 la riqualificazione dell’ex base militare francese nella zona sud di Friburgo con la costruzione del distretto urbano sostenibile di Vauban. Nell’Italia settentrionale verso la seconda metà degli anni ‘2000 si diffonde questo modello di coabitazione sia su iniziativa di società di capitale (Milano) che di gruppi di giovani e di famiglie (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna).

Quartiere urbano sostenibile di Vauban, nella parte sud di Friburgo.

ISTRUZIONI PRATICHE PER FAR NASCERE UN COHOUSING

Differenti nuclei familiari, anche di un solo componente, sulla base di un progetto di cohousing si costituiscono in associazione. Il progetto deve prevedere anche i costi dal momento che ciascun partecipante dovrà contribuire alle spese sulla base di quote prestabilite secondo criteri condivisi. Dopodiché gli associati individuano l’immobile in cui attuare il proprio progetto. L’immobile può essere edificabile o avere un fabbricato esistente: al centro o alla periferia di un centro urbano, in area rurale o montana. Importante verificare presso l’ufficio tecnico comunale se l’immobile sia sottoposto a una qualsiasi tipologia di vincolo (idrogeologici, artistici, urbanistici ecc.). Dopodiché si tratta di analizzare la proprietà: gli associati possono acquistare l’immobile costituendosi in cooperativa. Può verificarsi anche l’ipotesi che l’immobile sia già di una cooperativa e che quest’ultima sia disponibile ad allargare il capitale sociale ai cohouser. Altra possibilità è che l’immobile sia di un proprietario non disponibile a vendere l’immobile, ma a concederlo in locazione: la cifra che ciascun nucleo familiare dovrà corrispondere sarà dato dalla sommatoria del canone intero del proprio appartamento privato più la quota assegnatagli per gli spazi in comune. Talvolta le Pubbliche Amministrazioni possono indire bandi di gara diretti a incentivare la nascita e l’avvio di nuove comunità di cohousing sul territorio.

LA REALIZZAZIONE DEL FABBRICATO

Attorno al progetto gravitano una serie di competenze professionali, interne ed/od esterne alla comunità fondamentali per la sua realizzazione: notaio, avvocato, fiscalista/commercialista, architetto, ingegneri strutturisti, geologo, impiantista ecc. In caso l’immobile sia da edificare il committente nomina un progettista e chiede al Comune il permesso di costruire e consegna la SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività). Consigliabile successivamente che il committente nomini un responsabile dei lavori in modo da demandargli ogni adempimento in materia di sicurezza del lavoro e dei cantieri. Contestualmente si procede ad appaltare i lavori ad un’impresa esecutrice dei lavori. Allegati al contratto d’appalto devono essere il capitolato e il computo metrico estimativo: il primo è un documento tecnico che contiene le specifiche dell’opera (modalità, costi e tempi), il secondo è una tabella la cui compilazione consente una stima del costo della costruzione. Prima che abbia inizio la fase di realizzazione è di capitale importante che si stabilisca la ripartizione dei costi di costruzione tra i nuclei familiari prevedendo possibilità di risoluzione da parte del singolo associato. Committente e impresa affidataria dei lavori devono inoltre trovare un accordo su a chi spetti il compito di individuare eventuali imprese subappaltatrici.

Cohousing Mura San Carlo, San Lazzaro Savena (BO).

FORNITURE E SERVIZI

Una volta realizzato l’edificio, non riconoscendo il nostro ordinamento l’istituto del cohousing, è opportuno che gli associati si costituiscano in condominio. Dalla nascita del condominio deriverà l’adozione di un regolamento e la nomina di un amministratore. Per quanto riguarda la produzione/fornitura di energia elettrica la soluzione generalmente ritenuta più conveniente è quella della costruzione di un unico impianto fotovoltaico, tuttavia l’azienda che gestisce la rete di distribuzione procederà all’installazione di un numero di contatori e allacciamenti pari al numero di unità abitative. Come accennato, non esistendo giuridicamente il cohousing l’azienda non potrà installare un contatore unico. Negli spazi comuni il fornitore intesterà il contatore al condominio. Discorso analogo a quello della fornitura di energia elettrica può esser fatto in riferimento all’intestazione delle utenze di gas e acqua.

IL COHOUSING PROMOSSO DA IMPRESE IMMOBILIARI

La società edile milanese NewCOh nel 2007 ha ricavato da una ex fabbrica di tappi nel quartiere Bovisa una residenza in cohousing– “Urban village”-  per 32 famiglie con 200 mq di spazi comuni coperti e 400 mq di spazi comuni aperti (piscina, giardino). Il secondo progetto realizzato nel 2010 dallo stesso costruttore- Cosycoh – è indirizzato specificatamente ai giovani al di sotto dei 36 anni e consente a 10 €/mq di abitare in affitto nel quartiere Vigentino-Via Ripamonti di Mliano. Altro progetto interessante della NewCOh dal punto di vista dell’innovazione è Terracielo, coresidenza dotata di un impianto di classe energetica a+ nel comune di Rodano dell’area metropolitana del capoluogo lombardo.

Urban village, quartiere Bovisa di Milano, realizzato dalla NewCoh.

IL COHOUSING DALL’INZIATIVA SPONTANEA DEGLI ASSOCIATI

Nel 2009 al centro di Torino a via Cottolengo, senza finanziamenti pubblici, nasce “Cohousing numero zero” dall’iniziativa di un gruppo di ragazzi che si costituisce in cooperativa edile per ottenere un prestito da 300mila euro dalla Banca Etica e ristrutturare un vecchio palazzo. L’edificio è dotato di un impianto fotovoltaico per la produzione di acqua calda, il gas nelle cucine è stato sostituito da piastre a induzione e l’acqua piovana viene recuperata per innaffiare i giardini. Oggi da quei ragazzi sono nati otto nuclei familiari, con o senza figli, e alcune abitazioni sono adibite a bed & breakfast. Il vero e proprio miracolo si è poi sviluppato nelle campagne del trevigiano a Preganziol dove coppie di giovani e di anziani hanno dato vita alla fattoria sociale e cohousing di “Rio Selva”. Impianto centralizzato a legna, raccolta direttamente dalle siepi del terreno, per il riscaldamento e la termocucina, mentre l’integrazione energetica proviene dal fotovoltaico. Il lievito naturale, o pasta madre, viene autoprodotto per il fabbisogno di pane dei coresidenti. La comunità ha dato vita a una cooperativa agricola produttrice di radicchio da vendere ai Gruppi d’Acquisto Solidale. La struttura è predisposta anche per l’accoglienza di giovani con disagio psichico e sociale. Merita infine menzione il cohousing “Le case Franche” nella frazione forlivese di San Martino di Villafranca per gli spazi di gioco per i bambini al verde e coperti. Dotata anch’essa di pannelli solari per l’autosufficienza energetica, è stata inaugurata dopo varie vicissitudini nel 2017.

Cohousing “Numero Zero” in via Cottolengo, nei pressi di Porta Palazzo a Torino.

COHOUSING SOCIALE

Si parla di cohousing sociale quando la finalità del progetto non risiede semplicemente nella costruzione di una comunità solidale che permetta una riduzione delle spese individuali, ma abbia come obiettivo generale l’assistenza a favore di persone a rischio di esclusione sociale, o comunque bisognose di assistenza sociale, sanitaria e/o abitativa (anziani, disabili, persone o famiglie senza dimora o semplicemente con difficoltà economiche, immigrati, tossicodipendenti ecc). Il progetto può nascere dalla volontà di un soggetto pubblico o privato, no profit o a fine di lucro. In caso il progetto sia di iniziativa pubblica l’ente (solitamente il comune) può decidere di gestirlo direttamente oppure indire un bando di gara e affidare la gestione a un soggetto del terzo settore. L’immobile può essere già stato individuato dall’ente pubblico o si può delegare all’attuatore il compito di individuarne uno nel quadro del progetto e del bando. Qualora l’immobile non dovesse appartenere al patrimonio pubblico del comune o di altro ente ma ad un privato, sarà l’amministrazione committente a farsi garante nei confronti del proprietario. Delicatissima è la fase dei colloqui dei candidati da parte del soggetto gestore: una cattiva selezione dei beneficiari determina sempre il fallimento del progetto. A disposizione dei destinatari del progetto vengono previste figure professionali quali medici, infermieri, operatori socio sanitari, ausiliari socio sanitari, psicologi, facilitatori (figura diffusa anche nel cohousing privato) ed altre. I costi di gran parte degli operatori sono a carico della ASL.

IL FALLIMENTO DEL PRIMO COHOUSING SOCIALE DELLA REGIONE

Dal 1° gennaio al 30 novembre 2015 il Dipartimento politiche sociali, autonomie, sicurezza, sport della Regione Lazio ha promosso e finanziato il progetto “Homefull”, diretto alla contemporanea assistenza socio sanitaria di anziani e all’inclusione sociale di giovani richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale provenienti dall’Asia e dall’Africa. Più specificatamente il progetto consisteva in un percorso di conoscenza reciproca basato sulla sperimentazione di pratiche di ospitalità da parte degli anziani garantendo il rispetto dell’obiettivo finale di promuovere l’autonomia abitativa dei giovani stranieri. L’ente attuatore è stato il Programma integra s.c.s. in partnership con la cooperativa sociale Meta onlus. Si è partiti dalla selezione di 71 domande di partecipazione da parte dei giovani con l’individuazione di 10 candidati con i requisiti richiesti. Sono seguiti corsi di formazione nei confronti degli stessi sui bisogni socio assistenziali degli ospitanti. Del gruppo di 15 anziani partecipanti due signore hanno sperimentato il cohousing per 3 mesi con 2 giovani ospiti. Per il resto la rinuncia al progetto da parte di tutti gli altri anziani beneficiari ha determinato il sostanziale il fallimento delle aspettative che la Regione vi aveva riposto.

Progetto Homefull del 2015 di cohousing solidale.

PIANO SOCIALE “PRENDERSI CURA, UN BENE COMUNE”

Il duplice obiettivo del Piano sociale della Regione Lazio attraverso il cohousing è quello da un lato di contrastare la solitudine e offrire una soluzione abitativa a basso costo per soggetti socialmente fragili (anziani in particolare), dall’altro di ripopolare piccoli borghi, aree rurali e montane che stanno subendo un processo di abbandono.  Per quanto concerne gli aspetti più propriamente sociali la coresidenza viene descritta nel Piano come una soluzione abitativa che contribuisce a promuovere relazioni di buon vicinato, mutuo aiuto e responsabilità sociale nonché idonea a favorire relazioni tra pari e intergenerazionali. Il Piano sottolinea inoltre le potenzialità economico-ambientali della co-residenza: idonea a migliorare la sostenibilità ambientale ed economica, mediante la generazione di economia di scala, la riduzione degli sprechi, il risparmio energetico, il recupero di immobili pubblici e privati e la produzione di beni e servizi. Infine si evidenzia dal punto di vista strutturale come l’insediamento favorisca l’adozione di misure per il miglioramento dell’abitabilità, della salute, della sicurezza, anche mediante la riduzione di barriere architettoniche.

COHOUSING INTERGENERAZIONALE

Una prima proposta è quella del co-housing intergenerazionale in cui abbiamo persone singole e famiglie di diversa età che convivono in un’abitazione solitamente di proprietà pubblica (si pensi ad Homefull). Per i soggetti vulnerabili sono contemplati processi di accompagnamento attraverso operatori che intervengano nel campo socioassistenziale. Tecnologie di domotica possono essere installate nell’immobile per incrementare la sicurezza personale e collettiva.  Questa soluzione potrebbe allungare i tempi di autosufficienza degli anziani, allontanando cos’ la prospettiva dell’accoglienza presso RSA o casa di cura. La coabitazione potrà offrire nuove possibilità tra i giovani di co-working e co-production.

Cohousing Rio Selva
Fattoria sociale e cohousing Rio Selva di Preganziol (TV), un modello virtuoso.

COHOUSING DI PAESE

La seconda proposta è il co-housing di paese che prevede che una componente di nuovi residenti venga inserita in piccoli comuni e borghi del Lazio che si stanno spopolando. Case dell’area centrale del paese possono essere attrezzate per le persone anziane che vi abiteranno, con la previsione di una serie di servizi forniti da équipe sociosanitarie (fisioterapisti, infermieri, assistenti ecc). Si dà così nuovo impulso all’economia locale: grazie non soltanto alle nuove opportunità di lavoro per le figure assistenziali necessarie agli anziani, ma anche all’insorgenza di una nuova domanda di beni e servizi da parte dei beneficiari del progetto. Il tessuto urbano ne risulterà riqualificato e valorizzato.

COHOUSING AGRICOLO E MONTANO

Alla fragilità dei territori rurali e montani, all’incrementato rischio idrogeologico (frane, alluvioni) contribuisce lo spopolamento di queste aree. Contemporaneamente si registra il deperimento del patrimonio edilizio dismesso. Nelle aree montane dove si è verificato un rallentamento dell’attività agricola, si è riscontrata una riduzione delle biodiversità e della bellezza paesaggistica dei luoghi. In queste aree la Regione intende sperimentare azioni di cohousing e coworking incentivando un nuovo modello di insediamento residenziale che coniughi riqualificazione del territorio e recupero del patrimonio edilizio. Nell’ambito di questa pianificazione si prevede l’inserimento lavorativo di persone disabili o con altre forme di vulnerabilità sociale. In linea generale il cohousing agricolo e montano dovrà offrire possibilità occupazionali sia ad italiani che a stranieri.

Cohousing “Case Franche”, nella pianura forlivese, ha l’ecosostenibilità e l’autonomia energetica tra i propri principi ispiratori.

LEZIONI DALLE CATTIVE PRATICHE

Nel quadro del Piano sociale della Regione spetterà ai Comuni, supportati in fase di co-progettazione dal Terzo settore, delineare modelli che non ripetano gli errori del passato. Per far questo è necessario trarre spunto da quelle comunità nate spontaneamente in Piemonte, come in Emilia Romagna e Veneto, e non calate dall’alto, il cui funzionamento e la cui sostenibilità sono basati sullo spirito solidaristico, la corresponsabilità e l’integrazione di ruoli e funzioni. Ciò significa che una comunità non può fondarsi sulla selezione di candidati provenienti da singole categorie (gli anziani, gli immigrati, i disabili ecc.), bensì sull’eterogeneità di caratteristiche e capacità dei componenti. I modelli più virtuosi che abbiamo nel centro-nord Italia provengono sempre dalla coabitazione di giovani, giovani coppie, singoli, anziani e disabili. Pensare di far funzionare un cohousing privilegiando una categoria sociale escludendone (o limitandone) altre porterà a un semplice spreco di denaro pubblico e a perdita di tempo e delusione di aspettative per chi vi aderirà inizialmente. Al contrario qualora il cohousing sociale dovesse dimostrarsi in Italia una soluzione di successo, assisteremo nel lungo periodo a una compressione della domanda da parte di anziani, e caregiver (familiari), nei confronti di RSA, case di cura e case di riposo. A quel punto ai privati accreditati che operano in questo settore, se non vogliono sparire dal mercato, non resterà altro che spostare i propri investimenti nel cohousing.

  

Articolo precedente

L’IMPERO DEL CAPORALATO A LATINA GESTITO DA SINDACATO E COOPERATIVA

Articolo successivo

FONDI. CONFERENZA “DALLA VENDETTA AL TRIBUNALE” DI AGLIAIA McCLINTOCK

Ultime da Attualità