Seconda udienza del processo derivante dall’inchiesta “Ottobre Rosso”: alla sbarra Gianluca Tuma e due ritenuti suoi sodali
Nell’udienza di stamani 19 aprile, che si è svolta davanti al Collegio presieduto dal Giudice del Tribunale di Latina Francesco Valentini, è stato ascoltato un testimone dell’accusa. Il sostituto procuratore di Latina Antonio Sgarrella ha chiesto il giudizio immediato per i tre imputati accusati, a vario titolo, di tentata estorsione e intestazione fittizia di beni. Ad essere arrestati nell’operazione “Ottobre Rosso”, eseguita a novembre 2021 dalla Squadra Mobile di Latina, e oggi giudicati presso il Tribunale di Latina, Gianluca Tuma, Stefano Mantovano e il fratello di Tuma, Gino Grenga.
L’inchiesta nasce da una denuncia di un uomo vessato da due degli odierni indagati: Tuma e Mantovano. Una vicenda lunga, durata dal novembre 2017 fino al gennaio 2020, quando il soggetto sottomesso si decide a denunciare. E proprio questa presunta vittima è stato ascoltato oggi in Aula, esaminato dal Pm Sgarrella e contro-esaminato dagli avvocati del collegio difensivo Zeppieri, Palmieri e Melegari. L’uomo ha raccontato di conoscere Tuma da tempo non chiarendo però se sia stato minacciato o meno. L’estorsione sarebbe stata messa in pratica per due assegni di un importo totale da 13.700 euro: secondo l’accusa, l’uomo, d’accordo con Tuma per gli assegni, sarebbe stato contattato da una terza persona, Bruno Cutillo, già noto alle cronache, che gli avrebbe chiesto la restituzione degli assegni. I due si sarebbero incontrati a Latina e Cutillo gli avrebbe consegnato i due assegni intestati all’uomo medesimo. Quest’ultimo, presunta vittima di estorsione, avrebbe versato gli assegni sul suo conto ma, dopo una ventina di giorni, avrebbe scoperto che gli assegni erano protestati. Da qui la serie di minacce di cui si sarebbero resi protagonisti gli imputati odierni (per i dettagli sulla vicenda, leggi approfondimento al link di seguito) al fine di ottenere la cifra per intero.
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Nell’ambito dell’inchiesta da cui è scaturito il processo, hanno messo in moto gli approfondimenti investigativi, anche di natura patrimoniale, che hanno documentato come il principale indagato, Gianluca Tuma – già coinvolto, e successivamente condannato, nell’operazione di polizia “Don’t touch” – avesse nel tempo attribuito a propri complici la titolarità di società o quote sociali, allo scopo di eludere la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale a cui è sottoposto dal 2019 che prevede, tra l’altro, il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio.
Emerse, infatti, che varie attività commerciali nel campo della ristorazione e pub, aperte tra Latina, Terracina e San Felice Circeo, erano gestite di fatto da Tuma avvalendosi però di intestatari fittizi, ossia degli altri due indagati, i quali avrebbero agito nelle vesti di amministratori e soci. Ulteriori accertamenti investigativi evidenziarono progetti imprenditoriali di espansione del gruppo, soprattutto nella città di Roma.
La prossima udienza del processo è stata fissata per venerdì 1 luglio 2022.