OTTO MARZO, L’INCONTRO DI LBC SULLA CONDIZIONE DELLE DONNE E I CONFLITTI

Gremita la sede di Lbc nella giornata di ieri, 8 marzo, per l’incontro “Conflitti, violenze, donne” organizzato dal tavolo Politiche culturali del movimento coordinato da Francesca Suale e Antonietta Coletta. Un’occasione unica di confronto e informazione di cui evidentemente, a giudicare dal pubblico numeroso, si sentiva la necessità. Insieme a Donato Maraffino, docente di storia e filosofia, e ai giornalisti Elisabetta Tonni e Leonardo Delfanti sono stati diversi gli argomenti affrontati: dalle marocchinate del ’44 tra Esperia e i comuni pontini alla donna in Medioriente tra cura e conflitto religioso fino alla storia delle donne dalla Colombia all’Armenia, tra guerre e conflitti. Ogni tema è stato arricchito da video, reportage, foto d’archivio e dalle letture di Michela Bondioli. A moderare l’incontro è stato Vincenzo Abbruzzino.

“È stato un virtuale fatto di immagini, documenti storici e suggestioni – spiega la segretaria di Lbc Elettra Ortu La Barbera – a partire dagli episodi della seconda guerra mondiale che hanno riguardato le zone della provincia pontina, fino alla situazione delle donne in Medioriente e nel conflitto israelo- palestinese, in Armenia e Colombia. Luoghi di conflitto globale e permanente di cui le prime vittime sono sempre le donne. Le donne che non hanno mai deciso le guerre ma che le subiscono: sono in 600 milioni nel mondo, secondo l’ultimo rapporto Onu, a pagarne le conseguenze sui propri corpi. Guardare lontano nel tempo e nei luoghi in occasione dell’otto marzo, Giornata internazionale dei diritti delle donne,  ci aiuta a continuare a lottare, anche sul piano locale, come movimento, per i diritti delle donne che continuano ad essere messi in pericolo”.

Secondo Lbc la grande partecipazione del pubblico all’incontro di ieri è segno del fatto che in città c’è una grande necessità di creare spazi di confronto su questi temi, “tanto più – aggiunge Ortu La Barbera – in una città in cui il Comune sceglie ancora di rappresentare le donne attraverso l’immagine della statua della “Madre rurale”, usando dunque uno stereotipo apparentemente benevolo che però non rappresenta più le donne, perché la forza, la dignità e la resilienza sono di tutte, anche di sceglie di non essere madre o di chi non può, sono di chi lotta quotidianamente per i diritti e di chi si sente libera di scegliere”. 

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