Operazione Job Tax: è stato condannato uno dei coinvolti nell’indagine, l’uomo aveva scelto il rito abbreviato
Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone ha condannato a 2 anni (pena sospesa) l’agronomo Pierluigi Bragagnin che doveva rispondere di associazione per delinquere e contraffazione di sostanze alimentari.
L’indagine condotta dai Carabinieri Nas di Latina, coordinata dal Procuratore aggiunto e dal sostituto Procuratore di Latina Carlo Lasperanza e Claudio De Lazzaro, era sfociata ad aprile 2021 in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 7 persone indagate per associazione per delinquere dedita allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria in agricoltura, a estorsioni e all’impiego illecito di fitofarmaci non autorizzati nelle coltivazioni in serra.
Il capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, era anche l’amministratore dell’azienda agricola di San Felice Circeo, Salvatore Fontanella, affiancato dai suoi due figli, un uomo anche egli socio e amministratore di fatto Pierluigi Fontanella, e una donna anche lei socia e addetta alla contabilità amministrativa Alessia Fontanella. In carcere anche il genero del capo e marito della donna, dipendente della società, Angelino De Gasperis. Ad essere coinvolti anche l’agronomo, consulente esterno dell’azienda che forniva le indicazioni tecniche per l’uso dei fitofarmaci, Pierluigi Bragagnin, e i due caporali bengalesi, Shafikul Islam e Farazi Dadon.
Nel corso degli approfondimenti svolti mediante servizi di osservazione, pedinamenti, intercettazioni telefoniche ed escussione di persone informate sui fatti, gli investigatori del Nas hanno delineato i ruoli dei 7 indagati e il relativo disegno criminoso perseguito, basato sullo sfruttamento dello stato di necessità dei braccianti, servendosi di 2 caporali (domiciliati a Terracina; uno dei due, come precedentemente detto, si era trasferito nella provincia di Venezia) – di origine bengalese – per il reclutamento e la gestione della manodopera straniera – per lo più di provenienza bengalese, indiana e pakistana – procurandosi un ingiusto profitto mediante l’impiego dei dipendenti in violazione dei previsti contratti collettivi, con la corresponsione di salari non rispondenti al lavoro prestato, realizzando una correlata evasione di contribuiti obbligatori Inps: quantificata in 557mila e 504,60 euro nel periodo monitorato, compreso tra marzo e novembre 2019. Per questa cifra è stato disposto il sequestro e sull’azienda sanfeliciana sono in corso accertamenti che potrebbero portare alla stessa misura.
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