OPERAZIONE “JARS”, IL COLLABORATORE SPIEGA LA FILIERA DELLA DROGA: “A FERRI E PANNONE ANDAVANO 7500 EURO A TESTA OGNI MESE”

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Operazione “Jars”, è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati il gruppo di Fondi accusato di spaccio ed estorsioni

È ripreso davanti al III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, il processo che vede alla sbarra gli imputati coinvolti nell’operazione di Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina denominata “Jars”. L’indagine, arrivata agli arresti nell’aprile 2024, aveva messo in luce un quadro a tinte fosche per la città di Fondi tra spaccio di droga, violenza per il controllo del territorio tra bande, estorsioni, armi e attentati incendiari. Solo un antipasto a quella che è stata, a novembre scorso, l’altra imponente maxi operazione su Fondi che ha portato all’arresto del gruppo rivale, ossia quello capeggiato da Massimiliano Del Vecchio e Johnny Lauretti, in seguito divenuto collaboratore di giustizia.

Oggi, 22 maggio, il processo “Jars” è proseguito con l’esame del pubblico ministero Valerio De Luca e il contro-esame del collegio difensivo di un altro collaboratore di giustizia, ex trafficante di droga del gruppo Ferri-Pannone, Giacomo Sfragano. Sul banco degli imputati, per l’operazione Jars, ci sono Alessio Ferri (47 anni), Andrea Pannone (detto Tyson, 51 anni), Marco Tuccinardi (detto Talco, 39 anni), Armando Ciccone (detto Ceppo, 37 anni), Marco Simeone (41 anni), Rocco Coppolella (detto zio Rocco, 52 anni), Francesco Paolo Petrillo (detto Pallino, 41 anni), Guido Quadrino (41 anni) e Roberto Salera (detto II muratore, 48 anni). Nutrito il collegio difensivo composto dagli avvocati De Federicis, Agresti, Cardillo Cupo, Porcelli, Vita, Signore, Tognozzi e Di Giuseppe. Gli imputati, sono accusati, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni.

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Il testimone Giacomo Sfragano, indagato per reato connesso con gli imputati, ha spiegato la sua vita criminale, interrotta per la prima volta con l’arresto avvenuto a Santa Maria Capua Vetere, poiché sorpreso, nel 2021, con 25 chili di hashish. A fine 2017 un altro arresto; passano altri tre anni e arriva nel 2020 un altro arresto, l’ultimo della serie. Sfragano va a scontare gli arresti domiciliari a Caltagirone, in Sicilia, dopodiché, a seguito della maxi operazione della DDA di Roma, decide di collaborare con lo Stato. È l’aprile del 2024.

Il pentito ha spiegato di come sono iniziati i suoi affari con il gruppo Ferri-Pannone. Il tramite è Marco Tuccinardi, sarebbe stato quest’ultimo a instradarlo di nuovo allo spaccio dopo l’arresto del 2012.

“Mi disse – spiega Sfragano di Tuccinardi – che Ferri e Pannone avevano istituito un fondo cassa di 150mila euro per acquistare la droga”. Ai due leader del sodalizio non interessava come veniva venduta la droga e a chi, ciò che importava, secondo quanto riferito da Sfragano, è che a fine mese pervenisse a loro 7500 euro a testa. A rifornire il gruppo è il narcotrafficante albanese Adlis Shyti.

Ogni mese circa 25 chili di hashish e un chilo e mezzo di cocaina. la cocaina costava circa 50mila euro al chilo. “Compravamo la droga da lui oppure, quando lui mancava, da Luca Capriccio detto l’Americano. La droga veniva portata in diversi luoghi. Dopo l’acquisto, la sostanza questa veniva portata da Tuccinardi a casa di Emanuele Di Napoli che teneva la retta”.

Una volta acquista, la droga veniva tagliata: da un chilo diventata un chilo e trecento grammi circa. Successivamente veniva portata alla rete di pusher di Fondi e settimanalmente si raccoglieva il ricavato. Di tutta questa filiera Ferri e Pannone erano in terminali finali: si interessavano solo di mettere a disposizione i soldi per il primo acquisto, dopodiché ricevevano lo stipendio di oltre settemila euro. “C’era chi la pagava subito e chi a credito. Anche io avevo chi me la teneva, gli davo circa 100 euro a settimana”.

Anche quando Ferri e Pannone si divisero, gli affari della droga sarebbero continuati. “Pannone disse che non voleva più stare in società con Ferri. Le cose andarono avanti nella stessa maniera, solo che quando mancava l’albanese, come durante il lockdown, Ferri riusciva ad acquistare comunque la droga e a venderla anche allo stesso Pannone. Tutto sempre tramite Tuccinardi”.

Ad ogni modo, secondo il collaboratore, non c’era solo la droga. Sfragano ha raccontato, pur non molto chiaramente, di quando sarebbe stata acquistata una pistola da dare a un pusher nordafricano il quale avrebbe dovuto sparare a una vetrina di un esercizio commerciale a Fondi.

Sfragano, dopo essere stato esaminato dal pubblico ministero, ha ricevuto le domande del collegio difensivo. Un controesame molto sostenuto che è andato avanti per tutto il pomeriggio. La prossima udienza è fissata per il 12 giugno quando verrà concluso il contro-esame di Sfragano e l’eventuale rinnovo dell’esame da parte del pubblico ministero.

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