OPERAZIONE ANNI 2000: COLPITI IL CLAN ANTINOZZI E IL CLAN MENDICO. I DUE SODALIZI SI SONO SCISSI

Santi Cosma e Damiano
Santi Cosma e Damiano

Operazione Anni 2000 nel sud pontino: la prosecuzione del processo Anni 90 colpisce ancora il Clan Mendico e il Clan Antinozzi definitivamente scisso dal primo per un questione sentimentale

Nella mattinata odierna, a Santi Cosma e Damiano, Castelforte e comuni limitrofi, circa 200 Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, con l’ausilio di elicotteristi e di unità cinofile dell’Arma, hanno eseguito un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma Daniela Caramico D’Auria, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia con il Procuratore Aggiunto della DDA Ilaria Calò e il sostituto procuratore (con competenza antimafia proprio per la provincia di Latina) Corrado Fasanelli. L’ordinanza dispone la custodia cautelare nei confronti di 19 soggetti (18 in carcere e 1 agli arresti domiciliari). Le accuse rivolte agli indagati sono, a diverso titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi comuni da sparo, estorsione, rapina, danneggiamento e incendio, tutti delitti aggravati dal metodo mafioso.

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L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ricostruisce l’attività di un’associazione di tipo mafioso, operante nel sud pontino – e più specificatamente nel territorio di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e comuni limitrofi – capeggiata da Antonio Antinozzi il quale, a seguito di scissione da analogo sodalizio (clan “Mendico-Riccardi”), aveva costituito un gruppo autoctono strutturato su base familiare che, avvalendosi di metodi violenti e intimidazioni, mediante l’uso di armi ed ordigni esplosivi, aveva ingenerato un clima di assoggettamento ed omertà tra la popolazione

Contestualmente è stata accertata l’esistenza di due associazioni dedite al narcotraffico, gestite rispettivamente dalla famiglia Mendico, i fratelli Ettore e Maurizio e dalla famiglia Antinozzi, Antonio e il figlio Decoroso.    

L’indagine, condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Latina e dalla Compagnia Carabinieri di Formia, convenzionalmente denominata ANNI 2000, è partita nel dicembre del 2015 e si è conclusa nel gennaio del 2020.

La maggior parte dei destinatari della misura cautelare, tutti residenti a Santi Cosma e Damiano, ad eccezione di uno attualmente domiciliato a Monaco di Baviera (Germania), già nel 2007 erano stati riconosciuti come appartenenti al clan “Mendico-Riccardi, la cui esistenza era stata acclarata dalla Corte di Assise di Latina a seguito di un’indagine (denominata ANNI’ 90), sempre condotta dal Nucleo Investigativo di Latina. 

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La relativa sentenza, emessa in data 17 luglio 2009, confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma il 15 ottobre 2010 e ribadita dalla Cassazione nel 2012, aveva riconosciuto l’esistenza fino al 2001, sul territorio della provincia di Latina, di una organizzazione di stampo mafioso, collegata alla più vasta organizzazione criminale del “Clan dei casalesi”, promossa diretta ed organizzata da Ettore Mendico e Orlandino Riccardi e a cui apparteneva, quale partecipe, tra gli altri, Antonio Antinozzi. L’associazione di stampo camorristico, avvalendosi della forza di intimidazione derivante anche dal legame con l’organizzazione di origine, aveva acquisito la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali ed il controllo dei Comuni di Santi Cosma e Damiano e Castelforte, attraverso il ricorso all’uso delle armi al fine di arginare organizzazioni criminose rivali. 

A partire dall’anno 2013, a seguito della scarcerazione dei componenti del sodalizio criminale Mendico-Riccardi, si assisteva nel sud-pontino ad una recrudescenza di episodi di matrice camorristica.

Emblematici sono stati: l’esplosione di due colpi di fucile contro il portone dell’imprenditore Enrico Giuliano avvenuta il 31 agosto 2014; l’incendio occorso il 26 agosto 2014 ad un deposito dell’imprenditore Francesco Cifonelli; l’esplosione, in data 17 ottobre 2014, di colpi di arma da fuoco verso l’abitazione dei coniugi Antonio Giuliano e Maria Assunta Ambroselli, genitori di Enrico Giuliano, gestori della ditta che si occupa del servizio d’igiene urbana a Santi Cosma e Damiano con sede a Castelforte; l’esplosione, il 6 giugno 2015, di un colpo di arma da fuoco all’ingresso dell’hotel Terme Nuova Suio; l’esplosione, il 13 luglio 2015, di due colpi di fucile contro la serranda delle onoranze funebri “La Primula” di Francesco Cifonelli; le minacce subite in data 13 luglio 2015 da Domenico Ciavolella, titolare di una impresa funebre; il tentativo di estorsione, avvenuto in data 2 novembre 2015, alla ditta COFIS di Roma che stava svolgendo dei lavori di ristrutturazione presso una scuola di Castelforte.

La concomitanza degli episodi delittuosi sopra descritti di chiara matrice mafiosa e la remissione in libertà degli esponenti del clan Riccardi-Mendico ha indotto, gli investigatori, a ritenere una riorganizzazione del sodalizio criminale, motivo per il quale sono state avviate le indagini all’esito delle quali venivano individuati due diversi gruppi criminali.

Il primo facente capo a Antonio Antinozzi, alias trippetta il quale, staccatosi dal clan Riccardi-Mendico di cui era partecipe, costituisce un’autonoma associazione di stampo mafioso strutturata su base familiare ed una propria associazione a delinquere operante nel traffico di stupefacenti del tipo cocaina e hashish. Tale sodalizio camorristico, di cui sono stati accertati collegamenti con il clan “Parisi” di Bari per la gestione delle sale slot, era dedito principalmente alle estorsioni e agli attentati incendiari o agli atti intimidatori posti in essere per indurre i titolari delle attività commerciali presenti in Castelforte e SS Cosma e Damiano alla corresponsione di somme di denaro all’organizzazione: nel corso delle intercettazioni Antonio Antinozzi si lamenta del fatto che, mentre in passato gli imprenditori si rivolgevano direttamente al clan camorristico per la cosiddetta “messa a posto”, ora invece l’organizzazione era costretta a porre in essere attentati incendiari per ottenere le somme di denaro.

Un secondo gruppo riconducibile a Ettore Mendico, dedito esclusivamente allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana.

Ad essere citato, nelle carte dell’inchiesta, anche un episodio del 2016 in cui Marika Messore, nipote di Antonozzi, viene chiamata in causa per risolvere una controversia tra i sostenitori di due fazioni politiche in corsa per l’elezione del sindaco di Minturno. “La donna nel raccontare l’episodio – scrive il gip – si mostra particolarmente compiaciuta per essere riuscita a risolvere il problema, asserendo di essersi recata in un bar a Minturno frequentato dai ragazzi che strappavano i manifesti e di aver intimato loro di non farlo più». La donna, intercettata, racconta così l’episodio: «Sono andata là sopra come una pazza, ho detto chiamatemi tizio, caio e sempronio, senza neanche chiedermi chi sei e chi noi, non hanno più toccato i manifesti“.

Nell’ordinanza del gip, ci sono intercettazioni dei membri del clan tra i quali una emblematica. “Qua nessuno ti vuole fare un’estorsione… Ma un pensiero lo vuoi portare? Fai un pensiero agli operai…”. Questa dichiarazione risale al 28 luglio del 2016 ed è stata rivolta al titolare di una impresa di rimessaggio barche dopo un’azione di danneggiamento all’azienda. “Le indagini hanno consentito di accertare che l’associazione – scrive il gip – utilizza metodi mafiosi avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, incutendo nelle vittime una condizione di assoggettamento e omertà”.

Le motivazioni della scissione dei due sodalizi, originariamente appartenenti allo stesso gruppo, erano da ricondurre alla relazione sentimentale, aspramente criticata perché in violazione al codice d’onore delle organizzazioni criminali, fra Maria Rosa Falso (moglie di Giuseppe Viccaro nipote di Antonio Antinozzi ) con Antonio Mendico (cugino di Ettore Mendico capo dell’omonimo Clan).

Grazie al Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Latina e alla Direzione Distrettuale Antimafia per la grande operazione che ha disarticolato un sodalizio criminale di tipo mafioso e due associazioni di narcotrafficanti operanti nei comuni del sud-pontino. La brillante operazione “Anni 2000” conferma il radicamento di clan mafiosi, proiezioni seppur autonomizzati della camorra che dagli anni settanta ha eletto questo  territorio per i propri affari illeciti. Le accuse rivolte agli indagati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi comuni da sparo, estorsione, rapina, danneggiamento ed incendio, tutti delitti aggravati dal metodo mafioso descrivono uno scenario criminale inquietante che impatta sulla convivenza democratica e sull’economia della provincia di Latina.  Nell’esprimere gratitudine agli investigatori, ci preme sottolineare la necessità di rafforzare gli anticorpi per contrastare la criminalità organizzata, attraverso il protagonismo di cittadini, forze sociali e Istituzioni locali”.

Così in una nota Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio.

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