Omicidio Langella: la Cassazione ha respinto il ricorso di Andrea Tamburrino, condannato a 9 anni di reclusione
Dopo poco più di quattro anni, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha posto la parola fine sulla drammatica vicenda che si consumò il 2 dicembre 2016 nella villetta di Via Giovenale a Formia, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall’imputato 45enne Andrea Tamburrino e confermando la condanna a 9 anni di reclusione per lo stesso.
Il castello accusatorio, proposto dalla Procura di Cassino, ha retto in primo grado, in appello e in Cassazione, avallato peraltro dalla famiglia di Giuseppe Langella costituitasi parte civile in tutti e tre i gradi di giudizio.
Moderata soddisfazione espressa dalla famiglia Langella, rappresentata dall’Avvocato Vincenzo Macari: “Nessuno riporterà in vita il povero Giuseppe, ma quantomeno è stata ristabilita la verità storica dei fatti rispetto a quello che, nell’immediatezza dei fatti, era stato paventato come un incidente domestico e finanche come un tentativo di suicidio”.
Il 2 dicembre 2016, secondo la ricostruzione di investigatori e inquirenti, i due conviventi Tamburrino e Langella litigarono e ad avere peggio fu Langella che fu scaraventato lungo le scale tra il piano terra e l’ingresso della villetta di Acquatraversa a Formia. L’autotrasportatore 52enne morì per le ferite e i traumi riportati.
Nel novembre 2018, il Gup del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera, al termine del giudizio immediato celebrato con il rito abbreviato, condannò Tamburrino a 10 anni e 8 mesi di carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale. La pena gli fu ridotta dalla Corte d’Appello di Roma l’anno dopo, nell’ottobre 2019, a nove anni.
Ora il ricorso in Cassazione giudicato inammissibile per un omicidio che colpì per terribile e insensata banalità. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri di Formia e del Ris di Roma che svolsero le indagini coordinate dal sostituto procuratore di Cassino Chiara D’Orefice, Langella, dopo la separazione e la perdita del lavoro, per sopravvivere a una situazione di precarietà era stato costretto a svolgere qualsiasi mansione nella villetta presa in affitto da Tamburrino in riva al mare. Morì per un litigio nato da una partita di pallone: aveva visto nella camera di Tamburrino una partita in televisione.
Ad ogni modo, lo stesso Tamburrino risultava essere un soggetto violento e manipolatore, come testimoniano altri procedimenti giudiziari cui era stato sottoposto. In ordine a tali condanne il 21 dicembre 2016 gli si erano già state aperte le porte del carcere dovendo scontare una pena residua di oltre 6 anni.