OMICIDIO GIUROIU: “TRAVALI SCRISSE A RANIERI: SIAMO UNITI, NEANCHE DIO CI DIVIDE”

Salvatore e Angelo Travali
Salvatore e Angelo Travali (foto da Facebook)

Omicidio Giuroiu: prima udienza di dibattimento che vede sul banco degli imputati i fratelli Angelo e Salvatore Travali

Dopo lo scorporo che ha visto dividersi in due i processi – decisone presa nell’ambito della seconda udienza del Processo Reset – è ripreso, oggi, 3 maggio, il procedimento che vede sul banco degli imputati, per l’omicidio del rumeno Nicolas Adriana Giuroiu avvenuto nel 2014, i due fratelli Angelo e Salvatore Travali.

Ad aprile scorso, la Corte d’Assise presso il Tribunale di Latina, presieduta da Gian Luca Soana, si era dichiarata incompetente sul processo per associazione mafiosa scaturita dall’inchiesta denominata “Reset”, ritenendo di dover separare i due procedimenti: da una parte ci sarà il processo per associazione mafiosa finalizzata ai reati di spaccio, estorsioni ecc. al cosiddetto Clan Travali, dall’altra verrà celebrato quello per omicidio con l’aggravante per mafiosa in capo solo ai due fratelli Travali

Presenti come parti civili, nel processo sull’omicidio Giuroiu, l’associazione Antonino Caponnetto (oggi presente in Aula con l’avvocato Manassei) e il Comune di Latina (oggi assente).

Secondo gli investigatori e la DDA di Roma, Angelo Travali e il fratello Salvatore – comunque già coinvolti a suo tempo, insieme a Graziano Grazioli (a cui veniva contestato il reato di occultamento di cadavere), in quanto ritenuti i sequestratori del camionista rumeno Giuroiu poi ucciso da Mirko Ranieri in concorso col fratello Manuel Ranieri e con l’altro rumeno Adrian Ginga – volevano ostentare la loro forza sul territorio, dimostrando di avere armi e munizioni a disposizione così da dimostrare di avere il controllo sulle attività criminali di Latina. Per Squadra Mobile e l’Antimafia di Roma si trattò di omicidio commesso con l’aggravante mafiosa.

L’omicidio Giuroiu fu particolarmente efferato: il pomeriggio dell’8 marzo 2014 in via Macchiagrande, a Borgo Sabotino, l’auto della vittima di nazionalità rumena venne speronata da un’altra auto, dopodiché Giuroiu fu sequestrato e trasferito su un’ulteriore macchina. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il rumeno fu ucciso la sera stessa e il suo corpo fu occultato in una vasca preposta alla raccolta di liquami all’interno di un’azienda agricola di Cisterna nella disponibilità di Grazioli. Per l’accusa, il movente fu causato dalla volontà di Giuroiu di far prostituire due giovani donne rumene, all’epoca rispettivamente fidanzate di Adrian Ginca e Manuel Ranieri. I due Ranieri e Ginga sono stati già processati e condannati con sentenza passata in giudicato per l’omicidio di Giuroiu come esecutori.

Manuel Ranieri
Manuel Ranieri. L’8 marzo 2014, intorno alle 16.30, la sala operativa della Questura di Latina ricevette la segnalazione di un urto violento a Borgo Sabotino tra due auto, con successiva esplosione di arma da fuoco da parte del conducente di una Dacia in direzione dell’uomo a bordo di una Toyota. L’uomo “colpito” era Giuroiu condotto con forza nell’altra auto. Il corpo fu poi portato in un’azienda agricola, nascosto in una vasca di cemento adibita alla raccolta di liquami e coperta da un coperchio di metallo. Il motivo scatenante, secondo l’accusa, fu la proposta di far prostituire la ragazza.

Nell’udienza odierna, come previsto, è stato ascoltato come testimone il Dirigente della Squadra Mobile di Latina Giuseppe Pontecorvo che ha coordinato le indagini “Reset”, inchiesta che ha ipotizzato, tra le decine di capi d’imputazione, anche l’omicidio con aggravante mafioso del rumeno Giuroiu. Pontecorvo è stato interrogato prima dal Pm della DDA di Roma Corrado Fasanelli e successivamente contro-esaminato dagli avvocati dei Travali (entrambi detenuti e video-collegati dai rispettivi carceri), Giancarlo Vitelli e Camillo Irace. Presenti in Aula anche i componenti della giuria popolare.

Prima dell’escussione del testimone, la Corte d’Assise ha proceduto alla nomina del tecnico che procederà a trascrivere le intercettazioni, in tutto dieci conversazioni proposte dalla pubblica accusa.

La Squadra Mobile, inoltre, ha presentato agli atti l’informativa afferente all’inchiesta “Don’t touch” (nel relativo processo entrambi i Travali sono stati condannati per associazione per delinquere dedita a spaccio ed estorsioni) e la messaggistica derivante dal profilo Facebook del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, un tempo affiliato ai Travali e successivamente al Clan Di Silvio retto da Armando detto “Lallà”. Come noto il pentito ha fornito agli inquirenti, nelle fasi dei suoi interrogatori, le credenziali per accedere al suo profilo così da riscontare e appurare i suoi contatti.

Rispetto all’informativa “Don’t Touch” e alla messaggistica di Riccardo, i due avvocati difensori dei Travali hanno opposto delle eccezioni; in particolare l’avvocato Irace si è riservato per eventuali questioni sull’acquisizione dei nuovi documenti depositati dalla Squadra Mobile e dal collega Vitelli.

Il Dirigente Pontecorvo ha ripercorso la genesi dell’inchiesta sull’omicidio Giuroiu che si collega ai due procedimenti “Don’t touch” e “Reset”, non potendo non menzionare Roberto Toselli, il giovane che tentò il suicidio nel carcere di Latina e che poi iniziò la sua collaborazione con le Forze dell’Ordine e la magistratura, prima di abbandonarla. Fu proprio Toselli a spiegare agli inquirenti della rivalità tra due clan nel mondo rom: da una parte Costantino “Cha Cha” Di Silvio e i Travali con i loro sodali, dall’altra il clan di Campo Boario capeggiato da Armando Di Silvio detto “Lallà”.

Inoltre, è nell’ultima indagine denominata “Status Quo”, che ha visto finire in carcere la madre dei Travali, la sorella, De Bellis, che – ha ricordato Pontecorvo spiegando il perché sono stati depositati atti riferibili ad essa – vi è l’evidenza di contatti tra i Travali e i collaboratori di giustizia Pugliese e Riccardo. Una premessa che si sta ripetendo in quasi la totalità dei processi dove risultano coinvolto direttamene o indirettamente i clan rom poiché le difese, legittimamente, puntano a sminuire la credibilità del pentito o, comunque, dei pentiti.

In una delle informative – ha spiegato Pontecorvo – si dà conto di un episodio riferito dai collaboratori che testimonia di come i Travali si servivano di armi per intimidire tre piccoli spacciatori che non sottostavano alle loro regole imposte (un episodio che viene delineato nell’inchiesta Reset). Sono gli anni (2014-2015) in cui il sodalizio rom di Cha Cha/Travali è ai massimi livelli, peraltro risultando tra le loro fila anche i fratelli Mirko e Manuel Ranieri in qualità di spacciatori del gruppo, successivamente condannati insieme al rumeno Adrina Ginca per l’omicidio oggetto dell’odierno processo. A differenza dei Ranieri, Ginca, una volta fermato dalla Squadra Mobile nel 2014, ad ammazzamento compiuto, fu reo confesso, nonostante, come ha ricordato l’avvocato Vitelli in Aula, sia ad oggi sotto processo per calunnia perché avrebbe detto in seguito di aver raccontato i fatti dell’omicidio poiché costretto dagli agenti della Questura di Latina.

Inoltre, a testimonianza del legame tra i Ranieri e i Travali – elemento indispensabile all’accusa per provare la connessione con l’omicidio Giuroiu – il 17 febbraio 2021, giorno dell’esecuzione dell’ordinanza antimafia “Reset”, all’interno della cella di Manuel Ranieri dalla Polizia sono state trovate due lettere di Angelo e Salvatore Travali in cui “Palletta” (nda: Angelo Travali) scriveva rivolto a Ranieri stesso: “Facci presente che tu sei Famiglia Travali e puoi parlare per noi“; mentre, nell’altra missiva, Salvatore Travali detto “Bula” si rivolgeva sempre a Ranieri: “Ricorda che noi ci siamo uniti e neanche Dio può dividerci“.

Giuroiu alla guida della sua auto, come ricorda in Aula Pontecorvo, fu speronato e attinto da 13 colpi con revolver magnum e una semiautomatica: tre dei colpi sarebbero stati quelli mortali. Successivamente il corpo fu buttato nel terrano terreno di Graziano Grazioli a Cisterna. Ginca parlò e permise il rinvenimento di auto, cadavere e delle due armi; inoltre gli investigatori trovarono un mini arsenale composto da 200 cartucce di più calibri presso il sottoscala della casa dove vivevano le due ragazze che Giuroiu voleva costringere alla prostituzione.

Salvatore Travali
Salvatore Travali

La ricostruzione del Dirigente della Squadra Mobile di Latina delinea la persona di Angelo Travali come quella più attiva: fornì le armi e guidò l’auto che fece da staffetta all’autovettura su cui viaggiavano i Ranieri. Secondo l’allora co-imputato Ginca, una tale quantità di armi, nella disponibilità dei Travali, doveva servire per fare la guerra ai Di Silvio, sponda Lallà. Solo gli arresti del procedimento “Dont’ Touch” avvenuti a ottobre 2015 avrebbero evitato una seconda guerra criminale pontina. Nel solco di questa rivalità – tra cui è stata ricordata la fuitina, nel 2010, di una delle figlie di Lallà e del fratello dei Travali, Alessandro Anzovino detto “Ciba”, per cui furono condannati Lallà Di Silvio stesso, il figlio defunto Samuele Di Silvio, l’altro figlio Giuseppe Pasquale Di Silvio e il cognato Ferdinando Ciarelli detto “Furt” – ci furono gli spari contro la casa della nonna dei Travali, Velia Casamoneco.

E nel solco di questo ambiente di armi e violenza, dove era necessario dimostrare la propria forza agli occhi di altri gruppi o di piccoli spacciatori, i Travali avrebbero partecipato all’omicidio Giuroiu seguendo la vettura dei Ranieri e Ginca i quali, dopo aver sparato al rumeno, lo portarono cadavere nella campagna di Cisterna. Un episodio raccontato anche da Agostino Riccardo che parla della Smart bianca sulla quale avrebbero viaggiato i Travali e riscontrata anche da una telecamera di videosorveglianza che riprende alla Centrale Nucleare di Borgo Sabotino le due auto guidate da Ranieri e Ginca e, a seguire, la vettura di colore bianco con a bordo i fratelli. Un’auto, la Smart bianca, ripresa anche giorni dopo dalla videosorveglianza di fronte alla casa di Gianluca Ciprian, sodale dei Trevali e per la DDA broker/fornitore di droga del sodalizio.

Inoltre, secondo quanto raccontato in aula da Pontecorvo, c’è una intercettazione risalente al 2013, nell’ambito di una indagine dei Carabinieri, tra Angelo Travali e lo stesso Ciprian, nella quale il primo riferisce alcuni particolari sull’omicidio e si evincerebbe il timore di essere arrestati. Poi, in riferimento a Ginca reo confesso, la frase di Angelo Travali: “Sti rumeni so’ tutti uguali non valgono un cazzo, ha fatto ritrovare tutto“.

Proprio la circostanza della staffetta attribuita alla Smart bianca guidata da Travali è stata contestata, nel corso del contro-esame, dall’avvocato Vitelli che ha spiegato che dal video filmato alla Centrale Nucleare di Sabotino vi sarebbero bene 32 macchine passare, 17 in un verso e 15 in un altro, arrivare prima dell’auto dei fratelli. Un contro-esame sicuramente animato, anche e soprattutto quando il Dirigente della Squadra Mobile ha ricordato che in un’altra intercettazione, a tratti poco comprensibile, ma poi ripulita da un software utilizzato dagli investigatori, vi sarebbe Angelo Travali che riferisce del poliziotto Carlo Ninnolino (processato in “Don’T Touch”, prima condannato e poi assolto, e tuttora imputato in “Reset”, sempre perché avrebbe spifferato le indagini al gruppo dei Travali) parlare con un certo Giancarlo della palestra di boxe. “Quel nome – ha detto Pontecorvo – deduciamo sia proprio l’avvocato Vitelli”.

Deduzioni a parte, il processo riprenderà il 31 maggio quando verranno interrogati come testimoni tre ufficiali di polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini sull’omicidio.

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