L’IMPRESA EDILE DI FORMIA INTERDETTA PER MAFIA: RAPPORTI CON I CASALESI E TENTATO OMICIDIO DI BARDELLINO

L’indagine sul tentato omicidio di Gustavo Bardellino costa l’interdittiva antimafia alla ditta Gld Costruzioni srl di Formia

Finita, per un presunto “inchino”, al centro dell’inchiesta televisiva “Lo Spettro”, firmata da Andrea Palladino e andata in onda nell’ambito del programma “100 minuti” su La7, la Gld Costruzioni srl è stata attinta da una interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Latina, su proposta del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina. L’impresa, dal 2023, vede Luigi Diana non più rappresentante legale, bensì è il padre del medesimo, Giacomo Diana, originario di San Cipriano d’Aversa, a ricoprire tale carica. Un aspetto che non ha influenzato né il lavoro dei militari dell’Arma né della Prefettura di Latina, anzi è in ragione di alcune parentele di quest’ultimo che il provvedimento si è concretizzato.

Nel caso della trasmissione televisiva, l’impresa edile, controllata dall’ingegnere Luigi Diana, era stata individuata come il luogo dove la processione della Festa di San Giovanni Battista si sarebbe fermata per rendergli onore. Un passaggio successivamente negato e spiegato dal Comitato Festa San Giovanni Battista con il fatto che la Gld Costruzioni ha sponsorizzato, insieme a tante altre imprese, la processione. Fatto sta che poco era spiegato dal comitato stesso riguardo ai banner della impresa edile di Diana davanti alla chiesta parrocchiale di San Giovanni.

Il sindaco di Formia, Gianluca Taddeo, e Luigi Diana

Ad ogni modo, il Prefetto di Latina, Vittoria Ciaramella, in una decisione slegata completamente da quanto emerso nella inchiesta televisiva, ha disposto una interdittiva antimafia su circostanze già emerse, almeno da quando Luigi Diana è stato oggetto di perquisizione insieme a tanti parenti e sodali della famiglia/clan Bardellino nel luglio 2023.

Luigi Diana, 49 anni, ingegnere e imprenditore casertano trapiantato a Formia, è stato ascoltato dall’allora Pm della DDA di Roma, Corrado Fasanelli (ora sostituto procuratore a Tivoli), per la prima volta, nell’autunno 2022, in ordine al tentato omicidio del 45enne Gustavo Bardellino, nipote del fondatore del clan dei Casalesi.

Diana, ormai notoriamente, è indagato come mandante di quel tentato omicidio, insieme a Giovanni Lubello, ex marito di Katia Bidognetti, la figlia maggiore dell’unico capo dei Casalesi che mai si è pentito o ha provato a farlo, Francesco Bidognetti detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte”.

L’ingegnere formiano risulta imparentato, da parte della madre, con i Mastronimico (estranei all’indagine sul tentato omicidio), imprenditori vicino al clan dei Casalesi (fazione Bidognetti) e destinatari di una maxi confisca da 40 milioni di euro. Questi ultimi, Giuseppe e Pasquale (cugini della madre di Luigi Diana), sono stati a processo, per una inchiesta risalente al 2011, con l’ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi: secondo la DDA di Napoli, avrebbero stretto un patto col clan dei Casalesi, in particolare col gruppo che faceva riferimento a Domenico Bidognetti, che prevedeva l’appoggio elettorale in cambio di appalti a ditte vicine alla consorteria criminale. Secondo Nicola Schiavone ‘o russ, gli imprenditori Pasquale e Giuseppe Mastrominico  erano intestatari di due immobili della famiglia di Francesco Schiavone detto “Sandokan”, situati a Caserta. A marzo scorso, sia i Mastronimico che Fabozzi (e gli altri imputati) sono stati assolti.

Ebbene sia per i rapporti di parentela con i Mastronimico che per l’inchiesta sul tentato omicidio di Bardellino junior, la ditta Gld Costruzioni srl, con sede in viaa Abate Tosti a Formia, è stata destinataria dell’interdittiva antimafia. Provvedimento vieppiù motivato con il fatto che all’interno della ditta edile sono dipendenti alcuni personaggi coinvolti in reati aggravati dal metodo mafioso.

Innanzitutto, all’origine, i Diana acquistano le quote della GLD da una società casertana, la Plus srl in quel momento di proprietà dei figli di un uomo, Rodolfo Statuto, oggi deceduto, con precedenti per armi, bancarotta fraudolenta e un’ordinanza d’arresto a suo carico per associazione camorristica con il clan dei Casalesi.

Risultano dipendenti della Gld un uomo arrestato nel 2015 per reati di favoreggiamento aggravata dal metodo mafioso: Francesco Nobis, alias o’nir, cugino di Salvatore e Giovanni Nobis, condannato a 3 anni di reclusione. Nobis sarebbe un uomo a disposizione del clan dei Casalesi, essendo stato il costruttore del bunker dove si nascondeva “Capastorta”, al secolo Michele Zagaria, uno dei capi massimi del sodalizio casertano.

Alle dipendenze della società dei Diana, due lavoratori, uno dei quali fermato per un controllo nel Comune di Sperlonga con un soggetto condannato per associazione mafiosa; l’altro controllato insieme a un soggetto vicino al clan dei Casalesi. E ancora: un dipendente, Patrizio Trocciola, sul quale risultano diverse condanne, oltreché ad essere stato arrestato negli anni novanta a Napoli per associazione mafiosa finalizzata al narcotraffico.

A pesare, inoltre, le parentele dirette del padre di Luigi Diana: c’è, infatti, Silvio Diana coinvolto e arrestato nell’inchiesta che negli anni novanta aveva svelato gli affari miliardari con cui il clan de Casalesi avevano truffato l’Aima. Secondo i Carabinieri, è lo stesso Luigi Diana ad essere stato fermato per controlli sul territorio con soggetti vicini al clan dei Casalesi, fazione di Michele Zagaria. Senza contare che la Gld ha partecipato dal 2016 al 2019 al Consorzio Cosap di Napoli, interdetto dalla Prefettura partenopea a novembre 2018.

I Carabinieri, considerato il collegamento che ritengono certo di Giacomo Diana, padre di Luigi, con la criminalità organizzata (lo definiscono di “indubbia rilevanza”), ritengono che “non è possibile escludere l’influenza e il possibile condizionamento mafioso nei confronti della GLD“.

Non è stato sufficiente da parte di Giacomo Diana sostenere di aver preso le distanze sia dai Mastronimico con i quali ha interrotto i rapporti lavorativi, cedendo le quote della MA.DA. srl; sia da Francesco Parente, imprenditore con precedenti penali per mafia, con cui ha iniziato la sua carriera.

Né è stato sufficiente presentare in sede di contraddittorio la richiesta di archiviazione della posizione di Luigi Diana sul tentato omicidio di Gustavo Bardellino, al momento non ancora concessa dal giudice per le indagini preliminari.

È altrettanto noto che l’imprenditore, nel settore edile, Luigi Diana, è stato nella cerchia dei sostenitori dell’attuale sindaco di Formia, Gianluca Taddeo, completamente estraneo all’indagine sugli spari a Bardellino, benché silente anche dopo la maxi operazione che ha coinvolto Polizia, Carabinieri, Ros e Dia il 26 luglio 2023. Anche dopo la scoperta del covo-bunker di Antonio Bardellino, la politica formiana, a cominciare dal Sindaco, non aveva emesso un sibilo, se si eccettua la consigliera comunale d’opposizione ed ex sindaca, Paola Villa, da sempre sugli scudi rispetto a criminalità organizzata e alla famiglia Bardellino.

Come detto, sia Diana che il coetaneo Giovanni Lubello, anche lui di Formia e, come noto, ex marito di Katia Bidognetti risultano indagati per tentato omicidio con l’aggravante mafiosa di Gustavo Bardellino, avvenuto dopo le ore 19 del 15 febbraio 2022 presso l’autosalone Buonerba, in Via Ponteritto, a Gianola, dove il rampollo della medesima famiglia Bardellino lavora in qualità di dipendente, con tanto di video promozionali diffusi sui social.

Viale dei Pini 7 presso il Villaggio del Sole a Formia
Viale dei Pini 7 presso il Villaggio del Sole a Formia. Qui, è stato trovato il bunker di Antonio Bardellino

Dapprincipio, Luigi Diana è stato indagato perché, secondo gli inquirenti, ce l’aveva con Gustavo Bardellino per via di un tradimento di natura sentimentale. Nel corso delle indagini, ascoltati sia Diana che la moglie, proprio in ragione di questo supposto tradimento, sono emerse altre risultanze e alcune contraddizioni, tanto è che l’inchiesta ha preso una piega diversa, arrivando a coinvolgere la DDA napoletana perché la figura di Gustavo Bardellino e dei suoi famigliari – da Calisto ad Angelo – dovevano essere approfondite. Viene ipotizzato che il tentato omicidio ha altre origini, diverse dal delitto passionale, ossia è maturato nel quadro dei contrasti tra clan camorristi rivali e legati a traffici illeciti controllati nel basso Lazio.

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Una inchiesta che, però, si muove in un contesto di assoluta omertà quale è quello del sud pontino. Ecco perché le perquisizioni e i sequestri (pc, telefoni, materiale vario), disposti dai sostituti procuratori della DDA di Roma, Luigia Spinelli (oggi Procuratore Aggiunto a Latina) e Francesco Gualtieri, avevano interessato tutta la famiglia formiana dei Bardellino, sia il ramo del capostipite Ernesto (l’ex sindaco socialista di San Cipriano D’Aversa) che quello del fratello Silvio. Perquisizioni che avevano interessato anche la concessionaria “Buonerba” e che avevano portato alla denuncia per spaccio della sorella di Gustavo Bardellino.

Ruolo preminente per l’indagine dell’Antimafia, oltreché alla vecchia indagine deniminata “Golfo” (una inchiesta che nel 2011 vide gli arresti di Angelo e Calisto Bardellino più altri, compreso un sequestro milionario, poi finita in una bolla di sapone) lo aveva fornito il marito di Teresa Bidognetti, Vincenzo D’Angelo, diventato collaboratore di giustizia dopo l’arresto di novembre 2022. Il clan Bidognetti è a Formia da tempo (le sorelle Katia e Teresa sono residenti in città) e, nel quadro degli equilibri camorristici, è la fazione vincente: i Bardellino furono costretti a riparare a Formia negli anni Ottanta, dopo essere stati detronizzati dai Casalesi di Schiavone/Zagaria/Bidognetti.

D’Angelo confermava tutto questo agli inquirenti, arrivando a dire che i Bardellino sarebbero “utilizzabili” dagli Schiavone ancora oggi e questi ultimi sarebbero a conoscenza di accertamenti sulla vigilanza dei locali formiani proprio per le conoscenze dei suddetti Bardellino. Secondo D’Angelo “i Bardellino potevano rilevare attività economiche nei territori di Formia, Sperlonga, Gaeta, Scauri, Minturno ma solo se se tali attività non erano di interesse degli Schiavone. Il basso Lazio da sempre è stato considerato un territorio di “esilio“. Il pentito andava oltre e spiegava: “Quanto alla struttura della famiglia Bardellino so che il più di rilievo è Calisto, figlio di Ernesto. Calisto avrebbe dovuto vendicare la sua famiglia, se avesse voluto riaffermare il suo potere…Katia Bidognetti e Carlo D’Angiolella, vivendo a Formia, avevano rapporti di amicizia con i Bardellino. Mi dicevano che Calisto Bardellino teneva un tenore di vita sproporzionato rispetto alle sue entrate formali“.

Giovanni Lubello

Tuttavia, D’Angelo aveva detto agli inquirenti cose giudicate molto interessanti sul tentato omicidio. Dichiarazioni che erano dirette in quanto il pentito riportava ciò che gli avrebbe detto il marito attuale di Katia Bidognetti, Carlo D’Angiolella finito agli arresti anche lui per via della stessa indagine della DDA di Napoli e dei Carabinieri di Caserta sfociata nell’ordinanza del novembre 2022.

Secondo D’Angelo, l’unico a sapere dell’ingresso posteriore del salone Buonerba, da dove erano entrati gli attentatori o l’attentatore di Gustavo Bardellino, sarebbe stato il primo marito di Katia Bidognetti, per l’appunto Giovanni Lubello. Per quanto raccontato da D’Angelo, Lubello sarebbe peraltro titolare a metà dell’autosalone Buonerba. Ecco perché anche Lubello erano finito nel registro degli indagati per il tentato omicidio.

A parlare della presenza in attività illecite dei Bardellino su Formia, c’era anche un altro collaboratore di giustizia, Antonio Lanza. Quest’ultimo aveva spiegato che nel 2022, volendo organizzare una piazza di spaccio, chiese a Katia Bidognetti di predisporre un incontro con i Bardellino per avere il lasciapassare. L’incontro non si fece più per l’arresto di Lanza. Insomma, i Bardellino, come risultava anche dall’operazione Golfo, sarebbero ben attivi sul territorio, soprattutto nel settore della rivendita di auto (e non solo). D’altra parte anche un altro collaboratore, Giuseppe Basco, ex affiliato ai Bidognetti, aveva parlato nei suoi verbali di Gustavo Bardellino, della sua famiglia e di un giro di estorsioni. Ma soprattutto aveva spiegato della loro presenza e di come i clan rivali dovessero rapportarsi nel caso in cui avessero interessi sul territorio.

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