Il nuovo capitolo del terreno appartenuto alle suore Alcantarine a Latina: il Tar respinge il ricorso dei privati che chiedevano soldi al Comune
L’annosa vicenda del terreno in Viale Cesare Augusto, angolo Via Ludovico Ariosto e Via Torquato Tasso, sembrava avesse trovato il suo epilogo con l’approvazione del parere favorevole alla realizzazione di “un fabbricato ad uso residenziale e commerciale”, compresi alloggi a canone calmierato, da parte della Conferenza dei servizi, convocata dalla Regione Lazio, chiamata a decidere sulla richiesta del permesso a costruire da parte dei privati (presentata nel 2012) che acquistarono il terreno dalle suore Alcantarine. I privati si avvalsero della Legge Regionale n. 21 del 2009, meglio conosciuta come il Piano Casa dell’era Polverini (quando Renata Polverini era Presidente di Regione Lazio).
La storia inizia addirittura nel 1963, quando le suore Alcantarine acquistarono, per 25 lire a metroquadro, il terreno di 4900 metri quadrati al fine di costruire una struttura di edilizia scolastica, un asilo per l’esattezza.
Successivamente, il terreno fu acquistato da alcuni privati che, nel 2012, fecero richiesta, sulla scorta del Piano Casa regionale, per costruire il fabbricato e tutto il resto, spodestando (legittimamente, si scoprirà in futuro) l’idea di una scuola per i più piccoli.
Una Conferenza di Servizi del gennaio 2013, presso la sede della Direzione Regionale Territorio e Urbanistica, csi chiuse con “parere di non ammissibilità” al permesso a costruire presentato dai privati acquirenti; poi, due anni dopo, a gennaio 2015, il Tar respinse il ricorso presentato dai privati contro la decisione di non ammissibilità. Sembrava fatta per il Comune, ma i privati presentarono ricorso al Consiglio di Stato che, nel gennaio 2016, diede loro ragione riformando la sentenza del Tar di Latina risalente al gennaio di un anno prima: “Ritiene il Collegio – scrivevano in sentenza i giudici di Palazzo Spada – che le Amministrazioni non abbiano sufficientemente approfondito il punto del se la destinazione a “servizi generali” di una significativa porzione dell’area possa giustificare l’intervento progettato, come aveva ritenuto in un primo tempo, in sede cautelare, il Tribunale regionale, che però è andato in contrario avviso, ma senza adeguata motivazione, con la decisione impugnata. L’appello è dunque fondato e va accolto, con annullamento della sentenza impugnata e, di conseguenza, accoglimento del ricorso di primo grado”.
E non era finita qui perché un ulteriore ricorso al T.A.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, era stato presentato il 9 marzo 2018 dai privati proprietari del terreno di Via Cesare Augusto, per il riconoscimento del danno subito, quantificato dai ricorrenti in quasi 1,5 milione di euro, in ragione dei ritardi causati dal Comune di Latina e dalla Regione Lazio per il permesso a costruire, corroborato dalla sentenza del Consiglio di Stato suddetta.
Il Tar di Latina, dunque, si è finalmente espresso e ha ritenuto inammissibile la richiesta di “risarcimento” milionaria avanzata dai tre privati proprietari del terreno e rappresentati dall’avvocato Giovanni Pascone (altra vecchia conoscenza di diverse amministrazioni pontine). I giudici amministrativi hanno accolto la tesi difensiva di Comune di Latina e Regione Lazio riguardo alla presentazione fuori tempo massimo del ricorso da parte dei tre privati: Cinzia Pepé Sciarria, Jamila Campagna e Angelo Polizzi.
Fatto sta che, al netto dell’ultimo ko in sede giudiziaria, i suddetti privati possono costruire un centro commerciale laddove avrebbe dovuto sorgere un asilo. L’aspetto più triste di tutta la lunga storia.
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