LATINA. IL PASTICCIO EDILIZIO: ARRIVA L’OK A UN CENTRO COMMERCIALE INVECE DELL’ASILO

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Comune di Latina

Latina – Sul terreno appartenuto alle suore Alcantarine potrà essere realizzato un fabbricato anche ad uso commerciale laddove avrebbe dovuto sorgere un asilo

L’annosa vicenda del terreno in Viale Cesare Augusto, angolo Via Ludovico Ariosto e Via Torquato Tasso, trova il suo epilogo con l’approvazione del parere favorevole alla realizzazione di “un fabbricato ad uso residenziale e commerciale”, compresi alloggi a canone calmierato, da parte della Conferenza dei servizi chiamata a decidere sulla richiesta del permesso a costruire da parte dei privati (presentata nel 2012) che acquistarono il terreno dalle suore Alcantarine. I privati si sono avvalsi della Legge Regionale n. 21 del 2009, meglio conosciuta come il Piano Casa dell’era Polverini (quando Renata Polverini era Presidente di Regione Lazio).

A rendere pubblica la decisione della Conferenza di Servizi decisoria, svoltasi il 4 dicembre scorso in Regione Lazio, che ha coinvolto la parte privata e il Comune di Latina, è una determinazione dell’ente di Piazza del Popolo che ha dovuto prendere atto della positiva (per i privati) svolta.

La storia inizia addirittura nel 1963, quando le suore Alcantarine acquistarono, per 25 lire a metroquadro, il terreno di 4900 metri quadrati al fine di costruire una struttura di edilizia scolastica, un asilo per l’esattezza.

Successivamente, il terreno fu acquistato dai privati che, nel 2012, fecero richiesta, sulla scorta del Piano Casa regionale, per costruire il fabbricato e tutto il resto, spodestando (legittimamente, si scoprirà in futuro) l’idea di una scuola per i più piccoli.

L’iter è stato molto lungo, così come ricostruito nella determina del 23 dicembre scorso, pubblicata ieri sull’Albo Pretorio del Comune di Latina e firmata dal dirigente di settore (Politiche e Servizio di Gestione e Assetto del Territorio) arch. Eleonora Daga.

Prima una Conferenza di Servizi del gennaio 2013, sempre presso la sede della Direzione Regionale Territorio e Urbanistica, che si chiude con “parere di non ammissibilità” al permesso a costruire presentato dai privati acquirenti; poi, due anni dopo, a gennaio 2015, il Tar respinge il ricorso presentato dai privati contro la decisione di non ammissibilità. Sembrava fatta per il Comune, a tal punto che, facilmente, si possono trovare in Rete, articoli che definiscono chiusa la vicenda. Ma non era finita proprio per niente, anche perché il problema di fondo è che il Comune di Latina ha avuto almeno trent’anni, dagli anni Sessanta fino ai Novanta quando poi il terreno passò in mano privata, per approvare il progetto dell’asilo che, invece, fu respinto (stiamo parlando di almeno un trentina di anni fa) e lasciato cadere dalle stesse suore che se lo videro rifiutare.

Forte di una certezza che si rivelerà errata, ossia che quei terreni fossero destinati esclusivamente ad edilizia scolastica, il Comune non aveva fatto i conti con coloro che avevano acquistato i terreni dalle suore. Perdenti in primo grado amministrativo, i privati presentarono ricorso al Consiglio di Stato che, nel gennaio 2016, diede loro ragione riformando la sentenza del Tar di Latina risalente al gennaio di un anno prima: “Ritiene il Collegio – scrivevano in sentenza i giudici di Palazzo Spada – che le Amministrazioni non abbiano sufficientemente approfondito il punto del se la destinazione a “servizi generali” di una significativa porzione dell’area possa giustificare l’intervento progettato, come aveva ritenuto in un primo tempo, in sede cautelare, il Tribunale regionale, che però è andato in contrario avviso, ma senza adeguata motivazione, con la decisione impugnata. L’appello è dunque fondato e va accolto, con annullamento della sentenza impugnata e, di conseguenza, accoglimento del ricorso di primo grado”.

Una mazzata per le Amministrazioni in questione, ossia Comune di Latina e Regione Lazio, sebbene la responsabilità maggiore sia delle varie amministrazioni di Piazza del Popolo che, negli anni, si sono succedute senza aver mai messo messo mano al problema urbanistico. Tolte ovviamente quelle amministrazioni che, al contrario, misero fin troppo il becco tra speculazioni e varianti imbizzarrite ai piani particolareggiati.
Tuttavia questo caso, ormai noto in città come “il terreno delle suore Alcantarine”, è epitome di un andazzo già visto per tante altre vicende del passato e del presente, alcune delle quali di recente dibattito. E si rivolge, sopratutto, a quegli amministratori di buona volontà (ce ne sono stati e ce ne sono) che, invece di adoperarsi per pianificare urbanisticamente, hanno lasciato che tutto rimanesse come era, in balia di ricorsi amministrativi, richieste legittime dei privati e mancanza di visione e decisione.

Con la beffa finale, però, almeno o anche per questo caso. Infatti, pende un ulteriore ricorso al T.A.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, presentato il 9 marzo 2018 dai privati proprietari del terreno di Via Cesare Augusto, per il riconoscimento del danno subito, quantificato dai ricorrenti in quasi 1,5 milione di euro, in ragione dei ritardi causati dal Comune di Latina per il permesso a costruire.

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