LATINA, LE FOIBE E IL RICORDO DI NORMA COSSETTO

Norma Cossetto
Norma Cossetto

La vicenda delle foibe è una delle pagine più strazianti della nostra storia, su cui è calato per quasi sessanta anni un vergognoso silenzio

Tra il 1943 e il 1947 vennero gettati nelle cavità carsiche, appunto le foibe, quasi diecimila italiani (sia vivi sia morti) dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia da parte dei partigiani comunisti del Maresciallo Tito: fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini.

È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico verso i non comunisti e una volontà criminale di pulizia etnica da parte di Tito. Il massacro prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia e le terre italiane di Istria e della Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia.

Il Maresciallo Tito
Il Maresciallo Tito

Se il massacro termina, il dramma continua.

Quasi quattrocentomila italiani si trasformano in esuli.

Sono costretti a fuggire: scappano dal terrore, lasciano ogni cosa e non hanno più nulla, ma non trovano in Italia una grande accoglienza.

La sinistra italiana li ignora, perché non può suscitare solidarietà chi fugge da un paese comunista e può tra l’altro essere lo scomodo testimone dell’atrocità comunista delle foibe e dei lager di Tito. Ma non è solo il PCI ad ignorare la tragedia delle foibe. La stessa classe dirigente democristiana, con tutti gli altri partiti del cosiddetto arco costituzionale, partecipa alla congiura del silenzio.

Una delle città che accoglie le persone in fuga dalla persecuzione è proprio Latina, la cui breve storia si intreccia quindi con il dramma degli esuli dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia.

Anche per tale ragione è stata particolarmente lodevole l’iniziativa assunta dal consigliere comunale Matteo Coluzzi poco più di due anni fa. A seguito di una sua mozione, il Comune di Latina ha intitolato il 10 febbraio 2018 (Giornata del ricordo delle foibe) un giardino a Norma Cossetto, studentessa universitaria istriana di nazionalità italiana uccisa dai partigiani comunisti nell’ottobre 1943.

Matteo Coluzzi
Matteo Coluzzi

Si tratta precisamente dell’area verde sita tra Via Cimarosa e Via Banchieri nel quartiere Nuova Latina (ex Q4). 

IL RICORDO DI NORMA COSSETTO

La vicenda della giovane Norma è emblematica delle atrocità commesse all’epoca dai comunisti ai danni degli italiani dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia.

La famiglia Cossetto viveva nella frazione di Santa Domenica di Visinada (oggi comune della Croazia) e il padre di Norma era un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista.

Norma si diplomò presso il Regio Liceo Vittorio Emanuele III di Gorizia, per poi iscriversi al corso di lettere e filosofia dell’Università di Padova, aderendo, nel frattempo, ai Gruppi Universitari Fascisti della più vicina Pola. A partire dal 1941 alternò lo studio a supplenze scolastiche.  

foiba
Foiba (foto d’archivio)

Nell’estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata Istria Rossa (il rosso del titolo è relativo alla terra ricca di bauxite dell’Istria) e, proprio per tale motivo, girava in bicicletta per i paesi dell’Istria, visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi che le consentissero di sviluppare la sua tesi di laurea.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la famiglia iniziò a ricevere minacce di vario genere finché il 25 settembre successivo un gruppo di partigiani jugoslavi e italiani razziò l’abitazione dei Cossetto.

Il giorno dopo Norma fu arrestata.

Qualche giorno più tardi il paesino di Visinada fu occupato dai tedeschi, cosa che spinse i partigiani a effettuare un trasporto notturno dei detenuti presso la scuola di Antignana, adattata a carcere. In tale luogo Norma Cossetto fu tenuta separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri dai suoi carcerieri, che abusarono di lei mentre veniva tenuta legata su di un tavolo.

Norma Cossetto

L’episodio della violenza carnale fu riferito da una donna abitante davanti alla scuola. Ecco le sue parole rivolte a Licia Cossetto, la sorella di Norma.

Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio dalla mia casa, che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei. Alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io

La notte tra il 4 e 5 ottobre tutti i prigionieri legati con fili di ferro furono condotti a forza a piedi fino a Villa Surani. Ancora vivi, furono gettati in una foiba nelle vicinanze.

Secondo la ricostruzione degli storici e giornalisti Arrigo Petacco e Gianni Oliva, nonché dello scrittore e saggista Frediano Sessi, prima di essere gettata nella foiba la ragazza fu nuovamente violentata e successivamente penetrata nella vagina con un oggetto di legno, rinvenuto sulla salma.

Arrigo Petacco
Arrigo Petacco

Quest’ultima agghiacciate circostanza risulta dalla testimonianza di Arnaldo Harzarich,  militare italiano Maresciallo di Terza Classe del 41º Corpo dei Vigili del Fuoco di Pola, che il 10 dicembre 1943 partecipò al ritrovamento dei cadaveri a Villa Surani.

Purtroppo la targa in ricordo di Norma Cossetto apposta nell’area verde di cui sopra è stata oggetto di atti vandalici, evidentemente da parte di individui che si ostinano a voler negare la Storia e che continuano a interpretare un sentimento anti italiano.

La lapide di Norma Cossetto a Latina vandalizzata nel 2018
La lapide di Norma Cossetto a Latina vandalizzata nel 2018

Infatti, è bene ribadirlo, la giornata del ricordo delle foibe (il 10 febbraio) dovrebbe essere vista e vissuta come un momento di unità nazionale.

“MAGAZZINO 18”

Un personaggio di spicco che sicuramente ha capito tutto questo è il cantautore romano Simone Cristicchi, tra l’altro notoriamente di sinistra.

Nel 2014 ha scritto un musical in collaborazione con Jan Bamas (giornalista e autore del libro “Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani”) dal titolo “Magazzino 18”, che ha rappresentato in vari teatri italiani.

Lo spettacolo racconta il dramma dell’esodo degli italiani dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia costretti ad abbandonare la loro terra e le loro case nel dopoguerra.

Il titolo del musical deriva dal nome (Magazzino 18) dell’edificio del Porto Vecchio di Trieste in cui sono tuttora conservati molti mobili e oggetti appartenenti agli esuli.

Dato il tema trattato, l’opera di Cristicchi non poteva fare a meno di parlare anche degli eccidi delle foibe. 

All’epoca il cantautore romano fu sottoposto ad attacchi molto duri, frutto di faziosità, arroganza e supponenza.

Ecco la risposta di Simone Cristicchi:

Da artista libero sono ormai abituato agli attacchi di chi non vuol vedere i chiaroscuri della storia. Con Magazzino 18 penso di aver fatto il mio dovere di artista, raccontando una pagina dolorosa e poco nota, e di aver reso agli esuli italiani dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia ciò che spettava loro da sessanta anni: la dignità della memoria.”

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