LA FAIDA ALBANESE TRA DROGA E VIOLENZA: L’ARRESTO DEI MILITARI DI APRILIA CHE EVITÒ UN OMICIDIO

Faida albanese tra due gruppi di narcotrafficanti: i 27 arresti eseguiti oggi 18 gennaio dai Carabinieri riportano anche alla provincia pontina

All’alba di stamani, il blitz antidroga a Roma dove i Carabinieri del nucleo investigativo di Roma e Frascati hanno arrestato ben 27 persone, dando esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale.

Al centro dei fatti criminogeni, due gruppi italo-albanesi in lotta per il controllo dello spaccio. Il capo di uno dei due gruppi, Elvis Demce, era vicino a Fabrizio Piscitelli detto “Diabolik”, l’ex ultrà della Lazio freddato freddato il 7 agosto del 2019 nel Parco degli Acquedotti a Roma e ritenuto un boss di alto livello capace addirittura di dirimere contrasti tra un gruppo di malavitosi ad Ostia e i Casamonica (per il delitto Piscitelli, lo scorso dicembre, è stato arrestato il presunto esecutore, Raul Esteban Calderon, che avrebbe ucciso per centomila euro in ragione di un regolamento di conti)

Secondo le indagini, i due gruppi di albanesi erano dotati di una solida struttura organizzativa e con la disponibilità di armi e pronti a far fuoco in caso di necessità. Entrambi i gruppi erano stabilmente impegnati nello smercio di consistenti quantitativi di cocaina e hashish destinati alle più fiorenti piazze di spaccio della Capitale e di Velletri.

Il gruppo di Demce si faceva la guerra con quello “velletrano” e dei Castelli di Ermal Arapaj detto “Ufo”, il cui nome non è nuovo nella lande pontine. Gestore di un “Compro Oro” è uno degli otto albanesi finiti in carcere con l’operazione della DDA di Roma denominata “Alba Bianca”, portata avanti e terminata dai Carabinieri di Aprilia e Cori lo scorso febbraio 2021. Un’inchiesta imponente con 104 capi d’imputazione a partita a febbraio 2019 con l’arresto di un pusher del gruppo.

L’attività di indagine – scriveva il gip del Tribunale di Roma Emanuele Attura nell’ordinanza di custodia cautelare a carico dei destinatari odierni – ha consentito di dimostrare l’esistenza di un’organizzazione, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, strutturata, stabile e organizzata in maniera verticistica, caratterizzata da ruoli delineati e operativa in Giulianello di Cori e Cori”.

Era a Cori che operavano i promotori del sodalizio dedito al traffico di cocaina. Si tratta dei tre fratelli di nazionalità albanese, Elton KananiAlgert Kanani e Alfred Belba (domiciliato a Napoli), veri e propri gestori dell’attività illecita: si occupavano, infatti, di mantenere i rapporti con i fornitori dello stupefacente, organizzavano la vendita della droga, controllavano la cessione della sostanza stupefacente da parte dei pusher e raccoglievano il denaro provento dell’attività di spaccio. Elton Kanani, dopo che una cliente di Cori fu fermata a Colleferro con la droga, era fuggito in Belgio per arrivare in Albania da dove continuava a gestire l’organizzazione criminale con il fratello Algert Kanani (sebbene sia finito in precedenza ai domiciliari: condannato e liberato con la sospensione della pena) e il fratellastro Alfred Belba. Il figlio di Elton Kanani, reclutato come spacciatore, fu arrestato a luglio 2019 per poi patteggiare la pena nel febbraio 2020.

I fornitori del gruppo erano altri due cittadini albanesi, il succitato Ermal Arapaj residente a Porto San Giorgio nelle Marche e Erald Kuka, pregiudicato residente a Velletri, mentre il capo zona della piazza di spaccio di Cori era stato individuato nell’altro albanese Klajdi Mata il quale, oltre a gestire i pusher, aveva il ruolo da intermediario tra i predetti fornitori e i vertici dell’organizzazione rappresentato da Elton Kanani, Algert Kanani e Alfred Belba. Gli altri arrestati sono il fratello di Klajdi Mata, Spiro, 22 anni, Juri Macali, residente a Cori, Ardit KapedaniVilajet Koci (domiciliari).

Tornando all’operazione odierna, l’indagine si è svolta sì a Roma ma la presenza tra gli arrestati di Arapaj restituisce un quadro di violenza probabilmente impensabile solo con l’operazione pontina di “Alba Bianca”. Va detto che Arapaj, nell’occasione degli arresti di febbraio 2021, si rese protagonista di un rocambolesco tentativo di barricasi in casa, in provincia di Fermo, nella Marche, dove nel frattempo era rifugiato da Velletri, sua città di residenza (leggi approfondimento di seguito).

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Dalle indagini dei Carabinieri del comando provinciale di Roma, coordinate dalla DDA, sono state, infatti, ricostruite le attività di queste due organizzazioni criminali attive sul mercato della droga al Prenestino e a Velletri. Proprio per il controllo della droga veliterna, le due bande sono entrate in conflitto. Il primo gruppo guidato proprio da Demce (finito anche nell’indagine per l’omicidio di Federico Di Meo detto “Federichetto” consumatosi a Velletri nel settembre 2015) e il secondo capeggiato da Ermal Arapaj, finito nell’inchiesta per l’omicidio di Cristian Di Lauro, avvenuto a dicembre 2017 quando fu trovato il suo corpo carbonizzato ad Artena.

maschera in lattice
La maschera in lattice trovata dai militari nell’abitazione dove si era barricato Arapaj

Per quanto ricostruito dalla DDA romana e dai Carabinieri di Frascati e Roma, la banda di Arapaj si riforniva nelle Marche (dove l’uomo dimorava quando è stato arrestato dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia), soprattutto di cocaina, in particolare da altri albanesi residenti a Sant’Elpidio a Mare, con appoggi però ai Castelli e sul litorale romano.

Fra i due boss, Demce (anche il suo gruppo capace di movimentare chili e chili di “coca”) e Arapaj, sorsero contrasti insanabili proprio per la gestione della piazza di Velletri e per altri interessi economici. Fu Demce, secondo i Carabinieri, a organizzare un agguato per eliminare Arapaj il 9 settembre 2020 a Lanuvio. Quest’ultimo, però, colse di sorpresa il commando preparato per lui e sparò per primo ferendo uno dei killer con un colpo d’arma da fuoco re riuscendo a scappare.

D’altra parte, Arapaj aspettava quell’attentato da tempo, dopo che erano state incendiate la sua villa e le sue auto, compresa quella della compagna, a Velletri. Ecco perché, Arapaj fuggì con la compagna in Spagna per poi fare ritorno in Italia e stabilirsi nella Marche, a Porto Sant’Elpidio, e progettare al controffensiva.

La vedetta nei confronti di Demce, però, non si è consumata proprio perché Arapaj è stato arrestato lo scorso 9 febbraio a Fermo dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aprilia in ragione dell’operazione “Alba Bianca”. Nella sua abitazione, fu trovata una pistola modello Steyr calibro 40 con matricola abrasa, un caricatore contenente 12 proiettili e una strana maschera in silicone che all’epoca fu ritenuta propedeutica a qualche rapina (vedi foto su). Oggi, invece, per gli investigatori di Roma non solo l’arma ma anche la maschera sarebbero serviti per compiere la vendetta contro Demce.

Gli inquirenti, con questi arresti, ritengono che la scia di violenze e omicidi per il controllo della droga di aree romane, litorale sud e parte dei Castelli possa essere stata bloccata. Una sequela di omicidi che ha visto cadere non solo Diabolik nel 2019, ma anche Shehaj Selavdi, detto “Simoncino”, ucciso sulla spiaggia a Torvajanica nel settembre 2020. Per questo delitto, sono stati arrestati il presunto killer di Diabolik, il succitato Calderon, e il romano Enrico Bennato.

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