LA DOPPIA RAPINA A BORGO MONTELLO: I SEGRETI E LE VOCI DI UNA COMUNITÀ ALL’OMBRA DELLA DISCARICA

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Strada Piano Rosso, Borgo Montello
Strada Piano Rosso, Borgo Montello

Le parole di Borgo Montello e Bainsizza sulla doppia rapina subita dal noto imprenditore agricolo che nel giro di due mesi ha subito due aggressioni

Stamani (5 novembre), tra Borgo Montello e Borgo Bainsizza, alla periferia di Latina, non si parlava d’altro. La rapina con aggressione ai danni dell’imprenditore agricolo “Tonino” è di quelle che già farebbero tremare le vene ai polsi in condizioni normali. A maggior ragione, ora, che lo stesso uomo ne ha subita un’altra praticamente uguale a quella che lo ha visto, suo malgrado, protagonista il 30 agosto scorso.

Legato e incappucciato nella tarda serata di martedì 3 novembre, segregato e picchiato il 30 agosto. Sempre dentro la casa in cui vive a pochi passi da dove vivono moglie e figli. Gli uomini, che in molti nel borgo, sono sicuri siano stranieri – romeni o dell’Est non fa differenza alla vulgata popolare – non erano degli improvvisati dei furti, degli scappati di casa del crimine.
Il 30 agosto, come oggi, “Tonino” è stato aggredito da professionisti che sapevano cosa fare e dove andare a parare.

Cercavano soldi? Al Bar Tabacchi Zamparo, nel cuore di Borgo Bainsizza, gli avventori della mattina sono convinti di sì, ma le voci perdono il loro tono da sicumera appena chiedi qualcosa in più e le facce di chi la sa lunga diventano, improvvisamente, quelle di bambini spauriti.

C’è chi parla di una delinquenza diffusa, ormai fuori controllo; c’è chi adombra strane relazioni sentimentali; c’è chi dice che se “uno subisce ‘sta cosa per due volte, qualcosa deve aver pur fatto“.

Sarà, fatto sta che “Tonino” non è uno sprovveduto, è un imprenditore che sa il fatto suo sia con i terreni che con le coltivazioni degli stessi. Un lavoratore. E a quanto pare, come ci riferiscono tutti i cittadini con cui parliamo, è uno che di soldi ne ha fatti tanti proporzionalmente alle invidie attirate.
E poi, come si conviene alla saggezza popolare frammista a un filo di malizia, “uno non può girare con tanti soldi”, “non può farsi vanto”.
Tuttavia, non è giustificabile per nessun uomo subire in poco più di sessanta giorni, in un momento storico che di problemi già ne dà tanti, due aggressioni di tale efferata violenza. Ma a qualche voce del borgo questo non importa: non si devono ostentare i quattrini altrimenti puoi ritrovarti i ladri in casa. Come fosse una punizione se non meritata, quantomeno cercata. Una logica terribile.

Per sapere chi sia Tonino, al lettore sarà sufficiente farsi un giro tra Bainsizza e Montello perché il 62enne è conosciuto da tutti e non citarlo, oppure puntarne il cognome, come nelle cronache locali, appare ai più un’ipocrisia. Un segreto di pulcinella nei tempi che viviamo dove la privacy si scambia spesso con la confusione e l’omertà. Noi, qui su Latina Tu, non faremo il nome dell’uomo non per questo pudore tutto giornalistico e poco veritierio ma perché Tonino, l’imprenditore agricolo, si lega a un’altra storia ben più grande e che probabilmente non c’entra nulla con le due rapine.

Stiamo parlando del cuore malato di Borgo Montello, ossia la discarica, quella per cui un prete, 25 anni fa, Cesare Boschin, fu legato alla stessa maniera di Tonino solo che lui adesso non può più parlare. Morto ammazzato come tutti, ormai, sanno. Un delitto impunito seguito da due inchieste della magistratura che non hanno portato neanche lontanamente vicino alla verità giudiziaria né tantomeno tout court.

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Ma che c’entra Tonino con la discarica? L’uomo fu menzionato in una informativa della Squadra Mobile di Latina, nell’ottobre 2013, come coinvolto nello sversamento illecito di rifiuti pericolosi negli invasi della discarica. Secondo le fonti confidenziali degli investigatori, D avrebbe incassato ottanta milioni di lire negli anni passati per il suo supporto. A quanto ricostruito nella citata informativa, il teste avrebbe effettivamente lavorato nel movimento terra all’interno della discarica di Borgo Montello per diversi anni. Particolari pesanti che non sono però oscuri o segreti ma risultano contenuti nella corposa (e pubblica) Relazione della Commissione Ecomafie bipartisan del Parlamento, chiusa a dicembre 2017 e firmata dall’ex Presidente Alessandro Bratti che costituisce una summa di decadi di storia non solo di tutti i rifiuti e le discariche del Lazio ma, soprattutto, per quel che ci interessa, di Borgo Montello.

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Tonino, in quella relazione, è il Teste D e per tale motivo preferiamo non citarlo per nome e cognome: i testimoni di quella commissione parlamentare, ascoltati per l’occasione a luglio 2016, sono menzionati con una lettera proprio per tenerli a riparo, anche se almeno uno di loro, quello più consapevole dei luoghi e tenace nella rincorsa alla verità, si è palesato in tante occasioni, anche pubbliche. Ne abbiamo quattro di testimoni escussi – A, B, C e D – e il Teste D, per l’appunto l’imprenditore agricolo picchiato e rapinato per ben due volte, fu chiamato in causa dal teste A, come persona informata rispetto al punto di interramento dei fusti.

Tuttavia, tra i quattro testimoni, il Teste D fu quello che non disse niente, anzi riferì che al massimo aveva scherzato. “Interrogato il 12 luglio 2016 – si legge nella relazione conclusiva della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (questo il nome per esteso) – su questo specifico punto, D ha sostenuto di non sapere assolutamente nulla sul punto e di aver riferito alcune cose al teste A in tono scherzoso e solo come mera ipotesi: “ricordo un episodio dove in effetti ci siamo ritrovati io [omissis] e altre persone, e in modo scherzoso io dissi che se c’erano dei fusti nella discarica questi dovevano stare nell’invaso realizzato successivamente a S0. Ma questa mia affermazione non era basata su alcuna mia conoscenza diretta o indiretta di conferimenti di fusti all’interno della discarica. Per me quelle erano solo voci come quella che la morte del prete era dovuta alla discarica“. 

Altra storia, altra vicenda, si dirà. Eppure ieri come oggi una certa dose di frustrata mancanza di verità rimane. Coloro che lo hanno rapinato, picchiato e persino, come due sere fa, depredato della sua auto, poi ritrovata bruciata insieme ad un’altra vettura servita alla banda per fare irruzione in casa sua, è probabile che fossero distanti mille anni luce dai fatti della discarica. Pare fossero in tre, travestiti col giubbotto della Polizia di Stato, e uno di loro sembrerebbe avere un accento napoletano. Insomma, gente pericolosa per cui molti dei Borghi, ora, si stringono attorno a Tonino che umanamente è molto provato. Chi non lo sarebbe?

Ma a più di qualcuno, nei borghi di Bainsizza e Montello, il rimando a quell’interrogatorio in Commissione Ecomafie, oggi, dopo la doppia rapina, inquieta e fa paura. Te lo dice chi è coinvolto nei fatti della discarica, chi ne soffre da anni, e chi anche per sentito dire parla e non parla.

Un mistero quello della doppia rapina in strada Piano Rosso, nel budello di strade che si raccorda tra Borgo Montello, Borgo Bainsizza e Castelverde a Cisterna.

Saranno gli investigatori dei Carabinieri e anche quelli della Polizia (la rapina di agosto è stata presa in carico da loro) a fare luce. Noi da semplici osservatori ci limitiamo a riportare l’apparenza e la soave complicità di una periferia, avvolta tra distese di serre, prati e anfratti oscuri, sia naturali che umani, dove a farla da padrone è un candore omertoso, reso ancora più inafferrabile dalla scenografia pandemica, proprio di tutte le periferie del mondo.

E mentre andiamo via, ci imbattiamo in quello che doveva essere Al Karama 2, su Via Monfalcone, ridotta a discarica di inerti lontana dalla mente di politici che vi si affacciano solo allo scoccare delle elezioni amministrative.

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