“JARS”, DEBITI DI DROGA E INVESTIMENTI DI SOLDI: PROSEGUE IL PROCESSO ALLA FAZIONE “FERRI-PANNONE”

Operazione “Jars”, è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati il gruppo di Fondi accusato di spaccio ed estorsioni

È ripreso davanti al III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, il processo che vede alla sbarra gli imputati coinvolti nell’operazione di Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina denominata “Jars”. L’indagine, arrivata agli arresti nell’aprile 2024, aveva messo in luce un quadro a tinte fosche per la città di Fondi tra spaccio di droga, violenza per il controllo del territorio tra bande, estorsioni, armi e attentati incendiari. Solo un antipasto a quella che è stata, a novembre scorso, l’altra imponente maxi operazione su Fondi che ha portato all’arresto del gruppo rivale, ossia quello capeggiato da Massimiliano Del Vecchio e Johnny Lauretti.

In seguito all’operazione di novembre, come noto, si è verificata una vera e propria svolta per le indagini sul narcotraffico fondano e pontino, in quanto ha deciso di collaborare con lo Stato uno dei due “capi”: per l’appunto Johnny Lauretti, detto “Cavallo Pazzo”, da anni nella malavita e capace di poter rivelare molti particolari importanti. Dopo il pentimento, proprio per capire la caratura criminale di Fondi, è stata bruciata la villa di Lauretti, con tanto di rogo ad auto e moto. Un fatto quasi sudamericano e ignoto alle latitudini pontine che testimonia il contesto criminale di Fondi e della provincia. Coinvolto anche in questo processo, derivante dall’operazione “Jars”, Lauretti, insieme ad Alberto Di Vito, difeso dagli avvocati Maurizio Forte e Oreste Palmieri, sarà giudicato col rito abbreviato davanti al primo collegio del Tribunale di Latina, a partire dal prossimo 23 aprile

Oggi, invece, il processo “Jars” è proseguito con la conclusione dell’esame del collaboratore di giustizia, Salvatore Iannicelli, pentitosi nel 2018. Il 35enne fondano è stato interrogato dal pubblico ministero Martina Taglione. Sul banco degli imputati, per l’operazione Jars, ci sono Alessio Ferri (47 anni), Andrea Pannone (detto Tyson, 51 anni), Marco Tuccinardi (detto Talco, 39 anni), Armando Ciccone (detto Ceppo, 37 anni), Marco Simeone (41 anni), Rocco Coppolella (detto zio Rocco, 52 anni), Francesco Paolo Petrillo (detto Pallino, 41 anni), Guido Quadrino (41 anni) e Roberto Salera (detto II muratore, 48 anni). Nutrito il collegio difensivo composto dagli avvocati De Federicis, Agresti, Cardillo Cupo, Porcelli, Vita, Signore, Tognozzi e Di Giuseppe. Gli imputati, sono accusati, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni.

Iannicelli ha puntualizzato altri episodi che hanno coinvolto il cosiddetto gruppo Ferri-Pannone. Tra di essi, l’estorsione a un barista indebitato per la droga. Un debito da circa 25mila euro per il quale sarebbe stato minacciato da Ferri e Salera. A ripianare l’insoluto, un altro appartenente al gruppo, non imputato, che per aiutare il barista, in realtà, in cambio, si sarebbe preso tutto l’esercizio commerciale. “Ferri e il Muratore dissero al barista che gli avrebbero spezzato le gambe”. Le minacce erano partite non solo per il debito di droga ma, in passato, perché l’uomo acquistava droga non dal gruppo.

Ad essere picchiato per lo stesso motivo (l’acquisto della droga da altri fornitori), anche Mirko Fiore che, prima di partire per il sud est asiatico poiché continuamente vessato, sarebbe stato picchiato da un altro membro del sodalizio, Marco Simeone: “Lo vidi, aveva il viso gonfio e un occhio rosso”. Tutti episodi che si collocano tra il 2018 e il 2019. Fiore avrebbe avuto il demerito di acquistare la droga da Luca Nardone, soggetto che non faceva parte del gruppo Ferri-Pannone.

Iannicelli ha riferito di aver avuto notizia di un altro pestaggio, sempre per fatti di droga, ai danni di un ragazzo di Lenola e contro un altro gestore di un noto bar di Fondi, reo di acquistare la droga in altri lidi. Aò barista sarebbe stato imposto di acquistare le sostanze e spacciarle. Vicende riferite al pentito, de relato, da un altro soggetto, sempre di Fondi.

“In città – ha spiegato il pentito, interrogato dal pubblico ministero – si spacciava nei pressi dell’anfiteatro e alla sala giochi”. A farla da padrone sarebbe stati i fratelli Belardino, non indagati e non imputati. Non solo droga perché il capo, Alessio Ferri, avrebbe espanso i suoi affari investendo i proventi: “So – ha detto il collaboratore di giustizia – che Alessio Ferri era diventato proprietario di Palazzauto, una concessionaria di Fondi. Era entrato come socio”.

Il processo riprenderà il prossimo 3 aprile quando le difese contro-esamineranno il collaboratore di giustizia, chiamato a ricordare fatti narrati agli inquirenti sei anni fa. L’indagine aveva messo in luce un aspetto rilevante nella città della Piana: la fazione Ferri-Pannone, un tempo egemone, era diventata soccombente nei confronti del gruppo di Del Vecchio. In mezzo, attentati e bombe che terrorizzarono al quiete di una città intera.

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