Octopus: le intimidazioni al mercato del pesce di Latina e Cisterna in nome di Giuseppe ‘O Marocchino D’Alterio, il ras del Mof di Fondi
Le indagini di Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Squadra Mobile di Latina hanno fatto emergere uno spaccato di minacce mafiose presso il mercato del martedì di Latina. L’imprenditore di Fondi Maurizio De Santis, arrestato oggi 9 settembre, poteva intimidire un suo concorrente non solo con aggressività e violenza che di per sé aveva, supportato dal dipendente Giuseppe Montella, ma anche perché poteva spendere la sua personale sicurezza: era un protetto di Giuseppe D’Alterio, il minturnese di Fondi.
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‘O Marocchino (così lo conoscono negli ambienti criminali), noto alle cronache giudiziarie da anni, invischiato in operazioni anti-droga e racket al mercato ortofrutticolo di Fondi, da tempo era in rapporti con i clan rom della città di Latina. Sin da quando scorrazzava nella “mala” Costantino “Cha Cha” Di Silvio (furono coinvolti entrambi nella maxi operazione anti-droga denominata Lazial Fresh) a cui D’Alterio “portava” rispetto. A tal punto che un chilo di cocaina “rubato” non diventava un problema se a sgraffignarglielo sotto il naso era un parente di Cha Cha.
A raccontarlo alla DDA è il collaboratore di giustizia Renato Pugliese, nonché figlio del suddetto “Cha Cha”: il rampollo allora affiliato al Clan Di Silvio si permise di prendere dai D’Alterio un chilo di cocaina senza pagarla. Evidentemente il rispetto dei D’Alterio, in particolare del capo famiglia ‘O Marocchino, era talmente grande che per quella “marachella” si poteva chiudere un occhio. O comunque ci si sarebbe potuti rivalere in altro modo, finora non ancora reso noto da radio-malavita.
Eppure D’Alterio non è uno che passa per caso, anche se il figlio di uno “zingaro” gli “leva” la polvere bianca come fosse una caramella: dopo gli arresti di alcuni uomini di clan che controllavano il Mof, è lui a diventare il re del Mercato di Fondi. A dimostrarlo l’indagine del 2020 denominata Aleppo II (leggi approfondimento a link di seguito).
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Rispettato dalla ‘ndrangheta dei Tripodo, dai clan di camorra del campano e dalle cosche sinti di Latina, il nome di D’Alterio non serviva solo a far abbassare la testa a qualche imprenditore o trasportatore del Mof ma arrivava anche a Latina, presso il tradizionale mercato del martedì.
È così che il titolare di un banco del pesce, originario di Terracina, alle minacce di un concorrente – per l’appunto l’imprenditore fondano, di nascita formiana, Maurizio De Santis – iniziò a provare paura perché sapeva chi sono i D’Alterio.
Lo scorso 22 ottobre 2020, la vittima vessata e ormai a terra per anni di soprusi e concorrenza sleale, ha così dichiarato agli investigatori: “Mi dissero che il banco vicino al mio, quello gestito da Maurizio De Santis era ormai dei D’Alterio e se io volevo continuare a lavorare avrei dovuto consegnare a loro una somma di denaro…Lo stesso Maurizio De Santis nello stesso periodo ha inveito in più occasioni nei miei confronti dicendo frasi del tipo “tu non sai chi sono io! “, “devi andare via di qui”, in più occasioni mi diceva “io sono coperto dai D’Alterio e tu non hai capito chi sono io“.
La conoscenza della caratura criminale di ‘O Marocchino emerge anche dalle dichiarazioni ancora più recenti rese dalla vittima in sede di assunzione di informazioni lo scorso novembre 2020: “Personalmente non conosco queste persone, non penso di averle mai viste in vita mia. So però chi sono, già il fatto che mi chiedete dei D’Alterio mi fa preoccupare, so che sono dei delinquenti di Fondi, dei criminali molto potenti che conosco di fama. Sapere che dietro ai miei problemi con De Santis ci sia D’Alterio il marocchino, m’incute paura. Da quando sono iniziati i miei problemi al mercato di Latina ho sempre temuto ritorsioni sia nei miei confronti che dei miei familiari, come temo per la mia azienda, proprio perché da subito è stato fatto il nome dei D’Alterio da parte dei due (ndr: Pugliese e Riccardo) che si presentarono per estorcermi del denaro e in qualche occasione dallo stesso De Santis“.
E ancora, sempre l’imprenditore di Terracina, pochi mesi fa, ad aprile 2021: “Prima dell’operazione denominata Alba Pontina si presentarono due soggetti che mi chiesero del denaro per poter lavorare presso il mercato di Latina, si tratta di Pugliese e Riccardo, i quali mi dissero che il banco gestito da Maurizio De Santis era dei D’Alterio e se avessi voluto continuare a lavorare avrei dovuto consegnare a loro una somma di denaro“.
‘O Marocchino, da uomo che sa stare nel mondo criminale, cerca prima il beneplacito del boss Armando Di Silvio, ritenuto all’epoca – siamo nel 2016 – colui che poteva dire sì o no a una estorsione o intimidazione da consumarsi a Latina. Come ha spiegato in un verbale Agostino Riccardo, ogni fetta di territorio a Latina e provincia è controllato da una famiglia a cui si deve chiedere permesso prima di compiere qualsiasi azione malavitosa: a Formia i Bardellino, a Fondi D’Alterio, a Latina i Di Silvio eccetera.
Il Ras fondano – lumeggiano gli inquirenti – si fa forza anche della sua caratura derivante da una sentenza che riconosce la sussistenza dell’aggravante mafiosa (si tratta di un procedimento datato 2015) tra le varie inchieste e processi che ha subito negli anni. Secondo lo Stato italiano D’Alterio è contiguo ad ambiente mafiosi e non manca occasione di ostentare i suoi trascorsi criminali, facendo riferimento anche a un giudizio di Cassazione in cui era imputato per reati di mafia.
Chiunque abbia a che fare con loro, i D’Alterio, ha paura, tanto da pensare di subire violenze o attentati incendiari. Non ha nulla da perdere – come riportano i magistrati – tanto che “non esita a dire che pianterà un coltello alla gola ad un soggetto inadempiente (ndr: strozzato in un racket di estorsioni a Fondi)”, rimandando a all’esito di una sentenza di Cassazione dopo la quale sarà arrestato. E non mancano in D’Alterio e nel suo clan-famiglia espressioni tipiche della camorra come “portare rispetto”, “infami”, “appendere alla ghianda” e l’augurio minaccioso di “buona salute”.
A descriverlo con acume è proprio il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo che, nel procedimento denominato Octopus, si è autoaccusato di un reato mafioso compiuto insieme a Pugliese (anche lui auto-accusato), D’Alterio e De Santis.
In due verbali resi alla DDA di Roma nel 2018, Riccardo racconta chi sono i D’Alterio.
Dopo aver premesso di essere appartenuto ai Di Silvio di Latina, il pontino ha parlato di ‘O Marocchino e della sua famiglia (composta dai figli Luigi e Armando e dal fratello Pasquale). Loro – ha detto Riccardo – “comandavano” su Fondi e dopo l’arresto di noti mafiosi e camorristi avevano conseguito il potere assoluto sul MOF. I D’Alterio operavano nel settore delle estorsioni e della droga e anche nel settore degli autotrasporti tramite una loro società denominata “LaSuprema”. Tutti gli imprenditori della zona di Fondi pagavano i D’Alterio, i quali non avevano neppure bisogno di fare minacce in quanto tutti avevano paura di loro conoscendone i trascorsi criminali e l’appartenenza a storiche famiglie camorristiche campane. I rapporti tra D’Alterio e la camorra erano comprovati dal fatto che gli stessi si recavano tranquillamente a scaricare la frutta in Campania cosa che non avrebbero potuto fare senza avere contatti con le famiglie di importanti camorristi.
Il loro potere, quello dei fratelli Giuseppe e Pasquale nella zona di Fondi, era dimostrato anche dal fatto che quando i Di Silvio, nell’ambito di una estorsione in danno di un caseificio di quella zona, hanno avuto bisogno di fare un’azione violenta contro l’imprenditore, Riccardo fu inviato a chiedere il permesso di agire proprio a Giuseppe e Pasquale D’Alterio, che in quella zona “comandavano”.
In quell’occasione, i Di Silvio, in un mondo vorace e parallelo, incaricarono Riccardo di verificare se, per caso, la vittima dell’estorsione fosse “sotto” i D’Alterio (cioè un loro protetto).
Quella volta non ci furono impedimenti. ‘O Marocchino, come un padrino – ricostruiscono gli inquirenti – dette il suo assenso dicendo, con termine gergale riferito all’imprenditore moroso, “magnatevelo”. Ecco perché – concludono i magistrati – tali dichiarazioni non fanno che confermare l’assunto accusatorio, in quanto descrivono i D’Alterio come una famiglia che esercitava, tramite una paura generata dalla appartenenza a noti ambienti camorristici, il controllo sul MOF anche attraverso attività propriamente estorsive.
Il padrino di Fondi era ed è questo e lo Stato può toccarlo fino ad un certo punto. Anche oggi, con il nuovo provvedimento agli arresti domiciliari, ‘O Marocchino le patrie galere non le vedrà. Pur gravato da numerose condanne e, prima di stamani, già detenuto ai domiciliari, D’Alterio rimane incompatibile con il carcere per comprovate ragioni di salute.