GUERRA PER LO SPACCIO A FONDI, NEL PROCESSO A GRUPPO FERRI-PANNONE ENTRA IL NEO-PENTITO JOHNNY LAURETTI

Operazione “Jars”, è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati il gruppo di Fondi accusato di spaccio ed estorsioni

È ripreso davanti al III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, il processo che vede alla sbarra gli imputati coinvolti nell’operazione di Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina denominata “Jars”. L’indagine, arrivata agli arresti nell’aprile 2024, aveva messo in luce un quadro a tinte fosche per la città di Fondi tra spaccio di droga, violenza per il controllo del territorio tra bande, estorsioni, armi e attentati incendiari. Solo un antipasto a quella che è stata, a novembre scorso, l’altra imponente maxi operazione su Fondi che ha portato all’arresto del gruppo rivale, ossia quello capeggiato da Massimiliano Del Vecchio e Johnny Lauretti.

In seguito all’operazione di novembre, come noto, si è verificata una vera e propria svolta per le indagini sul narcotraffico fondano e pontino, in quanto ha deciso di collaborare con lo Stato uno dei due “capi”: per l’appunto Johnny Lauretti, detto “Cavallo Pazzo”, da anni nella malavita e capace di poter rivelare molti particolari importanti. È di pochi giorni fa, proprio per capire la caratura criminale di Fondi, il fatto inquietante che in città è stata bruciata la villa di Lauretti, con tanto di rogo ad auto e moto. Un fatto quasi sudamericano e ignoto alle latitudini pontine che testimonia il contesto criminale di Fondi e della provincia. Un fatto, però, che nessuno dal mondo della politica ha voluto commentare. Segno della paura e dell’omertà che aleggia nel territorio pontino. Proprio Lauretti, peraltro, nel processo odierno, ha costituito il fatto di giornata. Andiamo per ordine.

Sul banco degli imputati, per l’operazione Jars, ci sono Alessio Ferri (47 anni), Andrea Pannone (detto Tyson, 51 anni), Marco Tuccinardi (detto Talco, 39 anni), Armando Ciccone (detto Ceppo, 37 anni), Marco Simeone (41 anni), Rocco Coppolella (detto zio Rocco, 52 anni), Francesco Paolo Petrillo (detto Pallino, 41 anni), Guido Quadrino (41 anni) e Roberto Salera (detto II muratore, 48 anni). Quest’ultimo è l’unico tra i nove imputati a non essere ristretto in carcere, trovandosi agli arresti domiciliari. Nutrito il collegio difensivo composto dagli avvocati De Federicis, Agresti, Cardillo Cupo, Porcelli, Vita, Signore, Tognozzi e Di Giuseppe. Gli imputati, a vario titolo, sono accusati, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni.

Oltre ai nove imputati, però, ce ne erano altri due, finora estranei. Alberto Di Vito, pusher della zona, molto vicino al gruppo dei fratelli Del Vecchio, e Johnny Lauretti che, da collaboratore di giustizia, è stato chiamato in giudizio dal Tribunale di Latina che ha proposto di riunire i due procedimenti penali: quello di Jars a quello in cui sono coinvolti Lauretti e Di Vito.

Johnny Lauretti, 45 anni, difeso dall’avvocato Valeria Maffei, era video-collegato dal sito riservato. È stato il pubblico ministero Martina Taglione, oggi in rappresentanza della DDA, a opporsi alla riunione del procedimento. Sia “Cavallo Pazzo” che Di Vito, nel procedimento che si vuole riunire, sono accusati in concorso di aver detenuto e importato armi da sparo, in particolare 3 pistole e un mitra, esplodendo colpi d’arma da fuoco, nell’ambito della guerra per il predominio dello spaccio nella Piana, contro Alessio Ferri, Marco Simeone, Guido Quadrino e Armando Ciccone.

L’avvocato Maffei non si è opposto alla riunione dei procedimenti, chiedendo però un termine a difesa per via della contestazione suppletiva formulata dal Pm Taglione sulla base di un interrogatorio reso proprio dal neo-pentito lo scorso 22 gennaio. Il legale chiederà che Lauretti sia giudicato col rito abbreviato.

Il pubblico ministero, dopo aver deposito attività integrativa di indagine, si è vista acquisire dal Tribunale il nuovo materiale. Infine, è stata stabilita una data, quella del 6 marzo prossimo, quando si capire se Lauretti e Di Vito saranno processati insieme ai nemici di sempre.

Dopo questa premessa non per niente irrilevante, che certifica, ove ce ne fosse bisogno, la collaborazione con lo Stato di Lauretti, l’udienza è iniziata con la richiesta degli avvocati Cardillo Cupo e Signore di espungere, nel momento in cui il perito procederà alle trascrizioni delle intercettazioni, i riferimenti di natura intima e sessuale di alcuni imputati.

Oggi, ad essere esaminato è stato il collaboratore di giustizia Salvatore Iannicelli il quale, insieme all’altro pentito, Alessandro Simonelli, ha avuto un ruolo importante nelle indagini sia per l’operazione Jars, sia per l’operazione che a novembre ha portato agli arresti del gruppo rivale di Del Vecchio- Lauretti. Anche in questo caso, il pubblico ministero ha deposito integrazioni sulla base degli interrogatori del 22 gennaio forniti alla DDA da Lauretti.

Iannicelli, imputato per reato connesso, ha ripercorso gli affari della droga del gruppo Ferri, le rivalità e guerra intestine al narcotraffico della Piana. Di particolare interesse è stato il racconto sul pusher Mirco Fiore, costretto a rifugiare in Thailandia, perché dopo aver comprato la droga da altro fornitore, si era visto scagliarsi addosso il gruppo di Ferri-Pannone tra minacce e intimidazioni.

Il pusher era arrivato a non uscire più di casa. Un sodalizio agguerrito quello di Ferri-Pannone che costrinse il giovane, tra l’aprile e il novembre 2018, a contrattare il suo ritorno a Fondi, in cambio di un pagamento in denaro e lingotti d’oro. Dopo un sequestro da 18 chili in capo al fratello di Fiore, lo stesso sodalizio comprese di non essere l’unico a rifornire di droga il pusher, tanto da minacciarlo di morte e costringerlo a espatriare nel sud-est asiativo. Per fare rientro a Fondi, il giovane pusher pagò la cifra di 20mila euro a Ferri, Pannone e agli altri due imputati, Marco Simeone e Francesco Petrillo. Ad essere pagato anche Domenico Tripodo, figlio del bosso Carmelo Tripodo, che fece da intermediario per placare la sete di vendetta del gruppo di Ferri.

D’altra parte, secondo gli inquirenti, fu una vera e propria battaglia per le piazze di spaccio di Fondi, anche con l’uso di armi da guerra (persino una mitragliatrice Uzi acquistata da un uomo vicino al clan ndranghetista Gallace trapiantato a Nettuno), quella tra il gruppo di pusher capeggiati da Jhonny Lauretti Massimiliano Del Vecchio, e i rivali agli ordini dei due promotori e finanziatori dell’associazione epr delinquere, Alessio Ferri (legato ad Aldo Trani, cognato dei fratelli Tripodo) e Andrea Pannone (un tempo collocato nel clan Zizzo). Personaggi che più o meno sono “protagonisti” del narcotraffico fondano da quindici anni a questa parte.

Leggi anche:
IL “SISTEMA” A FONDI: DROGA, ESTORSIONI E LEGAMI CON I CLAN. GLI ATTENTATI DEL 2021 PROVOCATI DA UNA FAIDA

Articolo precedente

BIOGAS A CORI, L’AMMINISTRAZIONE RISPEDISCE LE CRITICHE AL MITTENTE: “NESSUN IMPIANTO SI FARÀ”

Articolo successivo

CONTROLLI AL COLOSSEO DI LATINA: RIMPATRIATI 3 IRREGOLARI

Ultime da Giudiziaria