FATTURE FALSE PER 270 MILIONI, NEL PROCESSO BRESCIANO CONDANNATA PROFESSIONISTA DI TERRACINA

Tribunale di Brescia
Tribunale di Brescia

Emettevano fatture false per 270 milioni di euro, maxi evasione fiscale a Brescia: condannata la commercialista di Terracina

Verdetto diverso nel processo che si svolgeva al Tribunale di Brescia per due professionisti di Terracina, coinvolti nella maxi indagine della Guardia di Finanza di Brescia a gennaio 2021. Cristian Cicerani, difeso dai legali Pompei e Fornari, è stato assolto, mentre la commercialista Lucia Falova è stato condannata in primo grado dai giudici bresciani alla pena di 5 anni e 7 mesi.

A gennaio 2021 risultò dall’ordinanza che il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e la Tenenza di Pisogne della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brescia, avevano scoperto, presso uno studio contabile di Sirmione (Brescia), il centro di un complesso e articolato sistema volto alla creazione di falsi crediti tributari per diversi milioni di euro, che venivano ceduti ai clienti dietro il pagamento di un corrispettivo, al fine di compensare i debiti da loro maturati verso l’erario.

Tra i principali indagati: Fabio Nevio Cherin e Giovanna Ferlinghetti, dello studio sirmionese, e Luisa Franzoni, amministratrice dell’attività nonché figlia della Ferlinghetti. Tutti e tre finiti in carcere.

In provincia di Latina, furono disposte due misure cautelari – arresti domiciliari – nei confronti dei professionisti a TerracinaCristian Cicerani e Lucia Falova (coinvolta anche nell’inchiesta per reati tributari denominata “Take Over”).

Tra imprenditori e professionisti finirono in carcere Claudio Bonera, Raffaele Maffettone, Enrico Marzolla, Giuseppe Nesca e Mauro Rigamonti, considerato uno dei testimoni chiave. Ai domiciliari Massimo Battezzi, il noto imprenditore Alessandro Faustini, poi Giovanni Belfiore, Cleto Berardi, Antonino D’Amore, Filippo e Giacomo Di Virgilio, Luciano Galli, Cristian Grandi, Giorgio Indrio, Angela Moioli, Damiano Mussio, Michele Ruocco e Ettore Trepiccione.

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Cristian Cicerani, in passato, aveba ricoperto la carica di Presidente dell’Azienda Speciale. Commercialista, Cicerani fu nominato dall’allora sindaco Nicola Procaccini a capo dell’Ente Strumentale del Comune nel 2012. Per lui la vicenda giudiziaria si è conclusa con un lieto fine.

Cristian Cicerani
Cristian Cicerani

Le investigazioni dirette dalla locale Autorità Giudiziaria facevano seguito ad un’altra operazione di polizia giudiziaria, denominata “Evasione continua”, che, nel febbraio 2020, aveva portato all’arresto di 22 soggetti, disarticolando un similare sodalizio criminale volto alla perpetrazione di frodi fiscali. L’attività investigativa, che aveva visto il coinvolgimento di 104 persone fisiche e 126 società (tra “cartiere” e imprese realmente operanti) con sede in diverse province italiane – Brescia, Bergamo, Milano, Monza-Brianza, Torino, Pavia, Alessandria, Parma, Genova, Firenze, Roma, Latina, Salerno, Bari, Trapani -, aveva consentito di ricostruire il meccanismo illecito ideato e realizzato da professionisti bresciani, incentrato su un sistema di emissione di false fatture, ricorrendo a numerose società “cartiere” italiane e straniere, che ha permesso di creare crediti IVA e di ricerca e sviluppo, poi utilizzati da clienti consapevoli per compensare i propri debiti tributari.

In particolare, i professionisti coinvolti, con la preziosa collaborazione di sodali con precedenti specifici e disponendo di svariate società “cartiere” legalmente rappresentate da loro prestanome, fornivano alla clientela veri e propri “pacchetti fiscali” relativi:

  • all’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti;
  • alla vendita di crediti fiscali fittizi da utilizzare in compensazione mediante il meccanismo dell’accollo tributario (fino al 2017, ovvero fino a quando, con la risoluzione n. 140, l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante verso l’Erario);
  • alla compensazione di crediti fiscali fittizi con debiti tributari, ricorrendo a sofisticate operazioni di cessione di rami d’azienda di società “cartiere” ovvero di fusioni per incorporazione con le imprese interessate a ridurre la propria esposizione debitoria.

La capacità dei professionisti di ideare sempre nuove ed evolute forme di frode fiscale, tese ad aggirare le disposizioni introdotte di volta in volta per contrastare le pratiche evasive, aveva consentito di fornire “servizi fiscali” in grado di celare il meccanismo fraudolento posto in essere e di renderne più difficile l’emersione a favore di clienti disposti – pur di abbattere le imposte dovute – a versare un corrispettivo pari al 50% – 70% del valore nominale dei crediti tributari inesistenti. Oltre a questi “servizi fiscali”, il sodalizio criminale si occupava anche di “ripulire” i proventi illeciti delle frodi tributarie, attraverso il trasferimento di somme di denaro su conti correnti aperti presso istituti di credito maltesi, slovacchi, ungheresi e croati, a loro riconducibili, che poi venivano “monetizzati” da “spalloni”, per essere infine restituiti agli evasori fiscali, come è stato dimostrato in occasione del sequestro della somma di 230.000 euro eseguita dai militari della Guardia di Finanza nei confronti di due sodali di rientro dalla Slovacchia dove si erano recati per prelevare il denaro.

Un ruolo centrale nella ricostruzione delle movimentazioni finanziarie è stato fornito grazie alla stretta sinergia con le Autorità Giudiziarie straniere con cui è stata attivata un’efficace cooperazione giudiziaria, anche attraverso l’utilizzo dell’ordine europeo di Indagine che ha consentito alla Procura della Repubblica di Brescia ed ai militari della Guardia di Finanza di delineare l’estensione dell’attività riciclatoria realizzata dai sodali e la destinazione finale dei proventi illeciti. All’esito dell’indagine condotta era emerso che sono state emesse dagli indagati fatture per operazioni inesistenti per circa 270 milioni di euro, che hanno consentito di abbattere, complessivamente, un debito IVA per circa 47 milioni di euro ed evadere l’IRES per oltre 58 milioni di euro, oltre che di cedere crediti fittizi per 21 milioni di euro.

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