Si sono svolti gli interrogatori a carico di alcuni degli indagati nell’inchiesta Touch&Go coordinata dall’Antimafia romana e portata a compimento dai Carabinieri di Formia sulla cellula della camorra di Secondigliano che aveva preso il controllo del mercato della droga tra Scauri, parte di Formia e Gaeta fino a Cellole e Cassino: per ora tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ma non sono gli unici
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Quasi quattro anni di indagini, la richiesta di arresti inviata al Gip dalla Procura un anno fa, l’8 luglio 2019, e infine le manette scattate lo scorso primo di luglio. Questo è in sintesi l”iter di una storia di guappi e droga andata in scena sul lungomare di Scauri: una faida silenziosa, tra napoletani alla conquista della piazza di spaccio, autoctoni che all’inizio fanno resistenza e poi si affiliano (esemplificativa la parabola dei fratelli De Rosa prima “massaggiati” persino da attentati dinamitardi, poi fedeli agli Scotto collegati ai clan di Secondigliano), personaggi che non si fanno scrupoli di vendere la “bamba” (ndr: cocaina) anche a minorenni in cambio di sesso e l’emersione di una geografia criminale che da Castelforte, Santi Cosma e Damiano fino a Scauri passando per Formia e Gaeta (anche se quest’ultima è meno “raccontata” dall’indagine Touch&Go) conferma il grado di infiltrazione camorristica dei territori del sud pontino: citati nell’inchiesta gli Antinozzi/Mendico di Ss. Cosma e Damiano, il clan Gallo di Torre Annunziata, i Casalesi fazione Zagaria, la Nuova Gerarchia dei Casalesi di Perrone legato a Bidognetti.
Tutti insieme appassionatamente (per il loro lucro) a contendersi piazze di spaccio da Castelforte in su.
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Ad essere interrogati, fino ad ora, Marco Barattolo, 38enne di Formia, Diego Camerota, 35enne di Scauri, e Giuseppe Leone, 45enne di Formia. E prima di loro, i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, ritenuti i capi dell’organizzazione criminale, forti dei legami con i Licciardi e i Sacchetti/Bosco/Mallo, il formiano e dipendente di Formia Rifiuti Zero (ex Latina Ambiente) Giovanni Nocella che è accusato, tra le altre cose, insieme ai concittadini Leone (padre e figlio, Giuseppe e Francesco) di aver smerciato droga anche sull’isola di Ponza, e i minturnesi Danilo Clemente lo “sfrantummat” e Giancarlo Di Meo.
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Ad essere interrogato anche lo scaurese, Stefano Forte, detto “Fortone”, 46 anni, che nell’ordinanza, in più di un passaggio, viene descritto come il “luogotenente” degli Scotto. Un personaggio che non passa inosservato: per gli investigatori, insieme all’altro scaurese Diego “Baffone” Camerota, è il vero referente degli Scotto a Scauri. Inoltre, in una conversazione captata dagli investigatori, è “Fortone” stesso a riportare, raccontando dello scontro in atto con il ras della zona Giuseppe “Jeps” Fedele detto “o viecchio”, di aver avuto contrasti con Luigi Pandolfo, vicino al clan Antinozzi/Mendico di SS. Cosma e Damiano, il quale gli avrebbe detto a chiare lettere: “se non sei caduto è solo per rispetto di tuo cognato“. Che altro non è se non l’ex consigliere di Regione Lazio con Forza Italia e attuale dirigente dell’Asl di Latina Romolo Del Balzo (non indagato).
Fortone, a quanto riportano gli investigatori, pare non essere uno qualunque: persino in società con un’altra persona, Vittorio Ateniese, in una cooperativa per l’accoglienza immigrati. Pertanto, non solo un luogotenente dello spaccio organizzato dai secondiglianesi, ma uomo addentro al tessuto imprenditoriale del territorio. A testimonianza di ciò ci sono altre sue intraprese del passato con partecipazioni in immobiliari e società di servizi.
Ad ogni modo, che sia “Fortone” o siano gli Scotto, tanto Mimmo quanto Lello, tutti davanti al gip, nel rituale interrogatorio di garanzia, sono rimasti in silenzio. Un tacere che in realtà è specchio rotto della paura che ancora lumeggia sul lungomare di Scauri dove in pochi commentano e dove la politica cittadina, a parte il comunicato di prammatica istituzionale del Sindaco Gerardo Stefanelli, e l’attacco a quest’ultimo dell’esponente di Fratelli d’Italia Marco Moccia, tace, muta come i pesci del litorale.
Senza contare che Stefanelli, a febbraio 2019, chiamato dalla Commissione antimafia regionale a relazionare sulle infiltrazioni camorristiche nel suo paese, neanche si presentò, spedendo uno stringato comunicato letto da un suo delegato. E anche Moccia, che comunque ha il merito di aver spezzato un de profundis imbarazzante tra i politici del territorio, ha parlato di ronde cittadine contro gli svaligiatori della notte. Bene, solo che qui non si parla di ladri, ma di gente che andava a nozze con droga e camorra.
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