ESTORSIONE AL RISTORATORE: CASSAZIONE CONFERMA CONDANNE A PUPETTO E SAMUELE DI SILVIO

Ferdinando Pupetto Di Silvio e Samuele Di silvio
Ferdinando Pupetto Di Silvio e Samuele Di Silvio

Estorsione al ristoratore a Sermoneta Scalo: la Cassazione respinge i ricorsi della difesa e conferma le condanne con aggravante mafiosa a Samuele e Ferdinando detto “Pupetto” Di Silvio

Il 7 novembre 2019, la corte d’Appello di Roma non aveva ritenuto di confermare l’aggravante del metodo mafioso nei confronti dei fratelli Di Silvio, Samuele e Ferdinando detto “Pupetto”, quelli che, per orientarci nell’universo variegato dei clan sinti, erano considerati ai vertici del clan capeggiato dal padre Armando “Lallà” Di Silvio sgominato con l’operazione Alba Pontino (giugno 2018).

Condannati in primo grado per l’estorsione (avvenuta a tra agosto e settembre 2016) con l’aggravante mafiosa nel gennaio 2019, Samuele a 8 anni, Pupetto a 9 annil’Appello aveva quasi dimezzato loro la pena diminuendola fino a 5 anni di reclusione per entrambi.

Inn seguito, a ottobre 2021, erano arrivate le condanne in via definitiva, con aggravante mafiosa per entrambi, per il processo madre scaturito dall’operazione “Alba Pontina”, di cui l’estorsione al ristoratore a Sermoneta Scalo costituiva l’episodio da cui iniziarono le collaborazioni con lo Stato di Renato Pugliese e, poi, di Agostino Riccardo, e in generale dell’inchiesta succitata “Alba Pontina”: per Samuele 11 anni e 10 mesi, per “Pupetto” 10 anni e 8 mesi.

Ad ogni modo, per l’estorsione al ristoratore a Sermoneta Scalo, ex dipendente del Latina Calcio, a febbraio 2021, la Cassazione aveva accolto il ricorso della Procura generale di Roma contro la sentenza emessa il 7 novembre 2019 dalla Corte d’Appello di Roma. Il ricorso era stato presentato proprio per il mancato riconoscimento dell’aggravante mafiosa. La Corte Suprema aveva ordinato quindi alla Corte d’Appello di Roma specificando che gli autori dei fatti – i due Di Silvio, Pugliese e Riccardo (questi ultimi due giudicati e condannati separatamente) – “agirono in gruppo e precisamente in quattro persone, obbligarono la persona offesa ad incontrarli in un luogo appartato ed al di fuori dalla visione di altri, erano soggetti di cui la persona offesa conosceva l’inserimento in contesti criminali operanti nella città di Latina e di cui aveva appreso leggendo le cronache locali, fecero espresso riferimento ad un grave fatto di sangue (ndr: Pupetto disse alla vittima di essere quello che aveva sparato ad Alessandro Zof) di cui reclamarono essere stati autori, poi risultato essere avvenuto nell’ambito di conflitti tra diverse bande criminali, Di Silvio Samuele fece espresso riferimento alla notorietà del gruppo cui appartenevano ed alla natura della loro famiglia”.

Nel giudicarli di nuovo, la Corte d’Appello, a maggio 2021, aveva condannato i due fratelli Samuele e Pupetto a sette anni ricomprendendo, stavolta, come nel primo grado, l’aggravante mafiosa.

Su quella pronuncia, la difesa aveva fatto ricorso in Cassazione la quale ha respinto, il 10 febbraio 2022, le istanze confermando definitivamente la condanna a sette anni per entrambi. Quasi in concomitanza, come noto, uno dei due imputati, Samuele Di Silvio, è stato trovato morto nel carcere di Agrigento dove già scontava la pena scaturita da Alba Pontina: il giovane è morto per un arresto cardio-circolatorio in circostanze non del tutto chiarite il 15 febbraio scorso. Un fatto difficilmente collegabile con la pronuncia della Cassazione nello stesso mese dal momento che comunque la condanna non poteva trasformarsi in assoluzione né in sede di Corte di Appello chiamata meramente a ricalcolare la pena né in Cassazione che improbabilmente avrebbe potuto ribaltare una sentenza già pronunciata in tre gradi giudizio.

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