Beni confiscati alla camorra a Roma affidati a un fondo cipriota riconducibile a due personaggi coinvolti nel processo “Arpalo”
La confisca, avvenuta a dicembre 2020, è stata imponente, per un valore di 300 milioni di euro: 52 società, 20 imprese individuali, una quota societaria, 34 immobili, 6 autoveicoli, 19 rapporti finanziari e numerosi orologi e preziosi. I beni erano di proprietà di personaggi coinvolti nell’operazione Babylonia datata 2017: si tratta di Gaetano Vitagliano e Andrea Scanzani. Bar come il “Mizzica!” di via Catanzaro 36 e di Piazza Acilia, acquisiti dal gruppo Vitagliano, o il “Macao” di via del Gazometro frequentato dai vip della movida romana e la catena di bar “Babylon Cafe”.
L’operazione Babylonia colpì un sodalizio fondato da appartenenti alla camorra vicini al clan scissionista dei Mazzarella e uno pugliese della Sacra corona unita, con a capo il defunto Giuseppe Cellamare. Gli arresti, come riportano le cronache di quattro anni fa, interessarono due “associazioni”: una con base a Monterotondo (in provincia di Roma), l’altra estesa in tutta Roma dedita al reinvestimento di capitali in attività commerciali e immobiliari.
Processualmente, per Vitagliano e Scanzani, l’esito è stato favorevole. Arrestati su richiesta della DDA di Roma, entrambi sono stati assolti in Appello dall’aggravante mafiosa. Vitagliano condannato a 4 anni per riciclaggio, Scanzani assolto da tutti i reati.
Ora, però, in merito alla confisca che è stata concretizzata ed eseguita dalla Guardia di Finanza di Roma, Il Fatto rivela almeno due particolari rilevanti e inquietanti ricostruendo il filo delle assegnazioni di quei beni e scoprendo che alcuni degli affidatari sono riferibili a un fondo cipriota al cui interno, in posti apicali, ci sono due persone sotto processo per reati importanti quali bancarotta fraudolenta e riciclaggio.
Andando a ritroso nelle scatole societarie, il giornale diretto da Marco Travaglio rivela che nell’elenco delle 40 società da riassegnare dopo le operazioni Babylonia e Babylonia 2, ce ne sono 21 che interessano la Compendi Riuniti srl. Il 16 febbraio 2021, infatti, il Tribunale di Roma ha autorizzato gli amministratori giudiziari a “procedere alla sottoscrizione dei contratti di affitto di azienda contenenti l’opzione di acquisto”.
DI SOCIETÀ IN SOCIETÀ – La ricostruzione viene fatta attraverso semplici visure camerali che svelano che la Compendi Riuniti srl è stata costituita l’11 febbraio 2021 ed è partecipata al 100% dalla Ristrutturazioni Industriali Riunite Spa. Quest’ultima società, nata il 9 dicembre 2020, è stata rilevata per l’80%, dopo una settimana dalla sua costituzione, dalla Nio Job Capital Invest Ltd controllata dalla Nio Global Fund Limited. Entrambe non sono altro che fondi di investimento basati nella capitale dell’isola di Cipro, Nicosia, più volte finita all’attenzione di inchieste giornalistiche e istruttorie europee per “vivacità” in termini di società sospette e riciclaggio.
Ed è proprio nella Nio Global Fund Limited, la società all’inizio della filiera di società che hanno opzionato l’acquisto dei beni confiscati alla camorra, che tra i direttori spunta un uomo che non passa inosservato alle latitudini pontine: si tratta di Max Pietro Maria Spiess (figlio di Giangiorgio Spiess, lo storico storico avvocato di Licio Gelli in Svizzera) destinatario nel 2018 di una misura agli arresti domiciliari disposta dal Tribunale di Latina, su richiesta dei sostituti procuratori della Procura di Latina Luigia Spinelli, Claudio De Lazzaro e Giuseppe Bontempo.
L’inchiesta che lo vedo sotto processo è la nota “Arpalo”, l’operazione eseguita dallo SCO della Polizia di Latina e dalla Polizia tributaria della Guardia di Finanza, che terremotò e mise fine al complesso sistema creato dall’ex deputato di Fratelli d’Italia Pasquale Maietta tra cooperative false, giri di soldi che andavano in Svizzera per tornare puliti in Italia e rapporti opachi con Costantino “Cha Cha” Di Silvio e il suo sodalizio, ossia quello dei Travali. Nel processo Arpalo, i rapporti con il clan di origine rom non rientrano (anche se sono stati chiamati a testimoniare gli ex affiliati, ora pentiti, Renato Pugliese e Agostino Riccardo), ma a farla da padrone sono quelli che la Procura di Latina ha ritenuto essere i marchingegni di natura fiscale, tributaria ecc. che hanno interessato anche la squadra del Latina Calcio, di cui Maietta, come noto, fu Presidente.
Spiess è alla sbarra nel processo Arpalo per bancarotta in quanto controllava la Smc Trust, ereditata dal padre e alla quale Maietta si sarebbe rivolto per portare a compimento le operazioni illecite connotate da un imponente flusso di denaro.
Ecco, allora, che la Smc Trust, secondo la ricostruzione camerale de Il Fatto, avrebbe una “parente cipriota”, strettamente legata: la Smc Med Trustees (Cy) Ltd, che compare nelle visure dei fondi Nio Job e Nio Global, ossia le società a cui ora il Tribunale di Roma vuole affidare i beni confiscati alla camorra.
NON SOLO SPIESS – C’è di più perché tra i direttori della Nio Global c’è anche Augusto Bizzini, anche lui con interessi del Smc Trust Group di Spiess, e, come quest’ultimo, posto agli arresti domiciliari nell’operazione Arpalo, accusato dalla Procura di Latina di riciclaggio transnazionale. Bizzini è a processo proprio come Spiess, Maietta e tutti gli altri.
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