Operazione Gordio: oltre un secolo di condanne per 13 dei 15 imputati alla sbarra nel processo per il traffico di droga che aveva come quartier generale Partinico. Tra i condannati anche il narcotrafficante originario di Priverno Pietro Canori
A giudizio, a Latina, nel processo scaturito da un’altra grande operazione anti-droga denominata Ade, il 74enne di Priverno, Pietro Canori, assistito dall’avvocato Gianmarco Conca, è stato condannato dal Tribunale di Palermo. Il processo è scaturito dall’operazione “Gordio” che fece emergere, nel 2021, intrecci tra mafia e narcotraffico con la supervisione dei boss a gestire lo smercio di droga.
La sentenza, così come il Riesame dopo gli arresti, però ha escluso per tutti gli imputati l’aggravante mafiosa, mentre è rimasta in piedi l’accusa del traffico di droga con intrecci e accordi tra Partinico e la famiglia romana dei Casamonica. Tra i condannati, per pene che sono arrivata anche ai 21 anni per Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà, anche Pietro Canori che ha rimediato una condanna a 9 anni di reclusione. Il pubblico ministero Bruno Brucoli aveva chiesto una pena a 16 anni di reclusioni per Canori che dovrà pagare anche una multa da 60mila così come deciso dal collegio del Tribunale, presieduto dal giudice Vincenzo Terranova.
A luglio 2021, infatti, aveva toccato anche la provincia di Latina la maxi operazione anti-droga congiunta tra Dia e Carabinieri (furono due le operazioni, denominate rispettivamente “Gordio” e “Pars Iniqua”), sotto il coordinamento della DDA di Palermo.
A risultare tra i coinvolti spuntò un nome noto agli ambiente criminali pontini: si trattava dello storico esponente del narcotraffico per l’area dei Monti Lepini, Pietro Canori che, insieme ad altri personaggi della ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno e trattando direttamente con l’affiliato a Costa Nostra Michele Vitale, avrebbe rifornito di cocaina la cosca siciliana mafiosa dei cosiddetti “Fardazza”/Vitale” di Partinico, recandosi per di più, pur avendo la “malaria” (come dice in un’intercettazione, intendendo di essere attenzionato dalle Forze dell’Ordine), in un’occasione nella villa del suddetto boss Vitale ristretto agli obblighi di soggiorno in Sicilia. I referenti del sodalizio con i quali maggiormente si sarebbe relazionato Canori erano Rita Santamaria e Salvatore Leggio.
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Dopo l’arresto, il Tribunale del Riesame di Palermo, dopo aver accolto il ricorso dell’avvocato di Canori, Giammarco Conca, aveva deciso per il 71enne la misura più lieve degli arresti domiciliari e del braccialetto elettronico.
Sia a Canori che a Carocci e Antonacci (gli altri due pontini coinvolti nelle operazioni che hanno colpito prettamente personaggi di origine siciliana e calabrese) venivano contestatati l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga e il concorso esterno nell’associazione mafiosa, avendo rifornito di stupefacente due delle cinque organizzazioni criminali smantellate dalla DDA palermitana.
Per Canori e tutti gli altri è caduta l’accusa di concorso esterno alla mafia e l’aggravante sull’ingente quantitativo di droga.
Canori, volto noto nel campo del narcotraffico pontino, già nella lista dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia, era stato arrestato anche a dicembre 2019 dagli agenti di Polizia di Terracina. Mentore di altri narcotrafficanti pontini, stava già scontando una condanna per spaccio