DISCARICA IN PROVINCIA: SEZZE E SERMONETA DICONO NO, LATINA DORME. L’OPPOSIZIONE: “SÌ ALL’INCENERITORE”

L'area indicata dal Consorzio Roma-Latina dove realizzare al discarica di servizio. Si teova al confine nell'agglomerato industriale di Pontinia, zona Plasmon nel Comune di Latina
La zona indicata dal Consorzio Roma-Latina dove realizzare la discarica di servizio: si trova al confine tra Pontinia e Latina, nell'agglomerato industriale di Pontinia. La zona è quella della Plasmon, area compresa nel Comune di Latina

Entro il 27 luglio, alle ore 12, devono arrivare alla Regione Lazio le osservazioni sul piano regionale dei rifiuti che andrà alla Pisana il 28 luglio

A ricordarlo è Giorgio Libralato, tecnico, consulente del Comitato di Via Monfalcone nel processo sulla falda inquinata della quarta discarica d’Italia e da sempre attentissimo alle sorti dell’ambiente e dei rifiuti in provincia di Latina: a brevissimo entrerà nel vivo la discussione del Piano Rifiuti di Regione Lazio, un testamento che potrebbe influenzare il futuro delle prossime decadi per quanto riguarda la monnezza a Latina e nelle altre province del Lazio. Non proprio una robetta da avanspettacolo, solo che nessuno se ne interessa. Ma se i cittadini hanno altro a cui pensare sfiancati dalla crisi Covid, il problema è che anche i politici latinensi (in particolare quelli che siedono in consiglio comunale a Piazza del Popolo) sembrano non aver contezza che tutto sta spingendo verso ciò che nessuno desidera: una nuova discarica a Latina.
E sì perché non è che dalla conferenza dei sindaci della provincia (chiamiamola così, anche se ha cambiato diverse volte il nome: da ultimo il cosiddetto comitato ristretto dei sindaci) siano arrivate alcune indicazioni ufficiali sui siti dove ubicare gli impianti per i rifiuti. Con l’eccezione del Presidente della Provincia di Latina che qualche concessione l’ha fatta aprendo prima allEx Mira Lanza per la discarica (Mesa di Pontinia) e poi, addirittura, immaginando una molto futuribile confisca, all’impianto Sep, sempre a Pontinia, per il compost, profilando un controllo pubblico, con dentro un rappresentante dei comitati che lottano da anni contro l’ex struttura della famiglia Ugolini. Una cortocircuito di fatto.

Come noto, l’Ato (ambito territoriale ottimale) in pectore, o meglio la provincia di Latina, deve indicare alla Regione Lazio, tramite l’intesa di tutti e 33 i sindaci del territorio pontino (si è richiesto di tenere fuori Anzio e Nettuno, diversamente dall’Ato dell’acqua che comprende anche Comuni fuori provincia) almeno una discarica che raccolga gli scarti di lavorazione (la chiamano discarica di servizio o di inerti) e due impianti compost che lavorino l’umido in modo da garantire l’autosufficienza del ciclo dei rifiuti.

Tradotto: la provincia di Latina deve produrre i suoi rifiuti per poi poterli smaltire nelle lande del suo territorio; lo stesso devono fare Frosinone, Viterbo, Rieti e Roma. Anzi, soprattutto Roma, perché è la Capitale che ha i problemi maggiori da questo punto di vista, considerando che a Latina ci sono impianti, come quello di Rida ad Aprilia, che sono bestioni i quali hanno una capacità potenziale di trattare rifiuti ben oltre le necessità del territorio pontino.

Ma c’è di più, ed è una contraddizione. È vero che nel territorio pontino si devono indicare impianti e discarica, ma allora come mai rimangono in piedi richieste di autorizzazioni da parte di privati che operano in provincia rivolte alla Regione Lazio? Sia Indeco che Ecoambiente a Borgo Montello – le due società che ne gestiscono gli invasi – chiedono di poter ancora lavorare con nuovi metri cubi di rifiuti, così come la succitata Rida Ambiente, senza contare che è sufficiente sfogliare l’Albo Pretorio della Provincia di Latina per apprendere dello zampillare di impianti di biogas, biomasse, smaltimento o recupero rifiuti, grandi o piccoli, che crescono come i funghi sul territorio pontino: Pontinia e il nord della provincia ne sanno qualcosa.

Basti pensare che l’impianto compost nella zona industriale di Mazzocchio a Pontinia, quello che secondo le Procure di Latina e Roma produceva prodotto non conforme – che ammorbava campi del circondario e nasi e corpi dei cittadini tra Pontinia, Priverno e persino Sabaudia – ha ricevuto da non molto un finanziamento ministeriale da quasi due milioni di euro per andare avanti. Dice: ma non era sequestrato dall’Antimafia? Sì, solo che c’è un amministratore giudiziario che si oppone persino alle richieste di accesso agli atti recapitate dai cittadini della zona al Ministero dello Sviluppo Economico per avere un po’ di chiarezza sul destino dell’impianto un tempo della famiglia Ugolini (che siamo certi lotterà sino all’ultima carta bollata per riaverlo indietro).

Ma al di là della lunga premessa, di cui forse il lettore avrebbe fatto a meno, è utile ricordare che per quanto riguarda la madre delle scelte, ossia dove piazzare la nuova discarica di Latina, qualche settimana fa vi abbiamo dato notizia delle indicazioni rivolte dal Consorzio Roma-Latina alla succitata conferenza dei sindaci.

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Allorché il Presidente della Provincia Carlo Medici, di suo pugno, ha scritto una lettera all’Assessore al Ciclo dei rifiuti regionale Massimiliano Valeriani per dire che, in sostanza, erano quattro le aree in ballo per la discarica: Cisterna, Sezze, Sermoneta e Latina.
Cisterna, al netto dei balletti semiseri del Sindaco Carturan (si è dimesso da primo cittadino, senza che nessuno ci credesse), ha già acconsentito a uno dei due impianti di compost previsto dal piano provinciale dei rifiuti.
Sezze prima e Sermoneta poi, tramite i loro consigli comunali, hanno già votato con atti pubblici che non si prenderanno proprio neanche un rifiuto: una discarica neanche a parlarne.

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L’unico consiglio comunale silente rimane quello di Latina, di solito molto lento, tipo bradipo, a comprendere la portata delle questioni (non ce ne vogliano i singoli consiglieri che individualmente saranno anche aquile, solo che l’assise è un corpo unico e si deve ragionare di gruppo); e allora, al netto di rumors, pettegolezzi e imbeccate: ai consiglieri comunali di Latina sta bene che il Consorzio Roma-Latina abbia indicato un’area da 140mila metri quadrati, suppergiù dove si trova la Plasmon, per piazzare la discarica? Ecco, battano un colpo, senza farsi ossessionare dal monopolio dell’informazione, e con la consapevolezza che Latina città ha ospitato per oltre 40 anni una Bestia a Borgo Montello che ha dato da mangiare anche a quelli resi noti in tutto il mondo da “Gomorra” di Roberto Saviano o da libri non famosi quanto quello, ma altrettanto puntuti, come “Pascià” di Salvatore Minieri. Senza menzionare documentari, analisi e una “sciocchezzuola” come una imponente Relazione della Commissione Ecomafie del Parlamento italiano che basterebbe leggerne 10 righe per capire che la denominazione “Monte Inferno” applicata alla discarica di Borgo Montello dal potente documentario di Patrizia Santangeli è un pallido eufemismo.

Latina Tu lo ha provato a chiedere ai maggiorenti della Lega, presenti due consiglieri comunali (Valletta e Carnevale), se avevano voglia di impegnarsi a non lasciare che Latina fosse terra ospitante di una nuova discarica.
Ci saremmo aspettati che, da opposizione, avessero fatto come a Sezze e Sermoneta: una mozione da votare in Consiglio Comunale per dire no. E lì si che sarebbe cascato l’asino: anche perché i consiglieri ellebiccini come farebbero a votare contro?

Ma i leghisti, tramite il consigliere regionale Angelo Orlando Tripodi, hanno perso un’occasione per mettere in difficoltà la maggioranza (come dovrebbe fare, senza mezzucci, ogni opposizione di questo mondo) e hanno risposto in un modo che è peggiore della opzione discarica: “vogliamo il termovalorizzatore di ultima generazione“. E ci mancava l’inceneritore a Latina così siamo a posto (vedi video sotto al minuto 44:45). Da Monte Inferno a Brucia Inferno.

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