Scatta un’altra interdittiva antimafia nei confronti di un’azienda che si occupa di smaltimento di grassi animali grezzi
È la Industrie Proteine Laziali Group Produzione srl, una società dal fatturato milionario, a venire colpita dall’interdittiva antimafia disposta dal Prefetto di Latina, Maruzio Falco, dopo i rilievi e gli accertamenti dei Carabinieri del Nucleo Investigato di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise.
La società, che ha sede in uno studio di un commercialista a Latina, è stata considerata dai militari dell’Arma a rischio infiltrazione camorristica, in quanto il tenutario delle quote di maggioranza (90%) ed ex amministratore della società, sarebbe collegato al clan Moccia. Si tratta del 49enne Pietro Chirico, che ha dismesso la sua carica di amministratore ad aprile, pur conservando le quote.
Ad aprile 2022, i carabinieri del Ros avevano eseguito misure cautelari, emesse il 9 aprile scorso dal Gip di Napoli Maria Luisa Miranda, nei confronti di 57 indagati (36 in carcere, 16 ai domiciliari. Fu un vero scacco al feroce e temuto clan di Napoli, per l’appunto quello gestito dai Moccia.
Nelle carte dell’indagine emergeva alcune realtà di società insospettabili, tra i quali, per l’appunto, quella di Chirico. I capi del clan Moccia ormai capace di mettere radici tra Napoli e Roma e di toccare diversi livelli criminali, secondo gli inquirenti, erano stati capaci di reimpiegare e auto-riciclare i loro soldi, tramite personaggi apparentemente lontani dalla cosca.
Ad esempio è ciò che avviene con la Industrie Proteine Laziali (I.L.P.), con sede in Via Vincenzo Monti 35 a Latina, laddove, a quanto ricostruiscono gli inquirenti, Angelo, Gennaro e Antonio Moccia, attribuivano fittiziamente la propria titolarità di quote parziali e di poteri co-gestori nella società I.L.P. basata praticamente al centro del capoluogo pontino, e con sede secondaria a Patrica in provincia di Frosinone: una società che si occupa della raccolta e trasformazione di sottoprodotti di origine animali in grassi e farine. Ad aiutarli, con il “contributo consapevole e volontario”, i consoci Francesco Di Sarno e Pietro Chirico che avrebbero agevolato il clan al fine di reimpiegare i soldi e eludere le disposizioni di legge in materie di prevenzione patrimoniale. La Ipl, in seguito, tramite dei passaggi societari, fu inglobata da una nuova società: la Sviluppo Rendering srl sempre amministrata da Chirico e con sede legale a Latina in Via Monti 35.
Ad ogni modo, tornando al provvedimento di interdittiva antimafia, decisiva è stata un’altra operazione antimafia, denominata “Oro Verde”, concretizzata nel marzo scorso quando a intervenire è stata la DDA di Ancona con i Carabinieri del nucleo operativo ecologico di Ancona, in collaborazione con il gruppo Tutela Ambiente di Roma e Napoli. A finire indagati, per il reato di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, inerente il recupero degli oli vegetali esausti, anche Francesco Di Sarno, in qualità della ditta Soloil, e, per l’appunto, Pietro Chirico, come titolare della società Fargeco, con sede ad Afragola, che fu sottoposto all’obbligo di firma.
Secondo gli inquirenti marchigiani, il business degli oli esausti, tramite imprenditori conniventi, è finito nelle mani del clan Moccia. Secondo le Dda di Ancona e Napoli, rilevante è il legame che è emerso con la criminalità organizzata, essendo i reati in contestazione aggravati ai sensi dell’articolo 416 bis. dalla finalità di agevolare il sodalizio camorristico dei Moccia, attraverso l’intestazione delle compagini sociali e anche mediante il ritorno di ingenti illeciti profitti, conseguiti dalle aziende coinvolte. Senza contare
Tutti elementi che sono stati ritenuti utili da Carabinieri e Prefettura di Latina per bloccare l’impresa di Chirico a Latina.