CRAC MIDAL, LA SENTENZA: “GESTIONE SPREGIUDICATA, 300 PERSONE LASCIATE SENZA LAVORO”

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Crac Midal: pubblicata la sentenza per il processo che contestava la bancarotta fraudolenta con l’aggravante dell’ingente danno patrimoniale. L’avvocato di parte civile: “Un’importante pagina di diritto – conclude l’avvocato Raso – che gli ex lavoratori del gruppo MIDAL, con paziente determinazione, hanno contribuito a scrivere”

Lo scorso 11 gennaio, il collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, dopo le repliche del Pm Andrea D’Angeli in riferimento alle arringhe difensive formulate nella precedente udienza di dicembre 2022, ha emesso la sua sentenza. Condannati i maggiori imputati del processo: 8 anni 6 mesi per Rosanna Izzi, 4 anni per Sergio Gasbarra e Sandro Silenzi, 3 anni e 6 mesi per Paolo Barberini e Giacomo Pontillo. Assolti Stefano Pisanu e Antonio e Piero Bova, mentre è stata dichiarata prescritta la posizione di Giuseppe Piscina. Non più imputato il dirigente Ivo Lucarelli poiché deceduto. Gli imputati – Barberini, Silenzi, Gasbarra e Pontillo – sono stati condannati al risarcimento del danno a favore delle parti civili, che sarà stabilita in sede civile. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Archidiacono, Zeppieri, Biasillo, Coppi, D’Angelo, Perlini e Bongiorno.

Disposte anche le pene accessorie: inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 5 anni a carico di Pontillo, Silenzi e Barberini. Per 10 anni, invece, a carico di Izzi. Inoltre, interdizione dai pubblici uffici in modo perpetuo sempre per Izzi, mentre per 5 anni a carico di Silenzi, Pontillo, Barberini e Gasbarra.

Barberini
Paolo Barberini

Nel processo, come noto, sono stati giudicati per fatti avvenuti tra il 2005 e il 2011 i vertici, i dirigenti e i controllori dell’ex colosso della distribuzione: il gruppo Midal, andato in dissesto anche a causa di operazioni volte a distrarre dall’attivo della società importanti somme di denaro a detrimento dei creditori. Si tratta di oltre 10 milioni andati in fumo, oltreché al bagno di sangue per i lavoratori che sono parte offesa e parti civili al processo. Queste ultime sono state assistite dagli avvocati Raso, Sassu, Cardarello e Macor.

Secondo l’accusa, che contestava la bancarotta e l’accesso abusivo al credito, sarebbero stati gli imputati fin dal 2005 a dissimulare lo stato di insolvenza, anche attraverso la falsificazione dei bilanci, culminato nel crac del 2012. Nel corso del processo, è stata depositata agli atti anche una transazione da 4 milioni di euro per la curatela fallimentare Midal da parte del principale imputato, l’ex manager dell’azienda, Paolo Barberini. Un transazione che ha chiuso tutte le pendenze civili.

Prima della requisitoria del Pm, per un processo che scaturisce da un’ordinanza di custodia cautelare datata 2013, hanno rilasciato spontanee dichiarazioni Pietro Gasbarra e Rosanna Izzi la quale ha utilizzato parole durissime nei confronti di Barberini “di cui – ha detto l’ex Presidente della Midal – faccio fatica a pronunciare anche il nome”.

Nella sentenza (lunga 113 pagine) firmata dal Presidente del collegio del Tribunale di Latina, che ha emesso le condanne, Gian Luca Soana, spicca subito una valutazione dei giudici riguardo ai flussi di cassa delle società nel gruppo Midal verso altre dello stesso: “Questo sistema, nel canalizzare tutti gli incassi, dava priorità al pagamento dei debiti che le singole società del gruppo avevano verso la M.I.D.A.L. S.P.A. e verso la MIDAL MARKETTNG S.R.L., rispetto ai debiti verso l’esterno (ad esempio l’Erario e/o fornitori)“.

In seguito, “detto sistema è, poi, ulteriormente cambiato – in modo in vero inquietante – nell’agosto del 2011 quando Ia Izzi ha disposto che le somme incassate dai singoli punti vendita non dovevano più, all’esito dei singoli versamenti, essere portate, dalla società di security, in banca per essere ivi versate, ma dovevano restare in contanti presso la M.I.D.A.L. S.P.A. a disposizione dell’amministratore unico”.

Una decisione che destò sin da subito le perplessità di una dipendente Midal, Anna Catuzzi, che si occupava dell’amministrazione della società capogruppo.

“Queste modalità di gestione – continua la sentenza che riprende anche dalla relazione sul fallimento milionario del gruppo – da parte di M.r.D.A.L. S.p.A. – ed in particolare del suo amministratore unico, Rosanna lzzi – di tutti gli incassi in contanti hanno di fatto: reso contabilmente non più controllabile come questo denaro in contante sia stato, poi, utilizzato e/o destinato; eliminata ogni autonomia gestionale delle singole società, favorendo condotte distrattive ai loro danni“.

La rottura tra Izzi e Barberini avvenne quando quest’ultimo capì che “la Izzi non pareva più intenzionata a portare avanti il piano dl ristrutturazione voluto da Barberini, per come approvato, in data 27.10.2009, dal Consiglio di amministrazione. Questa rottura diveniva, poi, irreversibile quando, alla fine dell’estate del 2010, Barberini apprendeva della avvenuta falsificazione da parte della Izzi del verbale del C.d.A. del 21 luglio del 2010”.

C’era evidentemente una gestione dispendiosa, come quella riferibile ai doppi incarichi. Sergio Gasbarra svolgeva sia il ruolo di consulente che sindaco della Midal spa: al processo, ha candidamente ammesso che “ho sbagliato ho sbagliato, perché potevo anche fatturare a nome di un altro, però è stato tutto in buona fede“. Sul punto, si legge nella sentenza del Tribunale di Latina, “il Collegio osserva come non si comprenda bene in che cosa consista questa sua buona fede non essendo immaginabile che un commercialista, Presidente di un Collegio Sindacale, non conosca le norme sul funzionamento del Collegio Sindacale che si trovano, peraltro, nel codice civile e sono, quindi, facilmente reperibili“.

Un gruppo che ad ogni modo era un colabrodo. Nel 2001, la Izzi si è trovata a dover versare la somma di oltre 4 miliardi e mezzo di lire alla Banca di Roma per delle fideiussioni che aveva rilasciato a garanzia di debiti di società che non erano riferibili al gruppo M.I.D.A. L. S. P.A. Solo il primo degli innumerevoli episodi di debiti e rapporti con le banche e il Tribunale. Secondo il consulente della Procura di Latina: “Dalle analisi effettuate emerge che il gruppo societario M.I.D.A.L. ha iniziato una spirale negativa, dal punto di vista economico, a partire dall’anno di esercizio 2005”. Un patrimonio netto negativo per circa 2.500.000 euro ed un risultato netto di esercizio di -7.680.718,00 euro.

Problemi di gestione che portavano il gruppo a perdere punti vendita e tenuta finanziaria. Da qui ne conseguirono operazioni sospette, spregiudicate e illecite, come emerso nel dibattimento e poi nella sentenza del Tribunale.

Tuttavia, se per Barberini “possono applicarsi le attenuanti generiche tenuto conto sia della sua condotta processuale, avendo lo stesso, in sede di esame, almeno in parte ammesso le proprie responsabilità”, la Izzi “ha dimostrato di aver gestito con spregiudicatezza il proprio gruppo, portandolo al fallimento, lasciando senza lavoro più di trecento persone e non consentendo di sodisfare molti creditori sociali“.

Parole come pietre nei confronti di Izzi, la cui gestione delle società del gruppo “ha dimostrato non solo una sua chiara incapacità imprenditoriale, ma anche una grande spregiudicatezza che l’ha portata, dopo aver causato la crisi irreversibile dell’azienda, a tutelare i propri interessi personali: falsificando il bilancio e le scritture contabili; trasferendo in modo illecito denaro a società estere; falsificando un verbale del consiglio di amministrazione al fine di vendere un proprio immobile alla M.I.D.A.L. s.p.A., sopravvalutandolo; sottraendo le risorse delle società del gruppo; prelevando denaro dalle casse sociali e continuando, in modo preferenziale, a prendere il proprio emolumento per creare altrove – con gli investimenti familiari a Santo Domingo – una condizione che le permettesse di continuare ad avere il livello economico di vita adeguato a quello fino ad allora goduto grazie alle ricchezze accumulate da altri”.

Guglielmo-Raso
Guglielmo Raso

“Nove anni fa, per la prima volta nel foro pontino (e per la seconda volta a livello nazionale) – commenta oggi uno degli avvocati di parte civile, Guglielmo Raso – un gruppo di ex lavoratori del gruppo MIDAL veniva ammesso a costituirsi parte civile contro gli imprenditori e dirigenti imputati dei reati fallimentari che conducevano al dissesto della holding, con conseguente incapacità di preservare i posti di lavoro. 

Oggi, la sentenza del Tribunale di Latina accoglie le ragioni delle parti civili, dichiarando la responsabilità degli imputati condannati in primo grado in relazione ai danni morali “causati ai lavoratori del gruppo MIDAL che hanno visto sconvolta la vita, propria e della propria famiglia, a seguito della perdita del lavoro a tempo indeterminato. Perdita del lavoro sicuramente collegata alle condotte di bancarotta patrimoniale qui contestate…” . E, soprattutto, afferma un importante principio, di portata generale: chi realizza condotte “distrattive che hanno sottratto risorse al gruppo” o “di nascondimento della situazione di crisi che un corretto intervento avrebbe potuto sanare, o con il quale si sarebbero potuti salvare i posti di lavoro” deve rispondere del danno morale causato ai lavoratori lasciati sul lastrico.  

Un’importante pagina di diritto – conclude l’avvocato Raso – che gli ex lavoratori del gruppo MIDAL, con paziente determinazione, hanno contribuito a scrivere”.  


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