Lontani i tempi in cui nessuno si accorgeva della presenza di un clan sinti strutturato come quello dei Ciarelli. All’indomani dell’ultimo sgombero operato nei confronti di un componente del noto gruppo criminale, fioccano i comunicati soddisfatti delle Istituzioni. A ragione.
“Si tratta di un risultato importante – spiega la Prefettura – ottenuto grazie all’impegno di tutte le istituzioni coinvolte e che negli ultimi mesi, grazie all’impulso dato dal Nucleo di supporto alle attività previste dal Codice Antimafia, ha visto la liberazione, in tutta la provincia, di 10 immobili confiscati alla criminalità organizzata ed occupati abusivamente“.
Non mancano i ringraziamenti di Gianpiero Cioffredi, Presidente Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio.
“Esprimiamo gratitudine al Prefetto Maria Rosa Trio e al Questore Rosaria Amato per gli sgomberi effettuati in questi giorni negli immobili di via Plutone e via Andromeda, confiscati al clan Ciarelli. Dalle Forze di Polizia arriva un grande segnale di legalità che rafforza la fiducia dei cittadini verso lo Stato”.
“È importante inoltre la volontà espressa dal Sindaco Damiano Coletta di acquisire al patrimonio del Comune gli immobili sgomberati e destinarli ad un loro riuso sociale. A Latina – conclude Cioffredi – lo Stato fa squadra e così offre l’opportunità di trasformare i beni confiscati in beni comuni a vantaggio dei cittadini ai quali arriva inoltre un messaggio netto che le mafie non sono invincibili e si possono sconfiggere anche aggredendo le loro ricchezze accumulate illecitamente“.
Sarà che quell’immobile in Via Plutone apparteneva al personaggio più forte nella struttura del gruppo Ciarelli, quel Carmine detto “Porchettone”, chiamato affettuosamente “Titti” dai famigliari, e che ancora in molti del loro giro si ostinano a chiamare “Re” o “Reuccio del Pantanaccio”, fatto è che l’impero costruito su usura ed estorsioni, poi convertito in spaccio, è da tempo che scricchiola. Eppure, le dinamiche famigliari sono sempre le stesse.
Così come nella realtà, i clan di derivazione zingara hanno sempre utilizzato le donne, prima del piombo, per “fare caciara“, intimidire e spaventare, anche nella realtà virtuale, quella social per intenderci, è facile constatare come le donne della famiglia si fanno avanti, mentre gli uomini rimangono nell’ombra.
Latina Tu è abituata sin dalla nascita a subire i commenti e gli insulti via Facebook da parte delle donne dei noti clan sinti, ma qualche giorno fa, all’indomani del secondo sgombero, avvenuto a Via Andromeda 15, nei confronti di un immobile riconducibile al capostipite dei Ciarelli, Antonio, una figlia dello stesso ha vergato, condividendo un nostro articolo, parole che non possono passare inosservate: “Lunga agonia a tutti quelli che stanno godendo per ciò che è successo alla mia famiglia…tanti beni proprietari confiscati qui a Latina…è stato arrestato il giudice Lollo, il sindaco di Giorgio (ndr: Di Giorgi) e tanti altri falliti usciti e ritornati alla propria vita come niente fosse noi Ciarelli siamo una famiglia molto riunita e ritorneremo più forti di prima quanti infami e corrotti che ci sono dovete mordervi la lingua tutte le volte che parlate di mio padre“.
Espressioni dettate probabilmente dalla debolezza, ma che non possono essere sottovalutate se non altro perché, dopo gli arresti, i processi, il sostanziale ridimensionamento del clan (almeno nella percezione del territorio), solo nel luglio dello scorso anno un altro dei figli di Antonio, Luigi Ciarelli, fu arrestato per via di un carico di droga, oltre 80 kg di cocaina purissima dalla Colombia, arrivata al porto di Livorno. Non un luogo qualunque se si considera che quel porto ha quasi raggiunto, per volume di traffico di sostanze stupefacenti misurato in sequestri, il famigerato Porto di Gioia Tauro.
Il messaggio è chiaro: non è da tutti poter andare a Livorno, il nuovo hub della ‘ndrangheta che collega il Sudamerica alle cosche, e ricevere un più che “discreto” carico di cocaina, che poi si traduce, tagliandola, in milioni di euro. Ecco, i Ciarelli, se siano più deboli, o in procinto di tornare più forti di prima, potevano andare lì. E questo deve fare riflettere, al di là delle sacrosante manifestazioni di appagamento da parte delle Istituzioni.