ESCE DAL CARCERE LUIGI CIARELLI. IN CORSO IL PROCESSO A LIVORNO PER IL NARCOTRAFFICO DALLA COLOMBIA

Luigi Ciarelli
Luigi Ciarelli (in una foto di qualche anno fa)

È passato circa un anno da quando Luigi Ciarelli è stato arrestato per il carico di droga, più o meno 84 chili, arrivato nel porto di Livorno. Proprio nelle prime fasi del processo, che è iniziato presso il Tribunale di Livorno, Ciarelli ha ottenuto una misura meno afflittiva, gli arresti domiciliari che gli hanno permesso di tornare a casa.

Porto di Livorno
Porto di Livorno

Figlio di Giacinta Spada e del capostipite Antonio Ciarelli, Luigi è sicuramente il personaggio più carismatico del clan, o reggente (ma è bene specificare che per i clan zingari non esiste la struttura classica che siamo abituati a vedere con le cosche del sud) da quando Porchettone (Carmine Ciarelli) e Furt (Ferdinando Ciarelli) sono stati condannati nel processo Caronte di qualche anno fa.

Luigi Ciarelli fu arrestato esattamente nel luglio 2018 con l’operazione White Iron che ha visto il sequestro, presso lo scalo portuale di Livorno, di 80 kg di cocaina destinata ad alimentare le piazze di spaccio del Lazio. L’attività d’investigazione, spiega la Direzione investigativa Antimafia, si è conclusa il 27 luglio 2018 con l’esecuzione di un provvedimento cautelare nei confronti di 3 soggetti. Gli altri due arrestati furono Claudio Pitoli e Benito Aversano, altre due vecchie conoscenze del crimine pontino. Cocaina purissima prodotta in Colombia era nascosta nelle intercapedini di un grosso container arrivato a gennaio 2018 nel porto di Livorno: 80 kg di polvere bianca per un valore di 19 milioni di euro imbarcata dal porto di San Antonio (Cile), prodotta nella Colombia dei narcos e destinata all’esponente del clan di etnia rom di Latina. 

Carmine Ciarelli
Carmine Ciarelli, detto Porchettone o Titti. Dopo l’attentato che il reuccio del Pantanaccio (quartiere del capoluogo pontino) subì a gennaio del 2010, iniziò la faida tra bande criminali latinensi in cui persero la vita Massimiliano Moro e Fabio Buonamano

I militari delle fiamme gialle inizialmente fecero fatica a ricostruire di chi fosse il destinatario del carico, dato che Luigi Ciarelli e soci fecero un ordine con la carta di identità di un prestanome e con un conto corrente a lui intestato. Dopo sei mesi, però, Ciarelli reclamò il carico tramite una mail anonima e in base a questo elemento gli investigatori, coordinati dal Procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco, furono in grado di risalire al computer e al mittente della missiva. A quel punto i militari della Guardia di Finanza, tramite uno stratagemma, riprodussero una cisterna quasi identica rispetto a quella sequestrata sei mesi prima, per poi recapitarla a Ciarelli e compagni.
Quando gli affiliati del clan pontino appurarono che all’interno del container la droga era sparita, cominciarono le perquisizioni dei militari di Latina e del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata di Roma.

Un’operazione che pose in rilievo un elemento fondamentale: la capacità criminale del clan Ciarelli che riesce a trattare direttamente col Sudamerica e sfruttare persino il porto di Livorno un hub della droga di cui si servono organizzazioni criminali di seria A.

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