CENTRO DI ALTA DIAGNOSTICA A LATINA: UNA STORIA SBAGLIATA TRA LITI, FALLIMENTI E BARONI

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Il rendering del Centro di Alta Diagnostica a Latina
Il rendering del Centro di Alta Diagnostica a Latina

Quello che poteva essere e che non è stato: la storia del Centro di Alta Diagnostica nel Comune di Latina in Via XVIII Dicembre

Quello che fu uno dei più strombazzati progetti del Comune di Latina negli ultimi anni, quasi al pari di quelli fantasma come la metro leggera, il Porto di Foce Verde o l’Aeroporto civile, senza menzionare il nuovo “must” dell’Ospedale a Borgo Piave, è una storia che merita di essere ripercorsa a futuro memento per chi abbia voglia di comprendere. Mai rinunciare al proprio occhio critico quando vengono annunciati i faraonici orizzonti di questo o quel politico, senza sfociare nel complottismo, né, però, farsi fagocitare da chi si imbelletta per nascondere la propria inconsistenza.

La storia inizia il 7 aprile 2015, amministrazione Di Giorgi, quando fu sottoscritto un Protocollo d’Intesa tra Comune di Latina, Provincia di Latina, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e Fondazione Roma Scienza e Ricerca per la realizzazione di un Centro di Alta Diagnostica a Latina in via XVIII Dicembre. In realtà il progetto è ancora più vecchio ed è stato sponsorizzato dal noto avvocato di Latina Alfredo Loffredo, per conto della Fondazione del Professore, nonché Barone di Culcasi, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, discendente, a quanto riporta la sua biografia, di una delle più antiche e illustri famiglie nobili cristiano-cattoliche dell’Alto Medioevo della Spagna (1199) e dell’Italia meridionale.

L’Accordo di Programma prevede che la Fondazione garantisca l’intera copertura finanziaria per la realizzazione e gestione del Centro, ad eccezione (chiamala eccezione!) delle risorse messe a disposizione dalla Provincia di Latina (ben 800mila euro) e dell’immobile in Via XVIII Dicembre offerto dal Comune di Latina. La Fondazione di Emanuele si sarebbe fatta carico delle progettazioni e di tutte le prestazioni professionali richieste per la realizzazione delle opere, mentre il Comune di Latina, dopo l’effettuazione dei lavori di ristrutturazione, avrebbe concesso in comodato gratuito all’organismo del Barone di Calcusi i locali.

A novembre 2015 – il Comune di Latina è sotto guida del Commissario Giacomo Barbato, all’epoca visto dalla società civile come una mezza divinità – una determinazione dirigenziale approva il progetto esecutivo dell’intervento denominato “Realizzazione del Centro di Alta Diagnostica attraverso il recupero e la ristrutturazione dell’immobile sito in Latina Viale XVIII Dicembre” e redatto dall’architetto Alessandro Catani, già assessore ai Lavori Pubblici nella Latina della Prima Repubblica e anche candidato sindaco nel 2007 (per questo citato persino dal pentito ex clan Di Silvio Agostino Riccardo, ma è un’altra storia), e dagli ingegneri Francesco Marafini, Alberto Morviducci, Angelo Noce, oltreché dal geologo Stefano Panigutti e dal dottor Giuseppe Loiacono.

L’importo complessivo per il Centro è di 1.731.858,96 euro, con il contributo suddiviso tra Provincia di Latina (800mila euro) e Fondazione Roma Scienza e Ricerca (931.859,96). Passano pochi mesi e il 17 marzo 2016 viene affidato il progetto all’associazione temporanea d’impresa rappresentata da Giuseppe Graziano e composta dalla capogruppo Sari srl di Pomezia e dalle due mandanti, Melillo Appalti s.r.l. di Roma e F.C. Industrie srl di Latina. Importo complessivo calato un po’ in ragione del ribasso con cui l’Ati vince la gara: 24%, quindi 1.147.380,00 oltre Iva.

Da Direttore dei Lavori viene scelto uno dei progettisti, ossia Alessandro Catani incaricato, come da accordi sottoscritti dalla Fondazione Roma Scienza e Ricerca del Barone di Calcusi Emanuele che, ad aprile 2016, non si chiama più così: nel frattempo, infatti, la suddetta Fondazione viene incorporata dalla Fondazione Sanità e Ricerca il che cambia poco la sostanza dal momento che a presiederla c’è sempre il sunnominato Barone.

A luglio 2017, Catani firma una perizia di variante che aumenta di più di 90mila euro l’importo dei lavori, ma iniziano i problemi. Il contratto suppletivo non viene stipulato per mancanza di documentazione oltreché ad irregolarità in capo al Durc della capogruppo dell’Ati, la pometina Sari srl. Tuttavia, vengono approvati, a luglio 2017, ulteriori 4 nuovi prezzi non contemplati nell’elenco del contratto principale precedentemente concordato.

I lavori, che dovrebbero durare da capitolato speciale d’appalto 240 giorni, vanno avanti per il Centro di Alta Diagnostica, quantomeno dal punto di vista burocratico: così viene nominato un collaudatore tecnico, l’ingegner Marco Dari. Per ogni giorno di ritardo, l’accordo prevede 100 euro di penale.

Ormai siamo arrivati nell’era Coletta perché, come noto, il progetto del centro passa attraverso plurime amministrazioni. I lavori subiscono varie sospensioni: dal 26 maggio 2016 al 22 luglio 2016, per un totale di 58 giorni consecutivi; dal 8 febbraio 2017 al 22 marzo 2017 per un totale di 43 giorni consecutivi; passa una settimana e il 29 marzo si bloccano di nuovo per altri 66 giorni fino al 3 giugno 2017.

Durante il corso dei lavori sono state concesse più proroghe: 60 giorni con l’approvazione della perizia di variante; 19 giorni fino al 18 agosto 2017; differimento del termine di due mesi dal 19 agosto dello stesso anno.

Al netto delle sospensioni, la scadenza per la realizzazione del Centro di Alta Diagnositca viene stabilita il 19 ottobre 2017. Ma, come si sa poiché questa è una storia di cui non vediamo l’effettiva realizzazione dell’opera in città, la Direzione dei Lavori, nella relazione sullo stato avanzamento lavori fino al 18 ottobre 2017, certifica che i lavori non sono stati ultimati perché il contratto è spirato. Che è successo? La capogruppo dell’Ati, la Sari srl, è nel frattempo avviata al fallimento che avverrà ufficialmente il 10 gennaio 2018. Eppure i pagamenti alle ditte che hanno lavorato ci sono eccome: siamo nell’ordine di quasi 900mila euro a fronte di penali per i ritardi che ammontano a 8mila e 300 euro.

Oltretutto parte delle lavorazioni si sono svolte in un clima di conflittualità interna all’A.T.I. caratterizzata da ripetute liti tra le mandanti a la Capogruppo e conseguenti cambi/sostituzioni di mano d’opera e di figure importanti quali il responsabile del cantiere. Una conflittualità (secondo Sari srl, una delle mandanti, la Melillo srl, mancò ingiustificatamente più di quattro mesi sui cantieri) che si concretizza in un comportamento non collaborativo delle imprese formanti l’ATI che, di fatto, per il Comune di Latina, omettono quanto necessario per rendere possibile la prestazione senza che vi fosse alcuna ragione tecnica od ostacolo alle attività e ben prima del diniego della Regione Lazio alla installazione del famoso tomografo ibrido PET-RM.

Fatto sta che il Direttore dei Lavori Catani trasmette, nel novembre dell’anno scorso, il 2019, la dichiarazione che non è stato possibile redigere lo stato finale in quanto i lavori non sono stati ultimati e sono incompleti, pur evidenziando, come detto, che quello che si è fatto è costato oltre 800mila euro.

Anche il collaudatore tecnico, l’ing. Dari, non può che dichiarare, in pieno lockdown, l’1 aprile 2020, che l’intervento non risulta collaudabile in quanto sia le opere edili che quelle impiantistiche non sono state completate e il relativo contratto è stato risolto a seguito del fallimento della Sari S.r.l. Opere eseguite a metà o anche meno ma comunque correttamente, questo il responso del collaudatore che da tecnico fa il suo legittimo lavoro. Una magra consolazione per i cittadini di Latina.

La storia del Centro di Alta Diagnostica così come progettato e che, ad oggi, è ripresa nel Golfo di Gaeta con un altro Sindaco, Cosmo Mitrano, che ne vorrebbe uno a “casa sua”, finisce ufficialmente il 13 dicembre 2018 quando una delibera del Consiglio Comunale, a marca LBC, decide che il progetto ora sarà tradotto in tre macchinari al Goretti di Latina: da un centro a tre macchinari, in effetti, è come passare da scalare il Monte Bianco a una sgambettata sulla Semprevisa, benché anche un ridimensionamento può essere utile.

A marzo 2019, infatti, viene siglato presso il Comune di Latina – amministrazione Coletta – l’accordo per la rimodulazione del progetto del Centro di Alta Diagnostica il quale prevede, non più una struttura a sé, ma una installazione all’Ospedale Santa Maria Goretti dei macchinari forniti alla ASL dalla Fondazione Sanità e Ricerca: TC Force, Sala Ibrida, RM3 Tesla.

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Con questa apparecchiatura sarà dunque garantito un notevole incremento della qualità delle prestazioni erogate al cittadino – recita un freddo comunicato del Comune di Latina.

L’area di viale XVIII Dicembre, invece – continua la nota del Comune – dove sarebbe dovuto sorgere il Centro, viene concessa dal Comune di Latina in comodato all’Università La Sapienza per 30 anni al fine di potervi realizzare aule, servizi e laboratori di simulazione con eventuale realizzazione di una “work-station” remota collegata con le strutture del Centro di Alta Diagnostica a servizio della Facoltà di Medicina e Farmacia – Polo pontino.

Del progetto iniziale, non rimane che qualche debito, il fallimento della capogruppo, un braccio di ferro tra Comune e Fondazione per il pagamento di poco più di 4mila euro da corrispondere al collaudatore tecnico, e tanti dubbi che in questa città, a prescindere dalla bontà o meno di ciò che si vuole fare, il destino cinico e baro sia di gran lunga il male minore.

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