Attentati incendiari a Sindaco e vice Sindaco di Sermoneta: pubblicate le motivazioni con cui è stato condannato l’ex Presidente della Pro Loco
“La sua responsabilità penale in veste di mandante in ordine in ordine ai reati rubricati emerge univocamente e al di là di ogni ragionevole dubbio da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti“. Così, in un passaggio, la sentenza che condanna Giuseppe Gentile come mandante degli attentati incendiari alle auto di Sindaco ed ex vice sindaco del Comune di Semoneta.
Si è concluso lo scorso febbraio il processo che vedeva coinvolto il sermonetano Giuseppe Gentile (60 anni), ex Presidente della Pro Loco cittadina, accusato di aver architettato di bruciare le auto di Giuseppina Giovannoli e Maria Marcelli.
Gentile, giudicato col rito abbreviato “condizionato” dal giudice monocratico del Tribunale di Latina, Clara Trapuzzano Molinaro, ha rimediato in primo grado una condanna a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Come noto le parti civili costituitesi in giudizio sono l’attuale sindaca di Sermoneta, Giuseppina Giovannoli (in corsa per essere rieletta come prima cittadina) e il fratello di quest’ultima, Romeo Giovannoli, difesi dall’avvocato Alessandro Mariani, più il Comune, assistito dall’avvocato Massimiliano Loi
Una condanna ancora più pesante rispetto alla richiesta del Pubblico Ministero Martina Taglione che si era fermata a 3 anni e 6 mesi. Gentile è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento del danno da valutarsi in sede civile. Inoltre, il giudice Trapuzzano aveva disposto anche una liquidazione ammontante a 8500 euro per ciascuna delle tre parti civili.
La vicenda processuale degli attentati ai vertici amministrativi di Sermoneta è piuttosto articolata: i tre imputati, infatti, sono stati processati separatamente. Il 26 aprile 2021, Emanuel Poli, uno degli accusati di aver dato fuoco alle auto riconducibili al vice-sindaco Maria Marcelli (due volte) e al Sindaco di Sermoneta Giuseppina Giovannoli, è stato condannato a quattro anni di reclusione dal Giudice dell’udienza preliminare per incendio e violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti. In seguito, a dicembre 2022, la Corte d’Appello ha ridotto la pena per Poli a 2 anni e 4 mesi di reclusione che si è visto riqualificare il reato da incendio a danneggiamento.
Questa è stata la pronuncia nei confronti di Emanuel Poli, cognato del latinense Giovanni Bernardi accusato anche lui di essere l’attentatore di un solo episodio incendiario, quello consumato a febbraio 2020 ai danni dell’auto dell’allora vice sindaco di Sermoneta, una Range Rover Evoc attinta dalle fiamme il 7 febbraio 2020. Nel frattempo Bernardi fu arrestato, prima del secondo attentato avvenuto il 22 febbraio dello stesso anno contro la Jeep Suzuki del figlio del vicesindaco e assessore alla riqualificazione del centro storico Maria Marcelli, per aver commesso un paio di rapine insieme a una batteria composta da lui e altri due siciliani per cui sono stati condannati a 4 anni e 8 mesi lo scorso marzo 2021. Il processo per Bernardi, rispetto ai fatti di Sermonenta, non è ancora e si svolge con rito ordinario. Nella sentenza pubblicata con le motivazioni della condanna di Gentile, si legge peraltro che Poli, secondo quanto dichiarato a sommaria informazioni da uno dei due siciliani sunnominati, avrebbe bruciato l’auto della Marcelli in quanto quest’ultima avrebbe preso 1000 euro in cambio di un posto di lavoro mai trovato.
Ad ogni modo, secondo la sentenza del giudice Trapuzzano, il mandante di quegli attentati, così come evidenziato in sede di indagtine dalle attività investigative dei Carabinieri (Latina, Aprilia e Sermoneta), è per l’appunto l’ex Presidente della Pro Loco di Sermoneta Giuseppe Gentile. Per gli inquirenti, Gentile avrebbe ingaggiato i due – Poli e Bernardi – per un senso di rivalsa nei confronti di Sindaco e vice-Sindaco che lo avrebbero escluso da alcune iniziative della città come la fiera di San Michele. Il suo proposito, secondo i militari dell’Arma che hanno indagato sulla vicenda, era quello di far dimettere le due amministratrici.
Entrambi – Bernardi e Gentile – hanno dovuto rispondere, come Poli, di incendio e violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti. Fu Gentile, quindi, a far bruciare le auto della Sindaca e del fratello “al di là di ogni ragionevole dubbio”, poiché, per quanto scritto in sentenza, “è stato dimostrato l’uso di minaccia – posto in essere appiccando il fuoco alla Range Rover Evoque, alla Suzuky Jimmy e alla BMW – sia avvenuto al fine di turbare l’attività della Giunta del Comune di Sermoneta….la condotta rubricata, consistente nel dare alle fiamme le autovetture citate, si è concretizzata senza dubbio, per le modalità di commissione dei fatti, nella prospettazione di un male ingiusto, avendo le singole azioni una portata e un significato inequivoco”.
Peraltro i due attentati hanno una matrice politica, in quanto sono stati commessi “in ragione dcl ruolo politico ed istituzionale” di Giovannoli e Marcelli, per via “dell’incrinarsi dei rapporti tra le parti e del risentimento di Gentile, “da individuarsi nel fatto” che le due amministratrici “nella rispettiva veste di Sindaco e Vice Sindaco, si erano occupate del procedimento amministrativo concluso con la rimozione dell’impalcatura e del cantiere di Piazza del Popolo (nda: dove Gentile aveva cantieriazzato l’area per la realizzazione di un’attività) e avevano tradito la sua aspettativa di beneficiare di un “trattamento di favore” e dall’altro lato delle ambizioni dell’imputato, il quale intendeva partecipare alle elezioni amministrative e screditare le persone offese nella qualifica istituzionale dalle stesse rivestita“.
Inoltre, “a ciò si aggiunge Ia volontà di screditare la figura del Sindaco Giovannoli attraverso la presentazione di un esposto, la cui redazione veniva affidata al commercialista Palombo Alfredo, con il quale si sarebbero dovute evidenziare posizioni di conflitto di interesse, irregolarità nella gestione degli appalti e nell’uso dell’autovettura comunale“.
Ecco perché secondo la sentenza, “Gentile maturava un profondo astio e un notevole risentimento nei confronti delle vittime…ponendo un ostacolo al regolare funzionamento di tale Corpo politico”. Senza contare che “Giovannoli manifestava timore per la propria incolumità e prospettava come effettivamente possibili le sue dimissioni”.