Questa storia di grigi, misteri e dubbi comincia a Roma in un luogo delle Istituzioni repubblicane, ma parla di una città, e con essa un provincia, dimenticata e/o sfruttata alla bisogna: Aprilia, nevrosi fondamentale del territorio pontino da cui passavano interessi industriali ed economici, terra di frontiera da cui purtroppo continuano a dipanarsi fondamentali snodi nel settore del narcotraffico, di svariati interessi illeciti, ma, sopratutto, nell’ambito dei rifiuti.
UNA STORIA DIMENTICATA
Siamo a Palazzo San Macuto, sede di una Commissione bicamerale del Parlamento italiano dal nome chilometrico.
È una tarda mattinata del 2017, e il comandante del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri (Noe), Marco Cavallo, ha preparato una relazione esaustiva sulle attività dei servizi da lui diretti nel 2016 da presentare alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” (ecco, il nome chilometrico).
Come viene trascritto nella “Relazione sul ciclo dei rifiuti di Roma Capitale e fenomeni illeciti nel territorio del Lazio” approvata un anno fa dalla suddetta Commissione (nel dicembre del 2017), il Noe nella provincia di Latina non rileva, nel settore dei rifiuti, collegamenti con la criminalità organizzata a parte qualche fenomeno evidenziato dal Prefetto e dal Questore dell’epoca, mentre, al contempo, vengono registrati fenomeni di collusione tra amministrazioni locali e imprenditoria.
Le relatrici, le parlamentari Puppato e Nugnes, scrivono di una rilevante quantità di discariche abusive tuttora esistenti nella provincia pontina, “connesse con il diffuso fenomeno dell’abbandono illegale di rifiuti, di cui troppo spesso restano ignoti gli autori”.
A vidimare quanto asserito dai commissari c’è “la descrizione puntuale delle attività e dei risultati ottenuti rinvenibile nelle audizioni del comandante del NOE carabinieri di Roma, capitano Marco Cavallo e del comandante regionale Lazio della Guardia di finanza, generale Bruno Buratti, svoltesi davanti alla Commissione il 7 febbraio 2017”.
Ed è proprio in quel febbraio del 2017 che questa storia di grigi, misteri e dubbi ha inizio.
A dirigere la seduta c’è il vice-presidente pentastellato della Commissione che sostituisce il presidente del Pd. Nelle pagine dei resoconti stenografici di quell’incontro si possono trovare diversi spunti che riguardano il territorio di Latina. Ma nelle pieghe e nei bilanci della relazione del comandante Cavallo emerge un altro fatto a dir poco inquietante, che avrebbe forse dovuto far calare un brivido, almeno per un istante, ad alcuni amministratori locali e che invece è caduto sostanzialmente nel silenzio.
Marco Cavallo parla di siti inquinati da bonificare e, per la precisione, si sofferma su una località: Aprilia, la seconda città della provincia pontina e la quinta del Lazio per demografia ed estensione.
Il comandante cita fatti e luoghi molto specifici: “per quanto riguarda il discorso dei siti da bonificare, abbiamo un’attività ad Aprilia su 4 località: Via Savuto (la Cogna), via Scrivia (Sant’Apollonia), Sassi Rossi (Casalazzara) e Prati del Sole. Queste attività – spiega Cavallo – non sono terminate, vale a dire che sono ancora in corso. Per via Savuto, abbiamo chiesto il supporto dell’Istituto Nazionale di geologia e vulcanologia, per verificare con i loro strumenti eventuali masse ferrose. Purtroppo il riscontro è stato positivo”.
UN PASSATO CHE RITORNA
Per comprendere fino in fondo le dimensioni della possibile catastrofe che giace silente sotto l’ex cava di via Savuto (e non solo) bisogna fare un passo indietro, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. In provincia di Latina, dal punto di vista ambientale, probabilmente è il periodo più nero. Le fabbriche iniziano a disfarsi in tutte le maniere di scorie, interrando ovunque sostanze pericolose in fusti e container. E se a Borgo Montello, a Latina, molti cittadini hanno la certezza di aver udito distintamente il rumore cupo dei fusti di metallo lasciati cadere dai camion nelle fosse, ad Aprila, nel 1989, sono stati fotografati.
Era un altro febbraio quello del 1989, e l’allora Assessore all’Ecologia (il primo assessore dedicato all’ambiente della città di Aprilia, in quel periodo di transizione dove iniziava a imporsi una minima sensibilità ambientale) è Mario Catozzi della Democrazia Cristiana. Personaggio coinvolto in Tangentopoli, poi persino a distanza di anni (2007) in un misterioso attentato alla sua automobile data alle fiamme, politico e amministratore di una società con interessi nel mondo della raccolta dei rifiuti, uomo discusso ed entrato persino in interrogazioni parlamentari, Catozzi aveva assistito al sequestro e al dissotterramento di decine di fusti in località Sassi Rossi a Casalazzara, in piena campagna sotto un viadotto ferroviario. Ma quello che si trova davanti agli occhi è uno spettacolo impressionante. Racconterà molti anni dopo (nel 2018) in una video intervista: “Siamo arrivati qui con le maschere, abbiamo assistito ad una scena di quelle che si vedono nei film. I fusti erano disposti su più strati a terra, alcuni erano esplosi, percolavano e rilasciavano fumate come quelle di un vulcano prima di eruttare”.
Marzia Vettoretti, che scriveva nell’edizione locale del quotidiano “Il Tempo”, così descrisse quei momenti in un articolo pubblicato il 26 febbraio del 1989: “L’operazione coordinata dal capitano Improta al Comando della Legione Lazio è durata tre giorni e ha visto come “pezzo grosso” il ritrovamento, con la collaborazione del tenente Baffone, di un campo nel quale è stato necessario l’utilizzo di particolari precauzioni dovute alla presenza di gas. Molti dei bidoni ritrovati sono letteralmente esplosi e il loro contenuto è colato dai crateri che si sono formati fino ai canali di scolo” e poi ancora “in tutto forse un migliaio di fusti con sostanze tossiche provenienti forse dall’industria farmaceutica. L’assessore all’ambiente Mario Catozzi non ha nascosto la sua preoccupazione e si appella alla Regione Lazio per un piano di recupero ambientale”. Ed è proprio questa la situazione a cui si riferiva il comandante del Noe di Roma Marco Cavallo.
Le indagini sulla vicenda vengono affidate all’allora pretore di Latina Dr. Saveriano. Ma come vedremo, anche solo il ricordo di questi fatti sembra essere evaporato, come il fumo delle sostanze tossiche in quella giornata di febbraio del 1989.
FEBBRAIO 2017, IL TEMPO AD APRILIA SI È FERMATO
Torniamo ai nostri giorni, al 2017, con il comandante che relaziona alla Commissione sui siti di Aprilia da bonificare. “Lì – dice Marco Cavallo – era stata anche fatta un’attività iniziale di bonifica poi interrotta. Per cui, sotto l’aspetto penale non c’è più possibilità di perseguire fatti così risalenti nel tempo, però, ovviamente, abbiamo dato impulso agli enti locali, in questo caso il Comune, per attivare le procedure di bonifica e ripristino dei luoghi. Si dovrà quindi indire una conferenza dei servizi e tutta la relativa procedura, che purtroppo è molto lunga, articolata e complessa in quanto si prevedono diverse analisi…questa (ndr: la procedura) si era inspiegabilmente interrotta già tanti anni fa”.
L’audizione di Marco Cavallo, a dir poco sottovalutata dai media locali, fa sì che persino il comandante dei carabinieri si riferisca a questi fatti come se fossero “inediti”. Per esempio quando dice: “da approfondite analisi successive ci siamo accorti che i tombamenti (ndr: dei rifiuti) dovevano risalire agli anni novanta”. Dichiarazioni importanti durante una seduta di commissione ecomafie registrata e stenografata, ma che non destano neanche ora l’interesse necessario e di cui nessuno sembrava (e sembra) esserne a conoscenza. A parte pochi cittadini impegnati che vivono, anche sulla loro pelle, il disastro di anni.
Eppure, la Regione Lazio aveva commissionato uno studio, risalente al 1998, all’Università “La Sapienza” di Roma, nel quale sono stati inseriti tutti i siti da bonificare con approssimative ma significative caratterizzazioni. Uno studio condotto da colui che poi sarebbe diventato un uomo chiave nella progettazione e nella realizzazione delle più importanti discariche del Lazio (e non solo) Gian Mario Baruchello, che ha collaborato come progettista ad imponenti strutture per conto dei più grandi committenti del settore, compreso il “Supremo” Manlio Cerroni.
(- continua)