ANZIANI, CONTAGIATI E LASCIATI DA GIORNI AL PRONTO SOCCORSO NON COVID DI TERRACINA

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Un paziente Covid al Pronto Soccorso del "Fiorini", una struttura che non è adibita al ricovero dei contagiati Covid

Quarta ondata Covid: dal Pronto Soccorso dell’Ospedale “Fiorini” di Terracina due identiche vicende di mala organizzazione sanitaria

Siamo in piena quarta ondata, divisi tra i timori di nuovi ricoveri e decessi e la speranza che “Omicron” sia una variante più “buona”, come si dice in gergo più “raffredorizzata”, nel senso che il Covid 2022 sia più simile a un’influenza che a una malattia virulenta e mortale. A giudicare dai decessi segnalati in ambito nazionale (oggi 10 gennaio sono 227) e anche in ambito provinciale (la Asl, oggi, ne segnala 3), la preoccupazione è ancora un sentimento preminente, frustrante e assillante.

Sulle scuole, la gestione delle amministrazioni locali, pur necessariamente allineate alla linea del Governo Draghi del “tutti in classe” nonostante i quasi 200mila contagi giornalieri, è stata diversa. Proteste da parte dei presidi che hanno sortito una raccolta di più di duemila firme in tutta Italia tra cui diversi dirigenti pontini: posticipare la riapertura di venti giorni per far sfiammare la pandemia, l’assunto che pareva di buon senso. Eppure, nessuna marcia indietro da parte del Governo, con la Regione Lazio ancor di più decisa ad essere supina ai dettami del draghismo, tanto più che a inizio gennaio, per non lasciare nulla d’intentato, Zingaretti ha emesso un’ordinanza: una sorta di ukase amministrativo, a scuola si torna tutti il 10 gennaio zitti e mosca. Con buona pace di qualche amministratore locale che, sopratutto in terra ciociara, era pronto a far rispettare le ordinanze che invece davano ancora una settimana di tregua a docenti e alunni.

Paradossale, peraltro, che nella provincia di Latina città come Cisterna, Minturno, Terracina, Fondi, ma anche centri piccoli Castelforte, Cori e Pontinia abbiano attuato una campagna di screening anti-Covid, individuando un luogo specifico per “tamponare” gli alunni diretti a scuola il 10 gennaio, così almeno da provare a frenare l’exploit di contagi che purtroppo tutti prevedono. Una saggia scelta non seguita dai due centri più grandi e più funestati dai casi Covid: Latina e Aprilia che si sono affidate al solo servizio predisposto da Regione e Asl il quale prevede la prenotazione dell’alunno che vuole testarsi sul solito portale (vedi link). Il problema, molto desumibile, è che le prenotazioni hanno ben presto raggiunto il tutto esaurito all’ex Istituto Sani del capoluogo, così che i giovani verrano “tamponati” il 21 gennaio. Inutile, naturalmente. Identico discorso all’ex Acqua Claudia di Aprilia.

Risultato: a scuole riaperte da più di una settimana (21 gennaio), i test antigenici che avrebbero dovuto far rientrare gli alunni in sicurezza saranno quasi un esercizio di stile in era pandemica. Un paradosso, come detto, nel paradosso.

Uno dei due pazienti Covid da giorni al Pronto Soccorso del Fiorini in teoria “Non Covid”

Influenza o malattia mortale, scuole aperte o Dad, a fare da cartina al tornasole della situazione pandemica sono, però, e come sempre dall’inizio di quel maledetto marzo 2020, gli ospedali e purtroppo il pronto soccorso, luoghi dove si tocca con mano il disagio e il dolore di operatori e pazienti.

A far capire anche a chi si ostina a non capire che la situazione non è più grave di due anni fa, ma è altrettanto seria, è ciò che avviene da inizio gennaio nel Pronto Soccorso dell’Ospedale “Fiorini” di Terracina, una struttura sanitaria che, come noto, è “non Covid”, ossia non è adibita a curare i pazienti infettati dal virus che ha messo in ginocchio il mondo.

Succede che da due anni la situazione è difficile, come in ogni nosocomio della provincia. Sulla carta e disposizioni regionali alla mano, il “Fiorini” risulta, come detto, “Non Covid”. Un’illusione, forse buona per le slide di presentazione di qualche progetto annunciato a mezzo stampa da Regione o Asl. Di fatto, medici e infermieri del “Fiorini” hanno a che fare anche con utenze esterne, o pazienti trasportati da ambulanze del 118, di casi accertati Covid o sospetti. E arrivano perché la situazione al Santa Maria Goretti di Latina, il principale ospedale Covid della provincia, è oltre il limite con pazienti che aspettano ore e ore. Uno spaccato che si è evidentemente aggravato con la quarta ondata.

Una quarta ondata che ha causato vicende umane e sanitarie da brividi come quella che vede praticamente bloccati al Pronto Soccorso del “Fiorini” due pazienti Covid positivi, rispettivamente del 1932 e del 1937: l’una dal primo gennaio, l’altra dal sei gennaio. Entrambi hanno più di una patologia e di fatto stazionano al “Pronto Soccorso” senza nessuna possibilità di essere ricoverati in posti letto, come un paese civile dovrebbe garantire. Nessuna struttura della provincia né della Regione li alloca in un posto letto, trasgredendo di molto il tempo consentito a pazienti che, invece, dovrebbero già trovarsi ricoverati in una struttura Covid. In un Pronto Soccorso, infatti, un paziente potrebbe stare poche ore, al massimo 24 ore, eppure il destino di una paziente novantenne e di un paziente ottantacinquenne sono lasciati al “si salvi chi può”. Trattati con terapia di base entrambi, gli operatori fanno il possibile in questo scenario di negazione della dignità umana.

E pare proprio che di tempi così lunghi al Pronto Soccorso del “Fiorini” non ne abbiano mai visti, neanche quando la pandemia del 2020 aveva assorbito ogni notizia di cronaca. Senza contare che mancano, a Terracina, proprio perché la struttura è prevista come non Covid, percorsi di sicurezza con la separazione per pazienti non Covid e Covid, oppure la tenda del Pre-Triage che dovrebbe garantire anch’essa uno scudo ai contagi per chi arriva o lavora all’ospedale.

Il virus, come sappiamo, non aspetta e sopratutto è molto più veloce di burocrazia e organizzazioni non proprio perfette (pallido eufemismo). E i due pazienti anziani Covid ricoverati si trovano in due stanze che affacciano sul corridoio comune, senza alcun tipo di sicurezza anti-contagio (vedi immagine di seguito).

C’è di più perché, al Pronto Soccorso del “Fiorini”, l’ordinarietà è già difficile: ci sono, ad esempio, le stanze di isolamento dove a turno entra un paziente contagiato e ne esce un altro. Di fatto, i locali si sono trasformati in una struttura sanitaria Covid non avendone logistica, indennità economica per gli operatori e assetto. E non che le cose andassero proprio meglio prima di gennaio 2022: al Pronto Soccorso, ad esempio, c’è un’ala posteriore che avrebbe dovuto essere finalizzata all’osservazione dei pazienti ma che non è operativa: non ci sono neanche i campanelli per chiamare e gli operatori sanitari devono affacciarsi letteralmente per vedere se un paziente sta bene o sta male. O se, in taluni casi, non sia già morto.

Il problema, però, è a monte. Al Pronto Soccorso del “Fiorini” giornalmente o molto frequentemente arrivano pazienti Covid. Molte delle ambulanze, come almeno all’origine era stato promesso e previsto, non sono adibite a fare un tampone al paziente che viene trasportato, così che a Terracina ci si riempie di cittadini contagiati senza avere la seria possibilità di cura. Come nel caso dei due anziani, si può stazionare giorni e giorni al Pronto Soccorso in barba ai diritti base di ogni cittadino dettati anche dalla Costituzione.

Un afflusso di pazienti enorme negli ultimi tempi a Terracina con il secondo paradosso di questa breve e triste storia: considerato che il Goretti è un ospedale Covid, i pazienti non Covid che si fanno male vengono portati al Fiorini per questioni di sicurezza. Controsenso: mentre il Goretti è Covid e ha percorsi separati, al Fiorini questi ultimi non sono previsti pur risultando, come detto, pazienti Covid.

Si rischia, quindi, che un cittadino che si fa male a Cori, a Latina o a Roccagorga, venga trasportato al Pronto Soccorso del “Fiorini” proprio perché lì non rischia di essere contagiato (in teoria non ci sono pazienti Covid). E, invece, proprio lì è più a rischio poiché essendovi il transito o, come per il caso dei due anziani, lo stazionamento di pazienti Covid, il paziente che si è fatto male non ancora contagiato si trova vicino a contagiati.

Un cortocircuito che nella provincia pandemica tende a diventare la normalità del caos a cui nessuno fa più caso.

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