Anni 2000, clan Antinozzi-Mendico: la Corte d’Appello riduce le pene per due degli imputati giudicati col rito abbreviato a Roma
Dopo che la Cassazione aveva ordinato alla Corte d’Appello di ricalcolare le pene in merito alle circostanze aggravante di aver fatto parte di un sodalizio con più persone riunite, i giudici si sono espressi. Si tratta del giudizio nei confronti del boss Antonio Antinozzi e di Vincenzo De Martino, coinvolti ormai tre anni fa, a gennaio 2021, nella maxi operazione di DDA e Carabinieri che aveva portato agli arresti di numerosi membri del clan Mendico-Antinozzi tra Castelforte e Santi Cosma e Damiano.
A marzo 2022, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma Valerio Savio aveva condannato col rito abbreviato tre dei coinvolti nell’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e di Carabinieri di Latina e Formia che erano stati arrestati. Fu lo stesso Gup Savio, a ottobre 2021, a disporre il rinvio a giudizio. Antonio Antinozzi detto “Trippetta”, Vincenzo De Martino e Agostino Di Franco avevano fatto richiesta (accolta) del rito alternativo. A ottobre 2022, invece, erano scattate le condanne anche per coloro che avevano scelto il rito ordinario.
Anche per il rito abbreviato, si erano costituiti come parte civile l’Associazione antimafia Antonino Caponnetto e l’impresa Volturnia Industria Costruzioni di Maddaloni, in provincia di Caserta, vittima di due incendi dolosi nell’ambito della strategia di minacce e tensioni messa in atto dal Clan Antinozzi. A entrambi il Tribunale di Cassino aveva riconosciuto il risarcimento di 3000 euro ciascuno.
Per Antinozzi, Di Franco e De Martino, tutti e tre di Santi Cosma e Damiano, il Pm della DDA di Roma, Corrado Fasanelli, aveva chiesto rispettivamente 18 anni, 13 anni e 3 mesi e 10 anni e 8 mesi. Il Gup Savio, invece, condannò il boss Antinozzi a 16 anni di reclusione, Di Franco a 7 anni e 3 mesi e De Martino a 14 anni e 6 mesi. Cadde, però, il capo d’imputazione dell’associazione per delinquere con l’aggravante mafiosa, nonostante fosse rimasta in piedi l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga e alle estorsioni. Un vicolo mafioso che ovviamente non è stato riconosciuto neanche dal Tribunale di Cassino.
A giugno 2023, il collegio della Corte d’Appello di Roma, presieduto dal giudice Bruno Scicchitano, ha ridotto considerevolmente le condanne per tutti e tre gli imputati, assistiti dagli avvocato Cardillo Cupo, Santamaria e Giuliano. Antinozzi, già ai domiciliari, è stato condannato alla pena di 8 anni e 4 mesi; “sconto” considerevole anche per De Martino che ha rimediato una condanna a 5 anni di reclusione; infine Di Franco, detenuto anche lui, è stato condannato a 4 anni e 10 mesi. Pene sicuramente ridimensionate per i tre imputati; peraltro a De Martino è stata revocata anche l’interdizione dai pubblici uffici.
A fare ricorso in Cassazione contro le condanne di secondo grado sono stati De Martino e Antinozzi, ottenendo un rinvio in Corte d’Appello per il ricalcolo della pena. Antinozzi ha rimediato uno scontro di appena due mesi, subendo la condanna definitiva a 8 anni e 2 mesi, più 2900 euro di multa; De Martino ha invece ottenuto un considerevole sconto di pena. La condanna definitiva ammonta a 2 anni e 9 mesi (oltre due anni in meno della pena comminata nel primo giudizio di Appello), compresa la revoca dell’interdizione dai pubblici uffici.
Gli arresti, come accennato, sono scattati a gennaio 2021 e ad essere coinvolti gli appartenenti ai due nuclei, o clan, Antinozzi e Mendico, un tempo sodalizio affiatato tra Santi Cosma e Damiano e Castelforte, in parte anche a Minturno, ora scisso e con affari ben distinti tra loro. Sebbene permanga un tacito rispetto. Traffico di droga, estorsioni, minacce a ditte locali, rapina, danneggiamento, incendio, armi illegali: queste le principali accuse rivolte ai due sodalizi per ipotesi di reato aggravati anche dal metodo mafioso (sebbene col rito abbreviato sia caduto).
L’operazione Anni 2000 ripercorreva, come da tragitto investigativo e giudiziario, quella denominata “Anni 90” che dieci anni anni fa disarcionò il gruppo di Santi Cosma e Damiano e Castelforte, retto dall’imputato odierno Ettore Mendico e Orlandino Riccardi e legato ai Casalesi di Michele “Capastorta” Zagaria e Alberto Beneduce. In seguito, i militari dell’Arma e la DDA, con l’operazione “Anni 2000”, hanno scoperto che il gruppo si era scisso, pur conservando una sorta di mutuo rispetto per gli affari comunque distinti: oltreché al gruppo di Mendico, secondo la DDA, vi è quello di Antinozzi, un tempo compreso nel primo sodalizio.