Anni 2000, la Cassazione annulla e rinvia alla Corte d’Appello molte posizioni degli imputati accusati di far parte dei due sodalizi Antinozzi e Mendico tra Santi Cosma e e Damiano e Castelforte
La Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Giorgio Fidalbo, ha annullato la sentenza di Corte d’Appello, rinviando ad altra sezione del medesimo Appello di Roma per rideterminare quelle pene per cui non sia già maturata la prescrizione.
Varie le decisioni sugli imputati. Ad esempio per Giuseppe Sola, la sentenza a 2 anni e 4 mesi, è stata confermata, mentre per Sergio Canzolino sono stati annullati due capi d’imputazione per intervenuta prescrizione, mentre per un episodio di spaccio la Cassazione ha rinviato all’Appello per la riqualificazione del reato di spaccio. Entrambi gli imputati sono difesi dall’avvocato Anna Marciano.
Dovranno avere un nuovo giudizio un Corte d’Appelo anche Decoroso Antinozzi e Antonio Reale perché è stata esclusa l’aggravante dell’associazione per delinquere ai fini dello spaccio di droga. Nel caso di Reale alcuni reati sono stati giudicati prescritti. Annullata la sentenza per Marika Messore, una decisione che fa sì che vengano revocato il risarcimento civile all’associazione Antonino Caponnetto, che si è costituita parte civile. Annullata la sentenza sempre perché non è stata riconosciuta l’associazione per delinquere a carico di Ettore, Pierluigi e Maurizio Mendico. I tre dovranno essere giudicati di nuovo in Corte d’Appello per reati ancora non prescritti. Annullata la sentenza per Gianluigi Mendico, Francisco e Eduardo Parente. In Appello, per un reato non prescritto, Ciro Bonifacio.
Dovrà essere giudicato per un capo d’imputazione non prescritto anche Alessandro Forcina, mentre è andata prescritta la posizione di Fabio Buonamano che si è visto annullare, come per gli altri, l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio.
Un pronunciamento che ha destrutturato il quadro accusatorio che, seppur ridimensionato, aveva retto fino in Corte d’Appello. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Pasqualino Santamaria, Pasquale Cardillo Cupo, Enzo Biasillo, Camillo Irace, Anna Marciano, Enrico Mastantuono, Mariano Giuliano, Cesare Gallinelli, Gennaro Caracciolo e Mario Rossi.
A febbraio scorso, furono tre le assoluzioni, ma risultarono diverse condanne confermate seppur con alcuni rilevanti diminuzioni delle pene. Questa era stata la sentenza delle Corte d’Appello emessa dalla terna di giudici Monteleone-Morgigni-Bonavolontà per gli imputati, coinvolti nel processo derivante dall’operazione “Anni 2000”, che avevano scelto il rito ordinario.
Gli imputati, condannati in primo grado, erano accusati di far parte di ben due distinte associazioni criminali, legate alla camorra, finalizzate allo spaccio, alle estorsioni e alle minacce ai danni di imprenditori e cittadini tra Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Minturno.
Ad ottobre 2022, dopo circa 10 ore di camera di consiglio, il collegio del Tribunale di Cassino, presieduto dal giudice Tania Tavolieri, a latere i giudici Martina Di Fonzo e Antonio Gavino Falchi, aveva letto il pronunciamento di condanna a carico di tutti gli imputati, peraltro con pene complessive più alte rispetto alle richieste della Procura di Cassino/Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
A fronte delle richieste, ecco quali furono le condanne per gli imputati: Decoroso Antinozzi 16 anni e 4 mesi; Marika Messore 6 anni e 9 mesi; Adolfo Pandolfo 8 anni e 9 mesi, Fabio Buonamano 7 anni, Ettore Mendico 13 anni e 9 mesi, Maurizio Mendico 14 anni e 10 mesi, Armando Puotì 4 anni, Gianluigi Mendico 2 anni e 2 mesi, Pierluigi Mendico 7 anni e 4 mesi, Alessandra Forcina 3 anni e 6 mesi, Sergio Canzolino 3 anni e 6 mesi, Ciro Bonifacio 8 anni e 1 mese, Luigi Parente 1 anno e 4 mesi, Eduardo e Francisco Parente rispettivamente 8 anni e 4 anni e 7 anni e 4 mesi; Giuseppe Sola 2 anni e 4 mesi, Antonio Reale 8 anni, Carla Tomao 1 e 4 mesi. Chieste, invece, e confermate le assoluzioni per Salvatore Di Franco e Marco Viccaro; assolti per alcuni capi d’imputazione anche Eduardo Parente e Pierluigi Mendico. E per altri capi d’imputazione era stata dichiarata l’intervenuta prescrizione per Antinozzi, Forcina e Cozzolino.
Il 9 febbraio 2024, invece, le pene erano state ridotte per molti degli imputati. Una sentenza che andava di pari passo con quella emessa sempre dalla Corte d’Appello, a giugno 2023, che aveva ridotto le condanne per i tre imputai che avevano scelto il rito abbreviato: Antonio Antinozzi detto “Trippetta”, Vincenzo De Martino e Agostino Di Franco.
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A febbraio, ecco quali furono le condanne per gli imputati. Decoroso Antinozzi 9 anni; Marika Messore 3 anni e 1 mese; Adolfo Pandolfo 4 anni e 6 mesi, e Antonio Reale 5 anni più 3800 euro di multa.
3 anni e 6 mesi più 8mila euro di multa ciascuno per Sergio Canzolino e Alessandro Forcina: per loro era già caduto il reato di danneggiamento per mancanza di querela di parte. Incassarono la prescrizione per un reato di cui erano accusati Ciro Bonifacio e Eduardo Parente: il primo era stato condannato a 8 anni di reclusione, il secondo a 8 anni e 3 mesi.
Confermate furono le pene del primo grado per Francisco Parente, Ettore Mendico, Maurizio Mendico, Gianluigi Mendico, Pierluigi Mendico, Fabio Buonamano e Giuseppe Sola. Pena accessoria con l’interdizione dai pubblici uffici per Pandolfo, Messore, Forcina e Canzolino. Assolti per non aver commesso il fatto tre imputati: Luigi Parente, Carla Tomao e Armando Puotì.
Si era costituita come parte civile, tramite l’avvocato Licia D’Amico, l’Associazione antimafia Antonino Caponnetto che aveva ottenuto il pagamento delle spese legali per 3mila euro. Stessa cifra che avrebbe dovuto incassare da Canzolino e Forcina l’altra parte civile, l’impresa Volturnia Industria Costruzioni di Maddaloni, in provincia di Caserta, vittima di due incendi dolosi nell’ambito della strategia di minacce e tensioni messa in atto dal Clan Antinozzi.
Già in primo grado, cadde, però, il capo d’imputazione dell’associazione per delinquere con l’aggravante mafiosa, nonostante fosse rimasta in piedi, anche nel secondo grado di giudizio, l’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga e alle estorsioni. Associazione che, invece, è caduta in Cassazione.
Gli arresti scattarono a gennaio 2021 e ad essere coinvolti gli appartenenti ai due nuclei, o clan, Antinozzi e Mendico, un tempo sodalizio affiatato tra Santi Cosma e Damiano e Castelforte, in parte anche a Minturno, successivamente scisso e con affari ben distinti tra loro. Sebbene permanga un tacito rispetto. Traffico di droga, estorsioni, minacce a ditte locali, rapina, danneggiamento, incendio, armi illegali: queste le principali accuse rivolte ai due sodalizi per ipotesi di reato aggravati anche dal metodo mafioso (sebbene sia caduto nel corso dei processi).
L’operazione Anni 2000 ripercorreva, come da tragitto investigativo e giudiziario, quella denominata “Anni 90” che dieci anni anni fa disarcionò il gruppo di Santi Cosma e Damiano e Castelforte, retto dall’imputato odierno Ettore Mendico e Orlandino Riccardi e legato ai Casalesi di Michele “Capastorta” Zagaria e Alberto Beneduce. In seguito, i militari dell’Arma e la DDA, con l’operazione “Anni 2000”, hanno scoperto che il gruppo si era scisso, pur conservando una sorta di mutuo rispetto per gli affari comunque distinti: oltreché al gruppo di Mendico, secondo la DDA, vi è quello di Antinozzi, un tempo compreso nel primo sodalizio.
Il processo, a Cassino, ha visto durante il dibattimento anche una intimidazione ai danni dell’imprenditore di Castelforte, vittima di attentati incendiari, Enrico Giuliano, il quale, dopo la sua deposizione in Aula, che aveva che vedere con il condannato odierno Antonio Reale , sarebbe stato offeso da un uomo di nome Giuseppe Veglia, estraneo all’inchiesta “Anni 2000”. L’autorità giudiziaria ha comunque aperto un fascicolo per minacce riguardo a questo episodio, in seguito minimizzato da Veglia stesso che sostiene di essere amico dell’imprenditore.