Stamani, nell’ormai usuale Tribunale di Latina desertico, è ripreso il processo per associazione mafiosa a carico della famiglia di Armando “Lallà” Di Silvio
Presenti nell’Aula della Corte d’Assise del Tribunale solo le parti con gli avvocati che difendono gli imputati – Angelo e Oreste Palmieri, Emanuele Farelli e Luca Giudetti – e i legali di parte civile: Francesco Cavalcanti per il Comune di Latina e Carlo D’Amata per la Regione Lazio.
Un processo, va da sé, così importante – probabilmente il più importante per Latina città dopo il processo Caronte di circa 8 anni fa – che non ha potuto consentire a nessuno, eccettuate le parti, di poter assistere. Non che ci fosse la folla alle udienze che si sono fin qui svolte davanti al collegio presieduto da Gian Luca Soana, ma sicuramente una diminutio della democrazia. Responsabili? Sicuramente il Coronavirus, ma basterebbe una diretta streaming – lo scordiamo tutti ma un processo è fatto nel nome del Popolo italiano – che si realizza a costo zero, in modo da rendere pubblici dibattimenti così dirimenti per comprendere cosa è Latina, letta con la sintassi e la grammatica della mala e dei suoi intrecci col mondo dei professionisti e della politica.
Ad ogni modo, sul banco degli imputati, tutti coloro che non hanno scelto il rito abbreviato (l’altro troncone di Alba Pontina si celebra e si trova già in Corte di Appello dopo le condanne emesse a carico dei figli di Lallà e altri): il boss Armando Lallà Di Silvio, la moglie Sabina De Rosa, le figlie Angela detta “Stella”, Sara Genoveffa e Giulia Di Silvio, Francesca De Rosa, Tiziano Cesari, Federico Arcieri (marito di Sara Genoveffa) e Daniele Coppi. I reati contestati, come noto, sono il traffico di droga, le estorsioni, l’intestazione fittizia dei beni ecc. finalizzati all’associazione mafiosa.
Nell’udienza odierna, durata tutta la mattina fino, all’incirca, alle 13, a parlare c’era ancora il pentito, ex affiliato al Clan Di Silvio, e prima ancora alla gang guidata dai Travali, Agostino Riccardo collegato in videoconferenza.
Riccardo, ascoltato per l’ultima volta il 7 gennaio, avrebbe dovuto proseguire il 24 marzo ma l’udienza è stata rinviata per motivi noti a tutti.
Oggi non si sono fatti nomi altisonanti come a gennaio, quando uscirono fuori, citati dal pentito, politici tuttora in carica come Armando Cusani, Fabio Rampelli e Nicola Calandrini (per dirne solo tre). Il collaboratore di giustizia ha ripercorso le vicende inerenti alle estorsioni ai danni di professionisti e commercianti, spiegando ciò che ormai è stato cristallizzato da tempo. Rivista ancora la mappa di parte dello spaccio pontino quando a comandare, almeno per alcune zone della città (vedi Nicolosi e Campo Boario), c’erano i Di Silvio capeggiati da Lallà.
Non solo Riccardo, oggi sono stati ascoltati anche alcuni agenti di polizia che hanno avuto un ruolo nelle indagini: Monte, Marino, Malaspina, Giglioli e Simeone.
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Si riprenderà il prossimo 10 giugno quando Riccardo sarà sottoposto al contro-esame degli avvocati che difendono gli affiliati al clan di origine nomade. Un interrogatorio degli avvocati di parte che promette sicuramente nuove rivelazioni, così come fu per Renato Pugliese ascoltato in Aula, in due tornate, tra novembre e dicembre 2019.
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