ALBA PONTINA, L’APPELLO CHIEDE CONFERMA DELLE CONDANNE PER IL CLAN DI SILVIO

Armando Di Silvio, detto Lallà (foto d'archivio)
Armando Di Silvio, detto Lallà (foto d'archivio)

Alba Pontina: la Procura Generale della Corte d’Appello di Roma chiede la conferma delle condanne a carico del clan Di Silvio. La pena più pesante al boss Armando Di Silvio detto Lallà

Il Procuratore generale di Corte di Appello di Roma ha chiesto la conferma delle condanne per gli otto imputati, già condannati in primo grado con rito ordinario presso il Tribunale di Latina.

A luglio 2021, il collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, condannò tutti gli imputati. Armando Di Silvio, considerato a capo di un sodalizio mafioso di origine rom con base a Campo Boaruo, è stato condannato a 24 anni e 2 mesi, la moglie Sabina De Rosa a 15 anni e 3 mesi (per marito e moglie interdizione dai pubblici uffici perpetua), la figlia Sara Genoveffa a 5 anni e 4 mesi e al marito di lei, Federico Arcieri, 4 anni.

Inoltre, 6 anni e 4 mesi ad Angela Di Silvio, 3 anni e tre mesi a Francesca De Rosa, 2 anni e 7 mesi a Giulia Di Silvio. Infine per Tiziano Cesari 3 anni e 7 mesi.

Fu stabilito anche il danno economico alle parti civili: alla Regione Lazio i Di Silvio dovranno corrispondere 30mila euro; 40mila euro al Comune di Latina; 10mila all’Associazione Antonino Caponnetto.

Oggi, a distanza di due anni, al termine della requisitoria, il Procuratore Generale di Corte d’Appello ha chiesto di confermare tutte le condanne. Richiesta a cui si sono associate le parti civili: Comune di Latina, Associazione “Antonino Caponnetto” e Regione Lazio. Dopodiché è stata la volta delle arringhe del collegio difensivo composto dagli avvocati Angelo e Oreste Palmieri, Emanuele Farelli e Luca Giudetti.

Il prossimo 15 maggio, quando saranno finite le arringhe degli avvocati difensori, il collegio della Corte d’Appello di Roma si ritirerà in camera di consiglio per emettere la sentenza di seconda grado.

Da ricordare che per gli altri membri del clan capeggiato dal capo famiglia Armando Di Silvio detto “Lallà”, le condanne sono passate in giudicato con sentenza irrevocabile. A ottobre 2021, infatti, la Cassazione confermò le condanne per associazione mafiosa per coloro che avevano optato per il rito abbreviato celebratosi a Roma: tra di loro i tre figli di Lallà, di cui uno, Samuele, è deceduto successivamente in carcere.

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