L’ex Assessore nella Giunta Gasbarrone al Comune di Sonnino, Luciano Iannotta, è sicuramente un personaggio poliedrico: dalla holding a Londra agli schiaffoni e agli spari rivolti a coloro che pensava avessero truffato una somma di 600mila euro
L’imprenditore di Sonnino con processi e inchieste nel suo passato e nel suo presente (due bancarotte, una fraudolenta a Latina e l’altra patrimoniale a Roma) ha costruito, secondo il quadro delineato dalla Squadra Mobile di Latina, un sistema di società dove lui, a parte un’eccezione, risulta formalmente escluso. La più importante società del gruppo Iannotta è la Akros Investment Ltd con sede a Londra che controlla AKROS HOLDING srl, che a sua volta partecipa le società ITALY GLASS SpA (derivante dalla Pagliaroli Vetri), la Italy Transport (già Pagliaroli Italia Trasporti srl), la Cemenfer3DCompany srl e Infrastrutture Italiane.
La AKROS HOLDING srl è una società, a responsabilità limitata, con oggetto sociale l’elaborazione di dati contabili come attività prevalente. Il capitale sociale è pari a 1.500.000,00 euro ed è suddiviso tra Luigi De Gregoris che riveste anche la carica di amministratore unico e la AKROS INVESTMENT LTD londinese.
Un sistema complesso di scatole che potrebbe cozzare a prima vista con un uomo che è descritto come aver picchiato un estortore incallito come Agostino Riccardo e che ha rapporti con tutte le criminalità possibili: dalla mafia dei Ciarelli e dei Di Silvio (accettò anche di battezzare il figlio di Gianluca Di Silvio, anche se pare sia Testimone di Geova), a personaggi come Pasquale Pirolo legato ai pezzi da novanta della camorra casalese, o ai calabri Barbaro, e ancora fino a banchieri siciliani indagati in crac finanziari.
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Rapporti che però possono andare anche in terre sconosciute come quelle degli appartenenti alle Forze dell’Ordine o ad agenti non identificati dei Servizi segreti. Insomma, il viluppo è aggrovigliato, quasi pantagruelico, come se questo imprenditore che ha appalti al Comune di Cisterna o al Porto di Nettuno senza soluzione di continuità possa raggiungere tutto e tutti. Nessun limite.
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Almeno fino a quando nel febbraio 2018 – col suo braccio destro Natan Altomare, altro personaggio ricorrente negli ultimi anni di storia giudiziaria latinense che passa da Gianluca Tuma a Iannotta fino a Cha Cha Di Silvio per arrivare a uno dei prestanome dell’uomo vicino alla ndrangheta Sergio Gangemi, il giovane Simone Di Marcantonio, come fosse ubiquo nel suo eclettismo relazionale – l’imprenditore sonninese perde 600mila euro che, nelle intenzioni, sarebbero stati il primo obolo di una tangente ad un farlocco funzionario della Regione Lazio per un appalto da 20 milioni di euro in realtà mai esistito.
Fu un rappresentante di materiale per ufficio ed apparecchiature elettromedicali di Roma a proporre l’appalto per la realizzazione di cassonetti per la raccolta rifiuti ad un imprenditore di Frosinone legato a Natan Altomare. La proposta per ottenerlo? Un milione di euro tondi tondi di tangente.
L’imprenditore ciociaro rifiuta ma chiama l’amico Altomare che è alle dipendenze di Iannotta. Al che quest’ultimo, secondo gli investigatori, versa come acconto della tangente da 1 milione la cifra di 600mila euro che per gli investigatori sono del napoletano, introdotto a lui da Pasquale Pirolo, Antonio Festa. Soldi di cui Iannotta sarebbe stato consapevole essere derivanti da attività illecite. Il denaro sarebbe andato in visione per garantire la vittoria dell’appalto, in caso contrario sarebbe stato restituito da coloro che si spacciavano per un funzionario regionale e una sorta di mediatore.
Il problema è che Iannotta e Festa scoprirono che il denaro, una volta versato, non c’era più; o meglio c’era ma era fasullo. Svanito a tal punto che Iannotta dice ad Altomare: “C’hanno truffato chicco!” e lui: “Cioè?”. Iannotta: “Cioè quello ha ficcato dentro la busta un pacco e ne ha cacciato un altro che già era pronto. E mi ha rifilato seicentomila euro falsi. Ti ho mandato la foto!”.
Una truffa che Iannotta prende talmente male da mettersi a piangere nervosamente tra sbraiti e bestemmie: “Addio cxxo, sto andà a Napoli, mo… sto andà a Napoli”. E, infine, rivolto ad Altomore: “Ma dove cxxo li hai trovati questi?”.
L’obiettivo che si erano prefissi era quello di vincere la gara e dare i lavori in sub-appalto per la realizzazione dei cassonetti così da creare una sofferenza ad un’altra azienda, ottenendo però il primo SAL da 7/8 milioni.
Ma il punto è che non esisteva nessun appalto e che sia il funzionario della Regione Lazio che il padre di lui, assessore in Regione, erano morti da tempo. È così che lo Iannotta imprenditore e tessitore di scatole finanziarie viene soppiantato da quello che dà del tu a criminali da strada. Ecco allora che Iannotta sequestra, in un capannone della Akros, a Sonnino, la persona a contatto con Altomare e il funzionario della Corte dei Conti, quel Riccardo Zambelli anche lui coinvolto nell’indagine Dirty Glass.
Il 14 maggio 2018 Iannotta, Altomare, Pio Taiani e De Gregoris rinchiudono Zambelli e il rappresentante di materiale per ufficio ed apparecchiature elettromedicalil. Da lì comincia per loro un incubo tra rumori di schiaffi che si levano e colpiscono e persino un paio di colpi sparati da Iannotta uno dei quali non va troppo lontano dal volto di Zambelli. A un tratto Iannotta strilla: “Ammazza uno dei due” e l’altro lo implora: “No Luciano, no Luciano, aspetta”.
Liberati, i due si interrogano sul da farsi: denunciare o no? Decidono per non fare niente. E intanto il multiforme Iannotta si reca dalle Forze dell’Ordine a denunciare la truffa subita e chiedere informazioni sui truffatori.