Sono state chiuse dalla Procura di Latina le indagini derivanti dall’operazione Scudo che a dicembre vide coinvolti Antonio Di Silvio e Sabatino Morelli
In tutto sono 14 gli indagati a cui è rivolto l’avviso di conclusione indagini che è premessa per il rinvio a giudizio dopo che anche il Tribunale del Riesame aveva confermato le ipotesi di accusa che comprendono, a vario titolo, usura, estorsione, rapina, autoriciclaggio, violenza privata, fraudolento danneggiamento dei beni assicurati, esercizio abusivo di attività finanziaria, detenzioni di stupefacenti ai fini di spaccio e favoreggiamento della prostituzione. Ora gli indagati avranno la possibilità di presentare memorie o farsi interrogare in Procura, prima che quest’ultima decida per il rinvio a giudizio o meno.
Il 3 dicembre, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina diedero esecuzione a 8 ordinanze di misure cautelari personali. I provvedimenti restrittivi – uno in carcere (Antonio Di Silvio, un soggetto mai stato ai vertici della nota famiglia di Latina), sette ai domiciliari – furono emessi dal Gip del Tribunale di Latina, Dott. Mario La Rosa, su richiesta del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Latina, Dott. Claudio De Lazzaro.
A essere colpiti dai provvedimenti dei magistrati furono, oltreché a Di Silvio e Sabatino Morelli detto Manolo, Christian De Rosa (24 anni), fratello di Cesare protagonista recentemente del pugno sferrato in faccia a un poliziotto di Latina, Sabrina Narducci (48 anni), Costantino Annuziato (45), Daniele Di Marco (43) di Genzano, Giovanni De Falco (46 anni) di Ariccia e Lupan Vasile il rumeno accusato di sfruttamento della prostituzione.
Il reato contestato a Di Silvio, 39 anni, e Morelli (37 anni) è abusiva intermediazione finanziaria in quanto, tramite un loro personale broker, Costantino Annunziato detto “Tino”, a sua volta estorto da Di Silvio, sarebbero stati coinvolti in un episodio di soldi prestati a strozzo a un imprenditore di Campoverde (in seguito, minacciato e intimidito in più maniere dal sodalizio) con tassi di usura al 100% in un anno.
Annunziato trovava, come si dice in gergo, le “storie” – persone da estorcere o usurare con l’attività del recupero crediti – e le portava ai suoi due finanziatori: per l’appunto Antonio Di Silvio e Sabatino Morelli (definito dal collaboratore di giustizia, Agostino Riccardo, come uno dei più rilevanti usurai di Latina).
La storia portata da “Tino” risale al 2017, quando l’imprenditore di Aprilia aveva deciso di comprare un’auto usata a 4500 euro dallo stesso Costantino il quale, a sua volta, avrebbe acquistato, prima di lui, quella vettura per sole 200 euro. In seguito la vittima, non potendo pagare, chiese a Annunziato Costantino i soldi necessari, una sorta di finanziamento, in modo da chiudere l’acquisto. Per tale ragione, Annunziato gli garantì il prestito, concesso, però, con i soldi di Antonio di Silvio e il cugino, Sabatino Morelli (i cui capitali, come sostengono i Carabinieri, provengono dai soldi ottenuti con il controllo della piazza di spiaccio della zona Cimitero a Latina).
L’imprenditore-vittima, dopo aver iniziato a pagare e arrivato a coprire l’intera somma dell’auto, si ammalò. Una situazione che non impietosì i suoi aguzzini, tutt’altro: fu proprio dalla sua malattia, non potendo più soddisfare le pretese, che iniziò per lui una vera e propria odissea di minacce, persino nei confronti della moglie e dei figli.