PARCO DEI MONTI AURUNCI ALLO SBANDO: LUPI, RANDAGISMO, PASCOLO ABUSIVO

Cosa unisce queste parole all’apparenza così distanti? Lupi, randagismo e pascolo abusivo costituiscono tre macro argomenti collegati tra loro che attualmente non vengono gestiti perché dalle notizie di cronaca provenienti dai monti Aurunci emergono inefficienze che generano tensioni.

Gli attori sociali più prossimi alle aree confinanti con il Parco dei Monti Aurunci, infatti, sotto diversi punti di vista patiscono l’assenza di una gestione mirata. Probabilmente queste tematiche sono considerate non prioritarie, ma negli ultimi periodi si sono verificati problemi, singoli e nel loro complesso, proprio nelle “zone cuscinetto” che sorgono tra le aree antropizzate urbane e quelle più selvatiche del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Questa riflessione nasce a partire da una notizia di investimento di un lupo nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 2019 sull’Appia nella zona di Itri.

Un predatore il lupo che, a partire dalle campagne di protezione e ripopolamento degli anni 70 dello scorso secolo, ha pian piano riconquistato gli spazi montani di Alpi e Appennini da cui era stato eradicato. Ora che i lupi sono tornati a ripopolare anche gli Aurunci la convivenza con le aree antropizzate limitrofe non pare essere così bucolica, come potrebbe sembrare a chi osserva non essendo coinvolto.

Il lupo arriva ad attaccare il bestiame quando le aree che lo ospitano non offrono prede sufficienti a sfamare il branco

Se da una parte sui monti Aurunci si verificano casi di pascolo abusivo che devastano coltivazioni private, come lamenta da anni il Comitato 6 aprile, e dall’altra le incursioni del lupo che aggrediscono il bestiame delle aziende zootecniche al limite delle zone boschive aurunche, risulta lampante che a mancare sia un protocollo chiaro e approfondito delle Reti Ecologiche del territorio, espressioni naturali della vitalità degli ecosistemi locali che devono essere ottimizzate con la presenza di realtà agricole, zootecniche, urbanistiche e viarie.

Per comprendere meglio la complessità della situazione, è indispensabile andare con ordine ed elencare i singoli fenomeni.

IBRIDAZIONE LUPO E RANDAGISMO

In un’interessante intervista apparsa su Globalist.it, cheranno rla il Professor Paolo Ciucci del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza di Roma, il quale fa parte di un gruppo internazionale di oltre 40 scienziati che ha studiato il fenomeno della crescente ibridazione tra cane (Canis lupus familiaris) e lupo (Canis lupus). Pare che sul lungo periodo le popolazioni di lupi saranno composte da una importante percentuale di individui fertili di origine ibrida e ciò potrebbe portare all’estinzione genomica del lupo. Oltre a ciò, se, per rabbia o per bracconaggio, uno dei due lupi dominanti di branco venisse ucciso, questa circostanza potrebbe dissolvere ulteriormente la coesione del branco e i sopravvissuti, incluse le femmine in età riproduttiva che altrimenti non si sarebbero accoppiate (nel branco, solo il maschio e la femmina alfa si accoppiano e generano prole), si disperderanno individualmente e finirano con il riprodursi con i numerosi cani randagi, epifenomeno di una inesistente lotta al randagismo.

CORRIDOI ECOLOGICI

Sebbene ormai nella pianificazione del territorio, e in particolare dei paesaggi frammentati, si stiano sempre più affermando i principi della connectivity conservation, in base alla quale vengono realizzati dagli Enti territoriali i piani di rete ecologica, si evidenzia come un elemento di debolezza di questi piani sia rappresentato dalla mancanza sia di obiettivi specifici definiti a priori che di indicatori che possono essere monitorati nel tempo al fine di valutarne la reale efficacia nell’obiettivo di arrestare o diminuire sensibilmente il tasso di perdita di biodiversità (Battisti, 2003, 2008; Boitani et al., 2007)” è un passo della relazione della Provincia di Latina intitolata “La Rete Ecologica della provincia di Latina” – Programma Rete Ecologica Monti Aurunci, Rio Santa Croce, Promontorio di Gianola & Progetto pilota Rete Ecologica Parco Nazionale del Circeo, Monti Ausoni, Aurunci e Lepini, un documento teorico del 2009 al quale pare non sia seguito alcun aggiornamento di tipo pratico.

Struttura della Rete Ecologica Forestale della provincia di Latina [Fonte Provincia di Latina]

Oltre a questi fattori, va considerato che il lupo non è più un animale di nicchia perché la sempre più numerosa presenza, anche ibrida, è un fenomeno che va gestito secondo modelli di gestione precisi che tengano conto delle varie interrelazioni e della stratificazione della territorialità.

Un esempio di corridoio ecologico

Filippo Favilli (Institute for Regional Development and Location Management Italian Delegation to the Alpine Convention) in un editoriale della rivista Reticula, promossa dall’Ispra, scrive: “Troppo spesso si fanno progetti singoli che non sono supportati da un forte appoggio politico e che non sono inseriti in una strategia integrata inter-regionale e/o trans-nazionale. A questo riguardo viene da chiedersi come (e se) le reti ecologiche possano traslare il loro apporto dal piano fisico/ecologico a quello culturale, normativo ed economico. Perché non solo di spazio fisico c’è bisogno per la loro attuazione e per il contributo che possono dare alla salvaguardia della biodiversità, ma di spazio culturale, di conoscenza e accettazione da parte delle popolazioni rurali […] La realizzazione di infrastrutture verdi permetterebbe il ripristino e la gestione degli habitat seminaturali e il mantenimento dei servizi ecosistemici nonché l’identificazione di aree speciali per la connettività, volte a proteggere la naturale dispersione della fauna. La conservazione uscirebbe così dal suo isolamento integrandosi con i contesti produttivi del territorio, rendendo così le Aree Protette le aree maggiormente vocate alla risoluzione dei conflitti tra gli interessi e le necessità di più parti“.

corridoio ecologico

PASCOLO ABUSIVO

Un gruppo di cittadini e di agricoltori di Itri si è dato una struttura riunendosi formalmente nel Comitato “6 Aprile”, che nel sud pontino lancia da anni grida di allarme per un’altra situazione di tensione, ossia relativa al fenomeno del pascolo abusivo ed incontrollato in terreni privati ed anche nel territorio del parco regionale dei Monti Aurunci. Capi di bestiame di proprietà di allevatori di Itri, Campodimele, Esperia, ecc.. che, lasciati al pascolo brado irregolare, danneggiano poderi agricoli privati e aree di proprietà pubblica, invadendo strade, orti, uliveti, cortili di abitazioni, con notevoli rischi per le persone e danni per le coltivazioni.

SIEPI PER DELIMITARE APPEZZAMENTI PRIVATI

Importanza della biodiversità in agricoltura

Sembra una sciocchezza, ma il recupero di un’abitudine del genere, cioè di delimitare appezzamenti dedicati all’agricoltura o all’allevamento con siepi, oltre che ad essere un deterrente per le incursioni di animali lasciati pascolare abusivamente senza autorizzazioni in aree terze, è una metodologia riconosciuta dal Ministero dell’ambiente. Durante la scorsa estate, il Ministro Costa ha stanziato 85 milioni di euro da destinare ai Parchi Nazionali, e, tra gli interventi finanziabili di questo programma, nella Tipologia I – “Adattamento ai cambiamenti climatici” -, Categoria III (Ecosistemi), era prevista una casistica che contemplava proprio il ripristino delle siepi e fasce tampone “in aree agrosilvopastorali, finalizzati al recupero dei paesaggi agrosilvopastorali e dei loro elementi colturali e tecnici distintivi.

Inoltre, nei paesaggi maggiormente eterogenei, dove c’è alternanza di colture, siepi, alberi e prati, sia gli impollinatori selvatici sia gli insetti “buoni” sono più abbondanti e diversificati e la loro presenza implica anche quella di predatori sempre più in alto nella catena alimentare. Così, non solo l’impollinazione e il controllo biologico aumentano, ma anche la produzione finale, come anche la capacità di resilienza dello stesso ecosistema, che sia di tipo agricolo, boschivo o ospitante attività pastorali.

CONCLUDENDO

Il dibattito istituzionale su queste tematiche dovrebbe essere velocemente aperto perché è ormai indispensabile gestire tutte quelle aree nelle quali si accavallano una serie di problematiche che si ripercuotono sull’agricoltura e sull’allevamento, assi portanti dell’economia locale tradizionale. La gestione integrata di queste dinamiche tramite protocolli di gestione delle reti ecologiche, al contrario, può trasformare queste aree cuscinetto (buffer areas) in avamposto per la tutela ambientale di quegli stessi luoghi senza dover rinunciare a quelle economie, comunque legate all’armonia degli ecosistemi locali.

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