Operazione “Jars”, è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati il gruppo di Fondi accusato di spaccio ed estorsioni
È ripreso davanti al III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, il processo che vede alla sbarra gli imputati coinvolti nell’operazione di Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina denominata “Jars”. L’indagine, arrivata agli arresti nell’aprile 2024, aveva messo in luce un quadro a tinte fosche per la città di Fondi tra spaccio di droga, violenza per il controllo del territorio tra bande, estorsioni, armi e attentati incendiari.
Solo un antipasto a quella che è stata, a novembre 2024, l’altra imponente maxi operazione su Fondi che ha portato all’arresto del gruppo rivale e vincitore, ossia quello capeggiato da Massimiliano Del Vecchio e Johnny Lauretti, in seguito divenuto collaboratore di giustizia.
Dopo aver esaminato i collaboratori di giustizia Salvatore Iannicelli e Giacomo Sfragano, oggi, 21 novembre, è stata la volta di Alessandro Simonelli con l’esame del pubblico ministero Valerio De Luca e il contro-esame del collegio difensivo composto dagli avvocati De Federicis, Agresti, Cardillo Cupo, Porcelli, Vita, Signore, Tognozzi e Di Giuseppe. Sul banco degli imputati, per l’operazione Jars, ci sono i personaggi del cosiddetto gruppo Ferri-Pannone: Alessio Ferri (47 anni), Andrea Pannone (detto Tyson, 51 anni), Marco Tuccinardi (detto Talco, 39 anni), Armando Ciccone (detto Ceppo, 37 anni), Marco Simeone (41 anni), Rocco Coppolella (detto zio Rocco, 52 anni), Francesco Paolo Petrillo (detto Pallino, 41 anni), Guido Quadrino (41 anni) e Roberto Salera (detto II muratore, 48 anni). Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni.
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Simonelli, di professione barista, è stato interrogato dal pm Valerio De Luca e contro-esaminato dal collegio difensivo. L’uomo, che ha acquistato cocaina sia dal gruppo Ferri-Pannone che da quello capeggiato da Massimiliano Del Vecchio e Johnny Lauretti, ha spiegato che, fino al 2018, anno del suo ultimo arresto, ha consumato parecchia droga, acquistando fino a 50 grammi a settimana. Il collaboratore di giustizia ha detto di essere stato un cocainomane a tal punto di avere le narici.
“Per me il gruppo è una forma di clan: più persone unite che svolgono ognuno una mansione”, ha definito così i sodalizi presenti a Fondi. “Ogni macchina che esplodeva a Fondi era un punto dove si trovava uno spacciatore“. Il pentito ha detto che quando scoppiò la faida tra il gruppo Del Vecchio, quello più radicato, e il sodalizio di Alessio Ferri, “a Fondi non si poteva uscire, scoppiavano bombe ogni giorno”. A Fondi lo spaccio era h24: “Lo sapevano tutti, anche le forze dell’ordine. Io vendevo ai tossici”.
A parlare per primo di “sistema” a Fondi, è stato proprio il collaboratore di giustizia, Alessandro Simonelli (che ha avviato la collaborazione con lo Stato nell’autunno del 2021), il quale ha spiegato che “Del Vecchio è la mente e corrompe carabinieri, polizia e finanza, mentre Lauretti fa attentati a Fondi perché è scoppiata una guerra per il controllo dei traffici di stupefacenti tra gruppo avversi, è quindi la mano militare“. Un sistema minato dalla guerra in atto tra il gruppo Del Vecchio-Lauretti e il sodalizio Ferri Pannone: “In passato – ha spiegato il collaboratore di giustizia – tutti stavano sotto ai fratelli Zizzo e non vi erano conflitti. Quando i fratelli Zizzo sono stati eliminati vi sono gli scontri per il predominio delle piazze di spaccio. Tutte le esplosioni che ci sono state recentemente a Fondi sono da ricondursi alla guerra per il controllo del territorio in quanto sono state commissionate da Del Vecchio e Lauretti ai danni dei gruppi rivali facenti capo a Simeone e Ferri“.
Oggi, Simonelli ha spiegato che “seppero che avevo parlato con il dirigente di Polizia, Giuseppe Pontecorvo. E allora mi minacciarono dicendomi che ero un infame di merda e che sarei morto“.
Per quanto riguarda le bombe e gli incendi che terrorizzarono la cittadinanza a Fondi nella primavera del 2021, Simonelli ha spiegato: “La vicenda di bombe e macchine incendiate è nata da tre gruppi che spacciano a Fondi: il primo fa capo a Alessio Ferri, il secondo a Marco Simeone, il terzo a Johnny Lauretti insieme ai fratelli Del Vecchio. Tutto è nato da una sparatoria a San Magno (nda: quella dell’ottobre 2020)”. Una sorta di faida per cui Lauretti avrebbe pestato di botte, dopo averlo investito, un altro degli indagati, Rocco Coppolella. Tutti gli attentati che vanno da marzo a luglio 2021 sono indirizzati ad auto e abitazioni riconducibili ai gruppi Ferri-Pannone e, di meno, ai rivali Lauretti-Del Vecchio: in un caso ad andarci di mezzo è Nonno Jack, al secolo Tommaso Rotunno; e a seguire attentati diretti o indiretti a Guido Quadrino, Roberto Cellone alias “Cellone”, Francesco Paolo Petrillo, Armando Ciccone, Alberto Di Vito. “Le esplosioni – spiega Simonelli – sono avvenute sempre in luoghi dove c’era attività di spaccio per conto di Ferri e Simeone e quindi avevano un valore simbolico. So che vi sono state stati ulteriori attentati rispetto a quelli emersi e denunciati”.
E per di più il collaboratore di giustizia aggiunge un altro particolare: “So anche dell’esistenza di un quarto gruppo che non è stato mai toccato e che fa riferimento a una persona molto importante di Napoli è detto “il Barone” che ha due figli che spacciano con lui h24 e controlli di polizia e carabinieri non vengono fatti. So che “il Barone” è un pentito insediato a Fondi e ha cominciato un’alleanza con Massimiliano Del Vecchio e poi si è distaccato. Il “Barone” e i suoi figli si sono fatti largo a Fondi, picchiando e minacciando quelli che spacciavano”.
La difesa ha voluto puntualizzare su un passaggio della dichiarazione scritta intitolata “Sistema Fondi” e vergata da Simonelli. Il collaboratore aveva posto a capo di un gruppo anche Simeone, in realtà inserito nel gruppo Ferri: “Mi sono sbagliato”, ha detto. Il processo è stato rinviato al prossimo 19 dicembre.
