Violenze sessuali aggravate e pedopornografia. Eseguite dalla Polizia di Stato tre ordinanze di custodia cautelare in carcere
Sono stati interrogati dal giudice per le indagini preliminari la caposala del Goretti di Latina e la coppia di Velletri, in carcere dal giugno scorso e destinatari della nuova ordinanza di custodia cautelare eseguita lo scorso 7 ottobre dalla Polizia di Stato. Stavolta, la caposala ha risposto alle domande del giudice nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, spiegando di aver vissuto nel periodo oggetto di indagine (la scorsa primavera) un periodo buio, così come rilevato dai colleghi d’ospedale che l’aveva vista sempre più spenta.
Le ulteriori ordinanze cautelari in carcere aggravano la posizione dei tre indagati, in quanto la Procura di Roma, competente per materia (in quanto la vittima è un minorenne di 14 anni), contesta loro pedopornografia e violenza sessuale aggravata dalla minore età della vittima.
La nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Simona Calegari. I tre accusati sono stati già destinatari, a giugno scorso, di analoghe misure cautelari disposte dal giudice per le indagini preliminari di Latina, Laura Morselli, su richiesta del Procuratore Capo di Latina, Luigia Spinelli, e del sostituto procuratore Marina Marra.
Si tratta, come noto, di un uomo di 36 anni di Velletri, di sua moglie – una trentenne anche lei di Velletri –, difesi dall’avvocato Alessandro Aielli, nonché di una donna di 43 anni di Latina, caposala sospesa all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, difesa dall’avvocato Renato Archidiacono. Tutti e tre sono incensurati.
Le attività investigative espletate successivamente agli arresti, comprensive dell’analisi del contenuto dei telefoni sequestrati, hanno fatto emergere ulteriori elementi a carico dei tre indagati, sia in relazione ad un ulteriore episodio di violenza sessuale aggravata in danno del minore, commesso nel mese di marzo scorso e sino a quel momento non emerso dalle pregresse indagini, sia la realizzazione, da parte dei predetti, di materiale pedopornografico utilizzando il minore stesso.
Le ordinanze cautelari sono state notificate dai poliziotti della Squadra Mobile di Latina, guidata dal dirigente Giuseppe Lodeserto, negli istituti penitenziari dove gli indagati erano già ristretti in virtù dei provvedimenti adottati nel mese di giugno scorso dall’Autorità Giudiziaria di Latina. Le due donne si trovano a Rebibbia, mentre l’uomo è ristretto nel carcere di Velletri.
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Le indagini pontine, avviate nel mese di marzo scorso, si fondano sulla scorta degli espliciti elementi di prova rilevati nei device degli indagati. La storia sarebbe iniziata come una vicenda di maltrattamenti subiti dall’infermiera che avrebbe riportato anche in una occasione alcune lesioni e lividi. L’indagine, una volta avviata, avrebbe portato alla luce la detenzione di materiale pedopornografico da parte della infermiera e del compagno-amante, anche lui impiegato nell’ospedale nel settore delle pulizie. Ad essere coinvolta, in un secondo momento, anche la moglie dell’impiegato, indagata e arrestata anche lei per reati afferenti alla pedopornografia. Il materiale pedopornografico sarebbe stato trovato sui dispositivi cellulari e computer dei tre arrestati.
Una vicenda orribile tanto che la caposala, stimata da tutti nel reparto, sarebbe cambiata nell’ultimo periodo: non più lucida, tanto che sarebbe stato l’ospedale a segnalare la vicenda all’autorità inquirente, ma solo per un caso di maltrattamenti. Negli ambienti dell’ospedale la vicenda ha destato un vero e proprio choc. La donna coinvolta, nell’ultimo periodo, aveva cambiato atteggiamento e condotte sul lavoro: dimenticanze, cambi d’umore, assenza, dimagrimento e soprattutto segni di sofferenza sul viso. Tutti elementi che hanno fatto capire a chi la circondava che qualcosa di grave nella sua vita fosse accaduto.
Il materiale pedopornografico (foto e video), peraltro, o almeno parte di esso, sarebbe stato autoprodotto dagli indagati, tutti incensurati e insospettabili. È questa l’ipotesi agghiacciante degli investigatori che hanno perquisito anche l’armadietto e l’ufficio della caposala la quale, una volta separatasi dal marito, aveva iniziato a frequentare il compagno amante, geometra dipendente di una ditta esterna che si occupa di pulizie e manutenzione presso l’ospedale civile.
Dopo il primo arresto, tutti e tre gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. A differenza della caposala, i due coniugi hanno avanzato ricorso al Riesame che ha confermato le misure cautelari. Le motivazioni alla base della decisione del Riesame che aveva respinto i ricorsi dei due coniugi sono afferenti al pericolo di reiterazione del reato da parte del 36enne in quanto le condotte contestate sarebbe state continuate. Una decisione che ha fatto sì che fosse respinta la richiesta di sostituzione di misura cautelare in carcere con quella meno afflittiva dei domiciliari. La coppia ha fatto ricorso in Cassazione in merito al primo arresto e verrà discusso il prossimo 21 ottobre.